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22:09 mercoledì 10 dicembre 2025
Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
È morta Sophie Kinsella, l’autrice di I Love Shopping Aveva 55 anni e il suo ultimo libro, What Does It Feel Like?, era un romanzo semiautobiografico su una scrittrice che scopre di avere il cancro.
La Casa Bianca non userà più il font Calibri nei suoi documenti ufficiali perché è troppo woke E tornerà al caro, vecchio Times New Roman, identificato come il font della tradizione e dell'autorevolezza.
La magistratura americana ha pubblicato il video in cui si vede Luigi Mangione che viene arrestato al McDonald’s Il video è stato registrate dalle bodycam degli agenti ed è una delle prove più importanti nel processo a Mangione, sia per la difesa che per l'accusa.
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.
Per impedire a Netflix di acquisire Warner Bros., Paramount ha chiesto aiuto ad Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi e pure al genero di Trump Lo studio avrebbe chiesto aiuto a tutti, dal governo USA ai Paesi del Golfo, per lanciare la sua controfferta da 108 miliardi di dollari.
Sempre più persone si uniscono agli scream club, cioè dei gruppi in cui per gestire lo stress invece di andare dallo psicologo ci si mette a urlare in pubblico Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.

L’estate è la tomba del cinema

Cinema chiusi e distributori che non vogliono rischiare l’effetto gita al mare: trovare un film decente in questi mesi è un’impresa. Andrebbe ripensato di sana pianta tutto quello che finora sapevamo sulla distribuzione dei film. E non solo in estate.

16 Luglio 2014

L’esperienza insegna a riconoscere i segnali. Un film è una bufala – potete contarci, le eccezioni sono rare – se non viene organizzata una proiezione per i critici (era la politica adottata da Aurelio De Laurentiis per i cinepanettoni Natale a… diretti da Neri Parenti, con la crisi degli incassi sono arrivate anche le anteprime). È una bufala se la data d’uscita viene rimandata di continuo. Un esempio recente è Grace di Monaco di Olivier Dahan: ha aperto il Festival di Cannes 2014, già nel 2013 i Grimaldi avevano preso le distanze. È una bufala – diciamo noi, gli americani dicono “turkey” e i francesi dicono “navet” come rapa – se negli Usa esce a gennaio: cast e regista di richiamo fanno in questo caso da aggravante. Basta ricordare Labor Day di Jason Reitman, con Josh Brolin e Kate Winslet. Sulla carta sembrava un bel trio. La melensaggine della vicenda – vedova con figlio ostaggi di un evaso, prima brusco e poi quasi amoroso – ha tenuto lontani gli spettatori che avevano amato Juno e Tra le nuvole. La maledizione deriva dal fatto che dicembre negli Usa è il mese dei blockbuster, dei film per famiglie, dei titoli in corsa per l’Oscar. Gennaio serve per far posto nei magazzini, in attesa di Cannes e della stagione più ricca, che in quel paese fortunato coincide con l’estate.

Quando da noi i cinema sono desolatamente chiusi – provate a contare i “riposo” nella pagina agostana dei cinema di Milano, c’è da disperarsi e da accendere un cero ai multisala. Gli americani godono di Jupiter Ascending di Andy e Lana Wachowski (gli stessi di Matrix, solo che allora Lana si chiamava Larry) oppure di Jersey Boys, primo film musicale di Clint Eastwood. Noi a stecchetto, mentre i cinema francesi e gli spagnoli, parlando d’Europa, non chiudono per ferie. In Italia li vedremo in periodi più propizi del nostro calendario stagionale, peraltro ormai ridotti al lumicino. In principio era un cinepanettone soltanto, con la coppia Boldi-De Sica, a occupare militarmente le sale a dicembre. Dopo la separazione, i film natalizi son diventati due. A crescere: Fabio De Luigi e Claudio Bisio si ficcano nel piatto ricco. Si inventano altre cine-ricorrenze: i cine-sanvalentino, le cine-colombe, i cinecocomeri con una sovrapproduzione degna di tempi migliori, quando al cinema si andava – se non tutti i pomeriggi come Italo Calvino: «Ci sono stati anni in cui il cinema era per me il mondo» – più volte a settimana. Molti i tentativi per invertire la tendenza. Con scarsi risultati e un rimpallo di responsabilità. La gente quando fa caldo preferisce andare al mare, sostengono i distributori, che quindi sono restii a investire su titoli estivi capaci di richiamare gli spettatori.

Risultato: un circolo vizioso che danneggia tutti. Se i film interessanti non escono, gli spettatori mai cambieranno abitudini (in Italia basta un fine settimana di sole o di pioggia per influenzare gli incassi di un film). Capita così che i titoli di Cannes arrivino in sala quando un altro festival di Cannes è alle porte. Ultimo caso, il bellissimo film di Jim Jarmusch con la vampira Tilda Swinton, Solo gli amanti sopravvivono (possibile che dopo l’orgia di Twilight i succhiasangue non li voglia più nessuno?).

Tutto quel che finora sapevamo sulla distribuzione dei film va ripensato di sana pianta.

In coincidenza con le prime scampagnate, dall’8 al 15 maggio c’è stata la Festa del Cinema con il biglietto a tre euro. Tutti sappiamo che gli sconti si fanno in bassa stagione. E sappiamo benissimo che gli sconti attirano quando sono veri. Non quando escono in sala pellicole di poca attrattiva, senza pubblicità, utili per liberare i magazzini e per le “uscite tecniche”: il giretto in sala fatto non per incassare ma per vendere meglio il film alle Tv. Tutto quel che finora sapevamo sulla distribuzione dei film va ripensato di sana pianta. Gli americani lo riconoscono, gli europei e gli italiani ancora no. Il film semiporno di Abel Ferrara su Dsk, Welcome to New York, per volontà del produttore Vincent Maraval di Wild Bunch era scaricabile a pagamento da iTunes e altre piattaforme. Avrebbe raccattato spettatori anche in sala, visto il battage. Sta di fatto che l’uscita contemporanea nelle sale e in Vod (sta per Video On Demand) è vietata dalla legge francese. In Italia esistono le cosiddette “finestre”, i mesi che devono passare tra l’uscita in sala, l’uscita in Dvd, l’uscita sulle Tv a pagamento, l’uscita sulla Tv in chiaro.

Da qui il paradosso: l’incontro tra certi titoli e gli spettatori interessati viene ostacolato, mentre la crisi suggerirebbe di facilitarlo. Queste sono le vere strettoie distributive, e ne sono vittime soprattutto i film che hanno bisogno del passaparola o del tweet. Se uno spettatore vuol vedere Locke di Steven Knight, e sciaguratamente per lui abita in un paese monocinema o monosala che non lo proietterà mai, perché non dargli la possibilità di scaricare il film a pagamento? Subito, però: quando i milanesi e i romani lo vedono al cinema, quando se ne parla, quando va in onda la pubblicità, quando i social ne chiacchierano. Siamo sicuri che nessuno ne uscirebbe danneggiato, e calerebbe anche la pirateria.

Dal numero 20 di Studio

Nell’immagine, un fotogramma da Caro Diario di Nanni Moretti

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