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Katespiracy: come il gossip si è trasformato in complottismo

La storia della principessa, dalla presunta scomparsa alla foto ritoccata, ci lascia solo una certezza: internet ha rubato il lavoro anche ai professionisti del pettegolezzo.

di Laura Fontana

C’era una volta Kate, Sua Altezza Reale generatrice di Viral Tornado Drama, cioè un evento virale e inaspettato che investe per giorni qualsiasi piattaforma, che causa ondate emotive e reazioni scomposte e a cui nessuno può sfuggire. I Viral Tornado Drama, come gli uragani nel mondo reale, iniziano come normali perturbazioni, vento forte e temporali, e poi acquistano forza e intensità se trovano le condizioni giuste. La prima pioggia forte, in questo caso, risale al 28 dicembre quando qualcuno aveva notato e fotografato un convoglio reale diretto al King Edward VII’s Hospital, ma nessuno ci aveva dato peso. D’altronde, la vita nella corte inglese dopo l’incoronazione di Carlo sembrava essere tornata ad uno stato di quiete pre-Megxit, con Harry e Meghan ormai fuorigioco, de-finanziati da Spotify e Netflix, retrocessi a presenziare piccoli eventi in Paesi non ostili, con lei sempre vestita come un’attrice candidata agli Oscar, stringendo mani a gente della Pro loco in calzoncini e maglietta.

Dopodiché, il 17 gennaio la grandinata: il Palazzo rilascia due comunicati stampa lo stesso giorno; in uno si comunica che Carlo III si dovrà operare alla prostata, mentre Catherine si è già sottoposta “con successo” ad un’operazione all’addome. No, non si è operata per un tumore, precisavano fonti interne. Poi, il 29 gennaio, le dimissioni della Principessa. Il 5 febbraio, l’annuncio del tumore di Carlo III. L’ufficio stampa di Buckingham Palace stava camminando con tutta evidenza su un crinale più pericoloso delle bianche scogliere di Dover. Ma i media ufficiali si limitavano a riportare le poche informazioni, più dettagliate quelle sul Re che quelle sulla Principessa, mantenendo un rispettoso silenzio e garantendo discrezione, non rompendo il patto col Principe William. Invece online, i detective di Reddit e le indagatrici di Instagram iniziavano a organizzare la conspiracy board: univano puntini, scandagliavano blind item, leggevano tra le righe. Qualcosa non andava e a quel punto la cospirazione aveva anche un hashtag: #whereiskate?

Prima di inoltrarci nella tana del Bianconiglio delle Katespiracies bisogna fare una precisazione: Kate Middleton non andrebbe chiamata “Kate Middleton”, come tra l’altro ha fatto un quotidiano italiano online noto per una certa puntigliosità sull’uso del linguaggio “corretto”, (fingo di stupirmene anche se poi so perfettamente che quel tipo di linguaggio è usato per riconoscersi tra persone della stessa congrega). Kate Middleton andrebbe rispettosamente chiamata Catherine, Principessa del Galles, cosa che fanno perlopiù i giornali inglesi più istituzionali e i royal watcher più fedeli. La principessa stessa preferisce essere chiamata Catherine, e infatti è con la C. che firma i tweet dall’account di coppia “The Prince and Princess of Wales”, anche quello in cui si è scusata di aver “fatto esperimenti con l’editing” su una foto di famiglia, scattata da William, che ha “creato confusione”. Il resto del mondo, i giornali scandalistici, la gente su Internet e i royal watcher amatoriali (come me) la chiamano semplicemente Kate, il simulacro su cui abbiamo costruito le nostre fantasie personali e collettive. Kate ha ereditato dalla sua defunta suocera non solo i gioielli ma un anatema: avrai il potere di ossessionare i media, riceverai attenzioni costanti fino all’idolatria, ma sarai sempre sul punto di perdere il controllo della storia della tua vita. Catherine invece, con tutta evidenza, vive pacificamente la sua vita da principessa, tra i giardini di Windsor e e Kensington Palace, accompagnando i figli a scuola, suonando il pianoforte, e con l’hobby per la fotografia. Negli eventi ufficiali si presenta sempre impeccabile: noi vediamo Kate, lei in realtà ci sta concedendo solo la C. del suo nome.

In questa frattura, tra il messaggio lanciato dal mittente e quello che arriva al ricevente, si inserisce quello che prima si chiamava gossip e che oggi, invece, si chiamano teorie della cospirazione. Non godono generalmente di buona fama, così come non l’ha mai goduta il gossip, eppure non è né chiacchiericcio né disinformazione; è più la perdita di controllo sullo storytelling ufficiale, con la conseguente nascita di altri storytelling, spontanei e indipendenti, che tentano di sostituirsi a quello ufficiale. La pratica amatoriale di costruzione di nuovi storytelling tra l’altro, prima affidata ai professionisti del settore, può essere anche molto divertente: le conspiracy board si riempiono di foto sgranate da controllare con Google Images, soffiate anonime da decifrare, video di debunking su TikTok che indugiano su certi fermoimmagine sospetti, tweet-pizzini e screenshot che costituiscono prove di reato o d’innocenza.

Un minuto dopo che era stata rilasciata la prima foto pubblica di Kate, online si scandagliava ogni suo millimetro. Due minuti dopo la foto veniva dichiarata pesantemente ritoccata, se non proprio falsa. A quel punto, anche i professionisti del settore, a digiuno da mesi di notizie ufficiali su Kate, nettamente prevaricati dai professionisti della cospirazione, si sono rivoltati contro l’istituzione, usando l’arma del “kill notice”, dichiarando cioè la foto “non conforme” agli standard di veridicità richiesti dalle agenzie di stampa. Infine, anche la stampa inglese ha rotto il patto con William, quello sancito dopo la morte di Diana: la foto ritoccata male è stata considerata stavolta sgarbo inaccettabile, da punire ripubblicando lo stesso giorno tra l’altro articoli sulla Marchesa presunta amante di William.

D’altronde i reali inglesi non sono influencer qualunque che si auto-dichiarano royal: sono figure istituzionali, simbolo della loro nazione e cerimonieri dell’unità del popolo: la loro debolezza diventa di riflesso l’indebolimento dell’identità collettiva britannica (non a caso la foto paparazzata di Kate in macchina è stata pubblicata da TMZ, un media americano). Dunque: dov’è Kate? Probabilmente Catherine è effettivamente a casa sua, convalescente. Kate, invece, è ostaggio delle nostre fantasie che oggi abbiamo il potere di vedere realizzate grazie alla tecnologia, a un accesso a Internet e all’arcaico bisogno di salvare la principessa.