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06:45 giovedì 11 dicembre 2025
Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
È morta Sophie Kinsella, l’autrice di I Love Shopping Aveva 55 anni e il suo ultimo libro, What Does It Feel Like?, era un romanzo semiautobiografico su una scrittrice che scopre di avere il cancro.
La Casa Bianca non userà più il font Calibri nei suoi documenti ufficiali perché è troppo woke E tornerà al caro, vecchio Times New Roman, identificato come il font della tradizione e dell'autorevolezza.
La magistratura americana ha pubblicato il video in cui si vede Luigi Mangione che viene arrestato al McDonald’s Il video è stato registrate dalle bodycam degli agenti ed è una delle prove più importanti nel processo a Mangione, sia per la difesa che per l'accusa.
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.
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Sempre più persone si uniscono agli scream club, cioè dei gruppi in cui per gestire lo stress invece di andare dallo psicologo ci si mette a urlare in pubblico Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.

Perché nonostante tutto ci interessa l’incoronazione di Carlo

Un evento sicuramente bizzarro, ma ai britannici queste cose riescono bene: è il motivo per cui ancora oggi gran parte del mondo prova un inspiegabile attaccamento emotivo alla Famiglia Reale.

05 Maggio 2023

Ho già spiegato ai miei figli che sabato mattina, se avranno bisogno di qualcosa, dovranno rivolgersi al padre, alla nonna, a chiunque ma non a me, perché tutta la mia attenzione sarà rivolta al Grande Evento di quest’anno. Ma Sanremo di nuovo? Ha chiesto il figlio più grande, e no – ho risposto – non Sanremo. Incoronano il nuovo re, Carlo III. Ha annuito rassegnato, avendo ormai capito che in occasione di kermesse musicali nazionali ed europee, funerali e matrimoni di Stato, aperture e chiusure di Olimpiadi, in questa casa non si potranno guardare né i Paw Patrol, né gli youtuber che giocano a Minecraft. Magari crescerà col senso del Grande Evento, cosa che non ha avuto la mia generazione da sempre troppo impegnata a dissociarsi ironicamente, salvo poi rimanere sveglia la notte a guardare il Super Bowl. Certo, non parlo di tutta la mia generazione, ma solo di certi esemplari specifici che nei loro venti si vestivano da hipster e ascoltavano musica indie, sforzandosi di consumare cultura secondo loro più raffinata e meno di provincia. Hanno scoperto tardivamente il senso di Sanremo (o forse non l’hanno ancora capito ma hanno dovuto comunque capitolare), e probabilmente hanno compreso l’importanza storica di un’incoronazione solo dopo aver visto The Crown su Netflix. Il problema dei millennial è che non riconoscono la realtà ma credono solo alla sua rappresentazione, possibilmente con dietro grandi budget e su piattaforme percepite alla moda. Quello che vorrei spiegare a mio figlio è, invece, che oltre la rappresentazione, tra l’altro assolutamente eccellente, c’è una forma di Stato che va avanti da molto tempo, un modo in cui la società si è organizzata e porta avanti i suoi valori: «e questo Paw Patrol non te lo insegna, caro mio, arrivaci prima che te lo debba spiegare Netflix».

L’editoriale migliore sull’incoronazione di Re Carlo III lo ha scritto Nick Cave, rispondendo alle rimostranze di alcuni suoi fan, turbati dall’aver lui accettato l’invito a presenziare a Westminster: «Non sono così straordinariamente privo di curiosità verso il mondo, o prigioniero di un’ideologia o di cattivo umore, al punto da rifiutare l’invito a quello che probabilmente sarà l’evento storico del Regno Unito di maggior importanza della nostra era», ha scritto nella sua newsletter (a cui mi sono immediatamente iscritta). Basta con questo atteggiamento da adolescenti in autogestione, sembra voler dire, aggiungendo anche un prezioso ricordo personale, di quando ha incontrato per la prima volta Elisabetta II: indossava un twin-set color salmone (le regine vere se ne sbattono dell’armocromia), e le è sembrata «un’extraterrestre, la donna più carismatica che abbia mai conosciuto». Si percepisce lo sforzo che ha dovuto fare quest’uomo per non dire ai suoi fan: guardate che non è una puntata speciale di The Crown, è un rituale collettivo dalla valenza storica.

L’incoronazione del re è un evento sicuramente bizzarro, perturbante e strampalato, ma ai britannici queste cose riescono particolarmente bene: è il motivo per cui ancora oggi gran parte del mondo prova un inesplicabile attaccamento emotivo alla Famiglia Reale, me e Nick Cave compresi. I rituali della monarchia britannica sono connessi con l’identità collettiva dell’Occidente, così come i festeggiamenti per lo scudetto del Napoli sono profondamente connessi con l’identità collettiva della città: entrambi continueranno ad esistere nell’immaginario della cultura di massa, anche se non sono ripresi da Paolo Sorrentino o scritti da Peter Morgan.

Data la necessaria base sociologica alla questione, noi fan della Royal Family possiamo concentrarci sulla cosa che più ci tiene sulle spine: le tiare. Ci saranno, non ci saranno, quale indosserà la Principessa del Galles: la solita Love Knot o magari una nuova, la Fringe della Regina Mary? A riprova dell’innamoramento collettivo ci sono i milioni di profili Instagram dedicati: questo è ottimo se volete imparare i nomi e le storie delle tiare, questo invece per apprezzare le regalie che saranno indossate durante il rito. In questi giorni, ogni simbolo reale che sarà usato nell’incoronazione ha avuto la sua cerimonia a cominciare dalla “Pietra del Destino”, trasportata dalla Scozia a Londra: un vero e proprio sasso su cui usavano incoronare i sovrani scozzesi e che verrà messo sotto la “Coronation Chair”. Poi vedremo lo “Spoon”, il cucchiaio dell’incoronazione, che viene usato per ungere il re con l’olio di Gerusalemme; la Supertunica (sì: la Supertunica); gli scettri (da cui l’autrice di Sailor Moon deve evidentemente aver preso ispirazione); le varie corone, tra cui quella di Sant’Edoardo che pesa due chili. Se voialtri non riuscite a capire, tornate a commentare ironicamente le foto del Met Gala o a dialogare con ChatGPT.

Fateci caso c’è una parte di discorso pubblico indefessamente impegnata a dire che la monarchia inglese è in crisi: il Tg1, ad esempio, fa il servizio almeno una volta a settimana (e va avanti così almeno da mille anni), tirando fuori “sondaggi inglesi” di cui non c’è traccia sui canali inglesi. Dall’altra parte, il RoyalCore è un trend in continua ascesa online, soprattutto dopo il dramma virale di Harry e Meghan. Anzi, si può dire che Harry e Meghan abbiamo cementato il rapporto tra fan online e sudditi veri con la Royal Family: non è difficile imbattersi in content creator residenti in Ohio che fingono accenti inglesi e ci sono fiumi di commenti entusiasti sull’incoronazione. La principessa Anna in un’intervista alla CBS ha detto «la monarchia fornisce stabilità a lungo termine, difficile da ottenere in altro modo»; la stabilità a cui si riferisce è probabilmente quella politica e di unità nazionale, punto di partenza di ogni società civile funzionante così come la intende Hobbes, ma bisognerebbe considerare, visti i tempi in cui viviamo, anche la stabilità che riescono a mantenere tenendosi in equilibrio tra la finzione e la realtà. Non sono forse la dimostrazione che, la saldezza a un punto d’appoggio reale vince su identità che vivono nel mondo rappresentato, e non ne è Re Carlo III la dimostrazione vivente?

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