Ne abbiamo parlato con Mattia Santarelli, fondatore del comitato "Ma quale casa", che sta raccogliendo le firme per una proposta di legge popolare per inserire il diritto alla casa in Costituzione.
Il senso di Kim Jong-un per la Silicon Valley

Del Supremo leader nordcoreano Kim Jong-un, trentatreenne a capo dell’unico Paese ancora di fatto isolato dal resto del mondo, si conosce una certa malcelata propensione per alcune cose americane: il basket, su tutte. Chi non ricorda i suoi recenti incontri al vertice con Dennis Rodman, improbabile inviato per migliorare le (assenti) relazioni diplomatiche tra Corea del nord e Stati Uniti?
C’è anche un marchio californiano che piace molto alla famiglia Kim: la mela di Apple. Kotaku lo afferma spiegando che la passione di Kim, documentata da alcune fotografie ufficiali (come questa twittata dal corrispondente di Reuters James Pearson), sarebbe stata mutuata dal padre Kim Jong-il, venerato fondatore dello Stato. Secondo la versione ufficiale, Kim Jong-il nel 2011 è morto nel suo ufficio mobile su un treno di sua esclusiva proprietà: in una foto del museo che espone la carrozza come luogo della storia nordcoreana si nota il Macbook Pro del leader.
Kim Jong Un and his MacBook Pro. pic.twitter.com/hy6r2Lklk8
— James Pearson (@pearswick) 11 Febbraio 2016
Un altro segnale in questo senso è rappresentato da un sistema operativo “screenshottato” dal docente universitario Will Scott durante un suo ciclo di lezioni all’università di Pyongyang: il design dell’OS è simile, per non dire identico, a quello in uso sui device Apple. E anche Google ha avuto contatti diretti con la Corea del Nord, stimolati dalle inconfessabili passioni del suo timoniere: nel 2014 Sophie Schmidt era arrivata nella capitale nordcoreana col padre, il presidente di Big G Eric, e aveva notato un particolare sorprendente: «Sono stata felice di apprendere che Kim Jong-il e io condividevamo il gusto per i portatili: i Macbook Pro da 15”».
Immagine in evidenza Ed Jones/Afp/Getty Images

«Davanti a uno Stato che sostiene un genocidio, cosa dovrebbero fare le persone per bene?», ha scritto sul Guardian, condannando la decisione del governo inglese.

Mentre gli Usa entrano in guerra e si parla di regime change, ci si dimentica che la decisione di abbattere il regime degli ayatollah spetta agli iraniani. Ne abbiamo parlato con Sahar Delijani, scrittrice, esule iraniana in Italia.