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08:48 domenica 26 ottobre 2025
Da quando è uscito “The Fate of Ophelia” di Taylor Swift sono aumentate moltissimo le visite al museo dove si trova il quadro che ha ispirato la canzone Si tratta del Museum Wiesbaden, si trova nell’omonima città tedesca ed è diventato meta di pellegrinaggio per la comunità swiftie.
Yorgos Lanthimos ha detto che dopo Bugonia si prenderà una lunga pausa perché ultimamente ha lavorato troppo ed è stanco Dopo tre film in tre anni ha capito che è il momento di riposare. Era già successo dopo La favorita, film a cui seguirono 5 anni di pausa.
Al caso del furto al Louvre adesso si è aggiunto uno stranissimo personaggio che forse è un detective, forse un passante, forse non esiste È stato fotografato davanti al museo dopo il colpo, vestito elegantissimamente, così tanto che molti pensano sia uno scherzo o un'immagine AI.
L’azienda che ha prodotto il montacarichi usato nel colpo al Louvre sta usando il furto per farsi pubblicità «È stata un'opportunità per noi di utilizzare il museo più famoso e più visitato al mondo per attirare un po' di attenzione sulla nostra azienda», ha detto l'amministratore delegato.
I dinosauri stavano benissimo fino all'arrivo dell'asteroide, dice uno studio Una formazione rocciosa in Nuovo Messico proverebbe che i dinosauri non erano già sulla via dell’estinzione come ipotizzato in precedenza.
Nelle recensioni di Pitchfork verrà aggiunto il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.
Trump ci tiene così tanto a costruire un’enorme sala da ballo alla Casa Bianca che per farlo ha abbattuto tutta l’ala est, speso 300 milioni e forse violato anche la legge Una sala da ballo che sarà grande 8.361 e, secondo Trump, assolverà a un funzione assolutamente essenziale per la Casa Bianca.
L’episodio di una serie con la più alta valutazione di sempre su Imdb non è più “Ozymandias” di Breaking Bad ma uno stream di Fortnite fatto da IShowSpeed Sulla piattaforma adesso ci sono solo due episodi da 10/10: "Ozymandias" e “Early Stream!”, che però è primo in classifica perché ha ricevuto più voti.

Il font che ha conquistato Internet

Impact, ideato nel 1965, è l'insieme di caratteri diventato uno standard comunicativo sul web dei meme (e un meta-meme a sua volta).

07 Settembre 2015

Una delle presenze fisse sulla Rete di questi anni sono quelle immaginette buffe, satiriche o in qualche modo peculiari corredate da una breve o brevissima didascalia di testo maiuscolo, ciò che chi ha meno di cinquant’anni potrebbe conoscere come “meme”. Un meme su Internet, ci racconta il sempre d’aiuto Urban dictionary, è «an internet information generator, especially of random or contentless information». Nella sua forma immagine+testo, il meme negli ultimi anni è diventato uno dei protagonisti della comunicazione online, portato a vette di ricercatezza stilistica su forum come Reddit e 4chan o svilito a corredo di frotte di commenti sgrammaticati su pagine Facebook di politici nostrani, e ha reso famosi personaggi che altrimenti con ogni probabilità non lo sarebbero mai diventati (Scumbag Steve, un meme raffigurante un giovane rapper contornato da testi ironicamente trasgressivi, ha ad esempio portato alla notorietà mondiale Blake Boston, leader di uno sconosciutissimo gruppo rap, grazie a una risibile foto in stile “gangsta” scattatagli dalla madre).

Nel 1965 il designer Geoffrey Lee brevettò un sistema di caratteri, disegnandone singolarmente le matrici in metallo

Tra le particolarità di un meme, così riconoscibili da essere entrate a far parte di un canone, c’è il font utilizzato per la sua composizione: che stiate osservando l’ennesima riproposizione di Ancient Aliens o una rielaborazione originale di [10] Guy, vi troverete di fronte alle stesse massicce lettere bianche bordate di nero. Il carattere tipografico in questione si chiama Impact, e la sua storia inizia molto prima di quella del web. Nel 1965 il designer inglese Geoffrey Lee brevettò un sistema di caratteri, disegnandone singolarmente le matrici in metallo, che incontrasse le esigenze di un settore pubblicitario in rapida ascesa con lettere grandi e ben leggibili. Due anni dopo, come Lee stesso – scomparso nel 2005 – testimoniava poco prima della sua morte sul forum specializzato Typophile, decise di vendere il font alla Stephenson Blake di Sheffield, un’importante e storica fonderia di caratteri che dagli anni Novanta ha spostato il suo core business nel campo dell’ingegneria specialistica.

La brochure originale di presentazione di Impact (1965).
La brochure originale di presentazione di Impact (1965).

Impact funzionava particolarmente bene se sovrapposto alle immagini, come sottolineato anche dalla brochure originale di Stephenson Blake, dove viene definito «quite different and so good». L’arma segreta dei pubblicitari, insomma, ma non certo abbastanza per costruirsi una fama così longeva e capace di una seconda giovinezza nell’era dei social network. La fortuna del font iniziò con una nuova serie di acquisizioni: la fine dell’epoca d’oro dei tipi di Stephenson Blake coincide col passaggio dei diritti a un ex concorrente, Monotype, che a sua volta lo cedette a Microsoft. Qui inizia di fatto la scalata di Impact, inserito dalla compagnia di Redmond nella lista dei «core fonts for the web», pubblicata nel 1996 come acerbo tentativo di generare un set standard di font gratuiti da usare per la scrittura su Internet.

Diffuso su centinaia di migliaia di macchine, Impact continuava a conservare e venire valutato per la sua caratteristica essenziale: la leggibilità dei suoi caratteri sopra le immagini. Come molto di ciò che riguarda gli albori del web, è difficile indicare con precisione i primi esempi di meme. Quel che è certo, però, è che sin dalla fine degli anni Novanta i primi pioneristici dispensatori di ironia in formato visuale costruivano le loro creazioni con Paint e altre rudimentali applicazioni capaci di generare immagini macro. Oggi, vent’anni dopo, siti ad hoc come memegenerator.net macinano un traffico da milioni di utenti mensili, tutti impegnati ad apporre testi in Impact su file immagine. Come spiega Vox, le stesse lettere protagoniste dei meme sono diventate un meme: «Ci aspettiamo che i meme abbiano un certo aspetto, e quell’aspetto include l’Impact».

cheezDovendo trovare due punti di svolta nel cammino trionfale di questo font, bisogna tornare agli inizi dei Duemila: il primo, raccontato da Richard Kyanka (fondatore del sito umoristico SomethingAwful.com) a Cnn, avvenne quando «qualcuno postò l’immagine di una donna nera obesa che indossava una tuta da supereroe in spandex, e il testo diceva solo “DAAAAAMN”. Da lì in poi, tutti passarono a usare Impact». Nel 2007, invece, allo sviluppatore di software Eric Nakagawa venne inviata la foto di un sorridente gatto protagonista di uno spot di cibo per animali in Russia. La caption «I can has cheezburger?» apposta da Nakagawa l’ha reso uno dei primi esempi di meme virale, da allora parte indelebile della storia di questo codice espressivo.

Ogni tanto sorgono tentativi di rimpiazzare l’ormai anziano Impact: app come Super inseriscono il testo in box che ne aumentano la leggibilità, e qualcuno utilizza font diversi. Scorrendo il proprio newsfeed di Facebook o usando la funzione di ricerca di Tumblr, tuttavia, viene da pensare che continueremo a vedere quelle lettere bianche ancora per un po’.

Nell’immagine in evidenza: la brochure di presentazione di Impact di Stephenson Blake.
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