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07:22 domenica 23 novembre 2025
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.
I farmaci dimagranti come l’Ozempic si starebbero dimostrando efficaci anche contro le dipendenze da alcol e droghe La ricerca è ancora agli inizi, ma sono già molti i medici che segnalano che questi farmaci stanno aiutando i pazienti anche contro le dipendenze.
Kevin Spacey ha raccontato di essere senza fissa dimora, di vivere in alberghi e Airbnb e che per guadagnare deve fare spettacoli nelle discoteche a Cipro L'ultima esibizione l'ha fatta nella discoteca Monte Caputo di Limisso, biglietto d'ingresso fino a 1200 euro.
Isabella Rossellini ha detto che oggi non è mai abbastanza vecchia per i ruoli da vecchia, dopo anni in cui le dicevano che non era abbastanza giovane per i ruoli da giovane In un reel su Instagram l'attrice ha ribadito ancora una volta che il cinema ha un grave problema con l'età delle donne. 
Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, le donazioni per Gaza si sono quasi azzerate Diverse organizzazioni umanitarie, sia molto piccole che le più grandi, riportano cali del 30 per cento, anche del 50, in alcuni casi interruzioni totali.
Lorenzo Bertelli, il figlio di Miuccia Prada, sarà il nuovo presidente di Versace Lo ha rivelato nell'ultimo episodio del podcast di Bloomberg, Quello che i soldi non dicono.
Il più importante premio letterario della Nuova Zelanda ha squalificato due partecipanti perché le copertine dei loro libri erano fatte con l’AI L'organizzatore ha detto che la decisione era necessario perché è importante contrastare l'uso dell'AI nell'industria creativa.
Per evitare altre rapine, verrà costruita una stazione di polizia direttamente dentro il Louvre E non solo: nei prossimi mesi arriveranno più fondi, più telecamere, più monitor, più barriere e più addetti alla sicurezza.

I libri del mese

Cosa abbiamo letto a ottobre in redazione.

di Studio
31 Ottobre 2023

Alice Urciuolo, La verità che ci riguarda (66thand2nd)
Già in Adorazione, il romanzo con cui ha esordito a ventisei anni nel 2020, Alice Urciuolo ha dimostrato di avere una modalità distintiva di raccontare certi passaggi dell’esperienza umana, soprattutto femminile ma non esclusivamente, in un racconto che era “coming of age” ma anche affresco sociale, personale e collettivo. E lo ha fatto a partire da quei pezzi d’Italia che ha vissuto e conosce, un po’ come tutti noi: uno specifico angolo di Italia, che sia Latina o la Ciociaria, con i suoi riti e le sue gerarchie, con il suo specifico brand di violenza e misticismo provinciale. Urciuolo, che di mestiere fa la sceneggiatrice (ha lavorato infatti a serie di successo come Skam Italia e Prisma), è ora in libreria con la sua seconda prova, La verità che ci riguarda, sempre edito da 66thand2nd. Chi ha amato Adorazione (libro che, tra l’altro, diventerà nel 2024 una serie tv su Netflix, non scritta da lei) ritroverà anche qui quella chiarezza di pensiero con cui Urciuolo riesce a scandagliare alcuni dei territori più incerti e nebbiosi dell’esistenza. Anche questa volta la protagonista è una ragazza, Milena, che a vent’anni si trasferisce a Roma per frequentare l’università nel tentativo di sfuggire a una situazione familiare complicata. Da giovanissima ha sofferto di anoressia e all’età di quindici anni la madre, Angelica, entra a far parte di una setta religiosa che, a partire da un remoto paesino della Ciociaria, si diffonderà in tutta Italia. La verità che ci riguarda parla allora di moltissime cose: dell’educazione cattolica, dell’inespugnabile tenacia della famiglia tradizionale e della ricerca, anche sgangherata, della spiritualità, di madri sante e di padri al rimorchio, di suore e di santoni, di sesso e di dormitori che chiudono alle ventitré, ma soprattutto parla di una madre e di una figlia, e del loro rapporto con un impiegato bancario improvvisatosi capo di una setta (Angelica) e con un uomo più grande (Milena) ai quali entrambe, per motivi non del tutto chiari neanche a loro stesse, affideranno le loro vite. La verità che ci riguarda parla di dipendenza emotiva e in qualche modo anche di eredità, familiare ed emotiva anche quella e lo fa con la voce speciale di Urciuolo, che è bello ritrovare assieme alle sue donne che si fanno sempre troppe domande. (Silvia Schirinzi)

Mariana Enriquez, I pericoli di fumare a letto (Marsilio)
Traduzione di Fabio Cremonesi
Non so se è così per tutti, ma per me c’è stata un’epoca della vita che era per i racconti, e poi non è più stata. Come c’è un’epoca della vita per i Beat, una per Bukowski, una per Herman Hesse. Forse è che più uno invecchia – cioè, io – più ha voglia di una narrazione unica che inizia e finisce dopo duecento, trecento pagine. Con Mariana Enriquez però ho pensato che invece avrei dovuto provare. Un po’ perché Le cose che abbiamo perso nel fuoco non è un libro che si ignora facilmente, un po’ forse per una tentazione magica come quella che sarebbe potuta uscire da queste storie qui. Il primo racconto mi ha rapito, e sono andato avanti senza smettere. La lingua di Enriquez è schietta e precisa, scorre veloce ma sembra appartenere a un genere più familiare. È questo uno degli elementi che fa sì che ci si sorprenda quando spuntano fantasmi, suicidi, demoni. E poi c’è il contemporaneo: Enriquez mette i topos classici dell’horror (maledizioni, streghe, non-morti) in scenari come la gentrificazione di una periferia suburbana, la timidezza patologica degli adolescenti che si chiudono in sé stessi, il cambiamento del quartiere Raval a Barcellona, la fandom ossessiva dedicata alle celebrità. Un aggiornamento del concetto di perturbante, che poi è l’ingrediente principale di ogni horror, che dà vita anche a quegli elementi del contemporaneo che sembrano averne meno. (Davide Coppo)

Deborah Davis, Truman Capote e il party del secolo (Accēnto Edizioni)
Traduzione di Sara Reggiani
Google immagini alla mano (per rivedere la quarta di copertina di Altre voci, altre stanze, con l’enorme foto di un giovane sexyssimo Capote o controllare se le onde dei capelli di Veronica Lake erano davvero così leggendarie), il libro di Deborah Davis è un viaggio meraviglioso nella vita di uno dei più grandi scrittori americani. La descrizione dei preparativi del celebre party in bianco e nero, organizzato nel 1966, quasi un anno dopo la pubblicazione del suo capolavoro, A sangue freddo, è solo un pretesto per ripercorrere la sua esistenza e la sua carriera, le zone oscure e quelle luminose. L’hype per la festa che tra gli invitati comprendeva star del cinema, politici, intellettuali, giornalisti, ma anche 11 amici del Kansas (conosciuti mentre faceva le ricerche per il libro) e il suo portiere dello U.N. Plaza, ma anche la superficialità di 500 persone che per sette settimane si preparano per un ballo in maschera mentre è in corso la guerra del Vietnam. E poi la festa come passione (Davis racconta il primo party organizzato dal piccolo Truman a 8 anni per salutare gli amici di Monroeville (dove la madre Lilli Mae Faulk l’aveva smollato mentre si cercava un buon partito) in occasione del trasferimento a New York, dove avrebbe vissuto con la madre e il suo nuovo padre, il ricco uomo d’affari Joe Capote. Ma la festa come vendetta, perché era stata l’aspirazione di entrare nell’alta società a uccidere sua madre. Un collezione di irresistibili aneddoti (per esempio, un Truman ventenne lavorò per qualche mese come revisore di testi al New Yorker: amava scandalizzare i colleghi ordinando da ristoranti di lusso come il 21, «una notevole stravaganza per un lacchè sottopagato», scrive Davis, descrivendo la sua voce acuta, le battute impertinenti e l’aspetto da elfo. «Un giorno l’editore della rivista, Harold Ross, vide Truman correre per l’ufficio con un ampio mantello e disse: “E quello cos’era?”»). Ma oltre a ripercorrere l’infanzia con la compagna di giochi Harper Lee, i primi racconti e le prime opere, la storia della sua famiglia, le amicizie, Davis disegna un ritratto di Truman Capote come genio dell’autopromozione: uno che fin da subito aveva capito che proiettare l’immagine giusta, catturare l’immaginazione, era (ed è) davvero fondamentale, se vuoi avere successo. (Clara Mazzoleni)

Francesco Maino, I morticani (Italo Svevo)
Non ricordo l’ultimo libro che ho letto che mi abbia fatto ridere così tanto e così spesso come I morticani di Francesco Maino. L’avvocato di mestiere e scrittore per autodefinizione Alfonso Della Marca assomiglia al Brancaleone protagonista della prima metà del dittico monacelliano: imbarazzante, drammatico, grottesco, comico, tragico. E proprio come Brancaleone, Della Marca vive in una terra che somiglia a una terra vera, il Veneto, ma che è in realtà una sua riduzione all’assurdo: Maino la chiama Veenetken, una terra dove «ognuno vive secondo le sue leggi», un luogo fantastico popolato da animali fantastici (su tutti, il mio preferito è Ferrari, il fido autista-tuttofare alle dipendenze di Della Marca). Fanno ridere Della Marca e il Veenetken e tutti gli abitanti di Fava sul Dose, scenario delle vicende dei morticani, i disgraziati che danno il titolo al libro, amanti dell’aperitivo e odiatori dell’acconto dell’Iva. Ma fa ridere soprattutto la forma – sarebbe più corretto dire le forme – con la quale Maino racconta questa storia, se di storia in senso classico, cioè narrativo, si può parlare. Sperimentale è un aggettivo abbastanza preciso anche se non proprio esatto, varrebbe la pena usarlo anche solo per la funzione di “controcanto” che Maino assegna alle note a pie’ di pagina, dove sono raccolte le migliori battute di tutto il libro (non leggerle significa non leggere questo libro, una cosa che non mi è mai capitata nella mia vita di lettore). I morticani è sì un romanzo – soprattutto uno sull’impazzimento del suo protagonista – ma anche filastrocca, monologo da stand up comedy, satira dei costumi della provincia e della città, esperimento linguistico in cui il dialetto più oscuro si mescola all’inglese più posticcio. Tutto parte da una frase, tre parole che sono incipit e Big Bang di uno dei mondi più assurdi e spassosi che abbia scoperto nelle pagine di un libro scritto in italiano: «Morticani che gavé». (Francesco Gerardi)

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