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10:33 mercoledì 24 dicembre 2025
Migliaia di spie nordcoreane hanno tentato di farsi assumere da Amazon usando falsi profili LinkedIn 1800 candidature molto sospette che Amazon ha respinto. L'obiettivo era farsi pagare da un'azienda americana per finanziare il regime nordcoreano.
È morto Vince Zampella, l’uomo che con Call of Duty ha contribuito a fare dei videogiochi un’industria multimiliardaria Figura chiave del videogioco moderno, ha reso gli sparatutto mainstream, fondando un franchise da 400 milioni di copie vendute e 15 miliardi di incassi.
A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Si intitola A Chair in the Air e racconta episodi di violenza realmente accaduti nella casa dei Reiner quando Nick era un bambino.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.

I libri del mese

Cosa abbiamo letto a ottobre in redazione.

di Studio
31 Ottobre 2023

Alice Urciuolo, La verità che ci riguarda (66thand2nd)
Già in Adorazione, il romanzo con cui ha esordito a ventisei anni nel 2020, Alice Urciuolo ha dimostrato di avere una modalità distintiva di raccontare certi passaggi dell’esperienza umana, soprattutto femminile ma non esclusivamente, in un racconto che era “coming of age” ma anche affresco sociale, personale e collettivo. E lo ha fatto a partire da quei pezzi d’Italia che ha vissuto e conosce, un po’ come tutti noi: uno specifico angolo di Italia, che sia Latina o la Ciociaria, con i suoi riti e le sue gerarchie, con il suo specifico brand di violenza e misticismo provinciale. Urciuolo, che di mestiere fa la sceneggiatrice (ha lavorato infatti a serie di successo come Skam Italia e Prisma), è ora in libreria con la sua seconda prova, La verità che ci riguarda, sempre edito da 66thand2nd. Chi ha amato Adorazione (libro che, tra l’altro, diventerà nel 2024 una serie tv su Netflix, non scritta da lei) ritroverà anche qui quella chiarezza di pensiero con cui Urciuolo riesce a scandagliare alcuni dei territori più incerti e nebbiosi dell’esistenza. Anche questa volta la protagonista è una ragazza, Milena, che a vent’anni si trasferisce a Roma per frequentare l’università nel tentativo di sfuggire a una situazione familiare complicata. Da giovanissima ha sofferto di anoressia e all’età di quindici anni la madre, Angelica, entra a far parte di una setta religiosa che, a partire da un remoto paesino della Ciociaria, si diffonderà in tutta Italia. La verità che ci riguarda parla allora di moltissime cose: dell’educazione cattolica, dell’inespugnabile tenacia della famiglia tradizionale e della ricerca, anche sgangherata, della spiritualità, di madri sante e di padri al rimorchio, di suore e di santoni, di sesso e di dormitori che chiudono alle ventitré, ma soprattutto parla di una madre e di una figlia, e del loro rapporto con un impiegato bancario improvvisatosi capo di una setta (Angelica) e con un uomo più grande (Milena) ai quali entrambe, per motivi non del tutto chiari neanche a loro stesse, affideranno le loro vite. La verità che ci riguarda parla di dipendenza emotiva e in qualche modo anche di eredità, familiare ed emotiva anche quella e lo fa con la voce speciale di Urciuolo, che è bello ritrovare assieme alle sue donne che si fanno sempre troppe domande. (Silvia Schirinzi)

Mariana Enriquez, I pericoli di fumare a letto (Marsilio)
Traduzione di Fabio Cremonesi
Non so se è così per tutti, ma per me c’è stata un’epoca della vita che era per i racconti, e poi non è più stata. Come c’è un’epoca della vita per i Beat, una per Bukowski, una per Herman Hesse. Forse è che più uno invecchia – cioè, io – più ha voglia di una narrazione unica che inizia e finisce dopo duecento, trecento pagine. Con Mariana Enriquez però ho pensato che invece avrei dovuto provare. Un po’ perché Le cose che abbiamo perso nel fuoco non è un libro che si ignora facilmente, un po’ forse per una tentazione magica come quella che sarebbe potuta uscire da queste storie qui. Il primo racconto mi ha rapito, e sono andato avanti senza smettere. La lingua di Enriquez è schietta e precisa, scorre veloce ma sembra appartenere a un genere più familiare. È questo uno degli elementi che fa sì che ci si sorprenda quando spuntano fantasmi, suicidi, demoni. E poi c’è il contemporaneo: Enriquez mette i topos classici dell’horror (maledizioni, streghe, non-morti) in scenari come la gentrificazione di una periferia suburbana, la timidezza patologica degli adolescenti che si chiudono in sé stessi, il cambiamento del quartiere Raval a Barcellona, la fandom ossessiva dedicata alle celebrità. Un aggiornamento del concetto di perturbante, che poi è l’ingrediente principale di ogni horror, che dà vita anche a quegli elementi del contemporaneo che sembrano averne meno. (Davide Coppo)

Deborah Davis, Truman Capote e il party del secolo (Accēnto Edizioni)
Traduzione di Sara Reggiani
Google immagini alla mano (per rivedere la quarta di copertina di Altre voci, altre stanze, con l’enorme foto di un giovane sexyssimo Capote o controllare se le onde dei capelli di Veronica Lake erano davvero così leggendarie), il libro di Deborah Davis è un viaggio meraviglioso nella vita di uno dei più grandi scrittori americani. La descrizione dei preparativi del celebre party in bianco e nero, organizzato nel 1966, quasi un anno dopo la pubblicazione del suo capolavoro, A sangue freddo, è solo un pretesto per ripercorrere la sua esistenza e la sua carriera, le zone oscure e quelle luminose. L’hype per la festa che tra gli invitati comprendeva star del cinema, politici, intellettuali, giornalisti, ma anche 11 amici del Kansas (conosciuti mentre faceva le ricerche per il libro) e il suo portiere dello U.N. Plaza, ma anche la superficialità di 500 persone che per sette settimane si preparano per un ballo in maschera mentre è in corso la guerra del Vietnam. E poi la festa come passione (Davis racconta il primo party organizzato dal piccolo Truman a 8 anni per salutare gli amici di Monroeville (dove la madre Lilli Mae Faulk l’aveva smollato mentre si cercava un buon partito) in occasione del trasferimento a New York, dove avrebbe vissuto con la madre e il suo nuovo padre, il ricco uomo d’affari Joe Capote. Ma la festa come vendetta, perché era stata l’aspirazione di entrare nell’alta società a uccidere sua madre. Un collezione di irresistibili aneddoti (per esempio, un Truman ventenne lavorò per qualche mese come revisore di testi al New Yorker: amava scandalizzare i colleghi ordinando da ristoranti di lusso come il 21, «una notevole stravaganza per un lacchè sottopagato», scrive Davis, descrivendo la sua voce acuta, le battute impertinenti e l’aspetto da elfo. «Un giorno l’editore della rivista, Harold Ross, vide Truman correre per l’ufficio con un ampio mantello e disse: “E quello cos’era?”»). Ma oltre a ripercorrere l’infanzia con la compagna di giochi Harper Lee, i primi racconti e le prime opere, la storia della sua famiglia, le amicizie, Davis disegna un ritratto di Truman Capote come genio dell’autopromozione: uno che fin da subito aveva capito che proiettare l’immagine giusta, catturare l’immaginazione, era (ed è) davvero fondamentale, se vuoi avere successo. (Clara Mazzoleni)

Francesco Maino, I morticani (Italo Svevo)
Non ricordo l’ultimo libro che ho letto che mi abbia fatto ridere così tanto e così spesso come I morticani di Francesco Maino. L’avvocato di mestiere e scrittore per autodefinizione Alfonso Della Marca assomiglia al Brancaleone protagonista della prima metà del dittico monacelliano: imbarazzante, drammatico, grottesco, comico, tragico. E proprio come Brancaleone, Della Marca vive in una terra che somiglia a una terra vera, il Veneto, ma che è in realtà una sua riduzione all’assurdo: Maino la chiama Veenetken, una terra dove «ognuno vive secondo le sue leggi», un luogo fantastico popolato da animali fantastici (su tutti, il mio preferito è Ferrari, il fido autista-tuttofare alle dipendenze di Della Marca). Fanno ridere Della Marca e il Veenetken e tutti gli abitanti di Fava sul Dose, scenario delle vicende dei morticani, i disgraziati che danno il titolo al libro, amanti dell’aperitivo e odiatori dell’acconto dell’Iva. Ma fa ridere soprattutto la forma – sarebbe più corretto dire le forme – con la quale Maino racconta questa storia, se di storia in senso classico, cioè narrativo, si può parlare. Sperimentale è un aggettivo abbastanza preciso anche se non proprio esatto, varrebbe la pena usarlo anche solo per la funzione di “controcanto” che Maino assegna alle note a pie’ di pagina, dove sono raccolte le migliori battute di tutto il libro (non leggerle significa non leggere questo libro, una cosa che non mi è mai capitata nella mia vita di lettore). I morticani è sì un romanzo – soprattutto uno sull’impazzimento del suo protagonista – ma anche filastrocca, monologo da stand up comedy, satira dei costumi della provincia e della città, esperimento linguistico in cui il dialetto più oscuro si mescola all’inglese più posticcio. Tutto parte da una frase, tre parole che sono incipit e Big Bang di uno dei mondi più assurdi e spassosi che abbia scoperto nelle pagine di un libro scritto in italiano: «Morticani che gavé». (Francesco Gerardi)

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