Cultura | Libri

I libri del mese

Cosa abbiamo letto a settembre in redazione.

di Studio

Susan Minot insieme al fratello. Parte degli episodi raccontati in Scimmie si basano sulla vita e sulla famiglia della scrittrice

Susan Minot, Scimmie (Playground)
Trad. di Bernardo Anselmi

Playground ha rifatto Scimmie di Susan Minot, libro pubblicato a fine anni Ottanta da Mondadori in un momento in cui la parola magica era “minimalismo” e tutto era minimalista e Susan Minot veniva considerata una esponente del cerchio magico di questa corrente; era quella scrittrice che nell’87 veniva celebrata da un ritratto bellissimo uscito su Repubblica a firma di Irene Bignardi che la immortalava in promozione nella stanza di un albergo di Parigi, trentenne, bella, di successo.

Trenta e passa anni più tardi, il minimalismo si ricorda come una moda del passato piena di equivoci e di attribuzioni incomprensibili, e Susan Minot non viene ricordata per molto altro a parte qualche libro minore e la sceneggiatura di Io ballo da sola. Ma questo Scimmie bisogna leggerlo perché è un gran bel libro, un romanzo di racconti, fatto di pezzi, di episodi, che potrebbero stare bene da soli – e infatti furono pubblicati sulle solite prestigiose riviste americane – di una numerosissima famiglia con 7 fratelli del New England (come la sua), raccontata in prima e in terza persona, in un arco temporale che va dal ’66 al ’78: gelidi inverni e fioriture primaverili, litigi furiosi e feste, cattiverie e dispiaceri, amori e ribellioni, un paesaggio familiare visto al tempo stesso con la coda dell’occhio e nel centro dell’azione. Di libri che reggono così bene il tempo in giro non ce ne sono molti. (Cristiano de Majo)

Peter Cameron, Cose che succedono la notte (Adelphi)
Trad. di Giuseppina Oneto

Per decenni, Peter Cameron ha raccontato le frustrazioni e le complicazioni nate dal desiderio e dai non detti, ritraendo personaggi alla ricerca di una connessione tra di loro. È quanto accade anche in Cose che succedono la notte, uscito in Italia in contemporanea agli Stati Uniti, che racconta la storia alienante di una coppia senza nome, giunta in un Paese altrettanto anonimo del nord Europa per adottare un bambino. È un mondo di ombre, dall’oscurità della foresta in cui sorge l’albergo dove soggiornano ai suoi corridoi bui, popolati da individui fuggiti da qualche opera di Lucio Fulci, e tu vivrai nel terrore, dalla prima all’ultima pagina. Grazie alla prosa di Cameron, precisa, analitica, che descrive ogni ambientazione dall’interno dei personaggi tramite percezioni; tanto che non c’è alcuna virgoletta a evidenziare l’inizio di un discorso diretto. Gli eventi si svolgono spesso fuori dalle pagine, accadono sempre di notte e nelle stanze senza luce per aumentare la sensazione di irrealtà, o evidenziare la presenza perpetua di un pericolo. «Dobbiamo ricordare che ci siamo tutti persi», dice l’anziana cantante dell’hotel, Livia Pinheiro-Rima, ci zone d’ombra che abbiamo provato a dimenticare, «ma viviamo in un periodo buio. Nessuno riesce a trovare la propria strada. Tutti armeggiano alla cieca, come quei piccoli animali sotterranei che vivono di notte e si spingono attraverso la terra fredda e umida, sperando di incontrare qualcosa di buono». Non siamo tanto diversi. (Corinne Corci)

Edwidge Danticat, La vita dentro (SEM)
Trad. di Velia Februari

Ad agosto la nuova raccolta di racconti di Edwidge Danticat, Everything Inside, è stata selezionata da Reese Witherspoon come libro del mese del suo seguitissimo Reese’s Book Club (quasi 2 milioni di follower). Non è la prima volta che le opere della scrittrice e giornalista haitiana naturalizzata statunitense vengono osannate pubblicamente: già nel lontano 1994, il suo primo romanzo, Parla con la mia stessa voce (titolo originale Breath, Eyes, Memory, pubblicato in Italia l’anno successivo da Dalai Editore e oggi introvabile) era stato selezionato dall’Oprah Book Club. Le protagoniste degli otto racconti del nuovo libro, La vita dentro, in libreria dal 24 settembre nella traduzione di Velia Februari, sono donne accomunate dalla capacità di mantenere una propria forma di integrità di fronte agli eventi più assurdi e sconfortanti. La maggior parte delle storie ha luogo a Little Haiti, il quartiere haitiano-americano di Miami, e la maggior parte dei protagonisti condivide il trauma di aver lasciato la propria terra (la stessa Danticat si trasferì a Brooklyn a 12 anni, dopo essere cresciuta ad Haiti con gli zii). Ma a queste informazioni bisogna aggiungere la naturalezza con cui la penna di Danticat riesce e a delineare intere vite con pochissime parole, accompagnando il lettore tra le forze misteriose che avvicinano le persone fino quasi a fonderle e che poi, rivoltandosi, le distruggono. Leggere, qui, significa lasciarsi guidare lungo i contorti corridoi che collegano i rapporti famigliari e gli amori di questi sconosciuti, fino a ritrovarsi lontani da casa, proprio come loro, e provare a capire cos’è quel “tutto” che dovremmo portarci dentro, ovunque andiamo. (Clara Mazzoleni)

Richard O. Prum, L’evoluzione della bellezza (Adelphi)
Trad. di Valentina Marconi 

Nell’Origine dell’uomo, Charles Darwin aveva paventato l’idea che la selezione sessuale si basasse su una sorta di privilegio estetico espresso perlopiù dagli individui di sesso femminile, ma quell’intuizione non è mai stata più di tanto presa in considerazione. Perché era inconcepibile che l’immorale capriccio femminile potesse determinare la selezione naturale, tanto per cominciare, un’ipotesi che invece l’ornitologo e biologo americano Richard O. Prum prende molto sul serio, al punto da riscrivere la teoria dell’evoluzione proprio a partire da essa. La bellezza, per lungo tempo, è stato qualcosa di inspiegabile, soprattutto per Darwin: dai ventagli dei pavoni ai piumaggi vistosi e riconoscibili di molti volatili, la sua stessa esistenza sembrava contraddire la teoria dell’evoluzione, o quantomeno metterla pesantemente in discussione. Così Prum la mette al centro, quella bellezza insoluta, utilizzando il mondo degli uccelli per spiegare, in un libro dotto che spazia tra biologia evolutiva, sociologia e filosofia ma che è incredibilmente scorrevole da leggere, come la competizione sessuale fra maschi sia alimentata da specifiche preferenze estetiche delle femmine, che finiscono per tramandarsi. Leggendolo, ho pensato molto a La scimmia che siamo di Frans de Waal, un altro libro che ha il pregio di avvicinare anche chi è digiuno di certe discipline ad argomenti complessi, non semplificando ma piuttosto allargandone lo spettro. La bellezza è un costrutto teoretico che è da sempre fonte di interrogativi: l’autore qui offre molti spunti per comprenderne, e ripensarne, il ruolo nella nostra società. (Silvia Schirinzi)

Volker Ullrich, 1945. Otto giorni a maggio. Dalla morte di Hitler alla fine del Terzo Reich (Feltrinelli)
Trad. di M. Pugliano, E. Sciarra e V. Tortelli

La storiografia, per sua natura, per utilità e brevità, trasforma la storia in date, traccia confini, decide i prima e i dopo. La storia, spesso, è invece fatta di nebbie di incertezza, attese infinite, liberazioni distillate. La Seconda guerra mondiale, in Germania, non finì con la morte di Hitler: continuò per una settimana, condotta da Karl Dönitz, il successore del Führer come Presidente del Reich. Dönitz, ancora testardamente accecato dal “o tutto o niente” nazionalsocialista, portò avanti la guerra soprattutto a Est, nel tentativo di spaccare il fronte alleato, mentre tentava difficili manovre diplomatiche antibolsceviche con inglesi e americani. Ma la morte di Hitler fu soprattutto una nuova presa di coscienza di un popolo che, fino a pochi giorni prima, aveva creduto ciecamente nei deliri del suo Führer: Volker Ullrich, uno dei principali storici tedeschi, in un diario di otto giorni racconta cosa succede quando le ideologie si sgonfiano all’improvviso, e prima di ricostruire e di essere salvi rimangono soltanto le macerie, le paure dell’invasore, il fiato trattenuto. Il libro non funziona soltanto come saggio storico, ma intrattiene come un patchwork multimediale: unisce le strategie belliche disperate di Dönitz, i diari speranzosi dei primi cittadini liberati, le testimonianze delle violenze sovietiche, i carteggi tra nazisti minori improvvisamente consapevoli della sconfitta. Una settimana decisiva che poteva segnare, decisione per decisione, l’Europa in molti modi diversi dall’esito che abbiamo conosciuto. (Davide Coppo)