Ostaggi, kalashnikov, lanciarazzi ed escursioni, tutto per invitare i turisti a considerare l'Afghanistan per la loro vacanza avventurosa.
Si è scoperto che gli Houthi si finanziano vendendo armi sui social
Un'inchiesta del Tech Transparency Project ha rivelato centinaia di gruppi e profili coinvolti nel traffico di armi sui social. A quanto pare, senza che nessuno finora si accorgesse di nulla.

Se il vostro lavoro comprende l’uso dei social media, sapete bene che uno delle cose peggiore che può capitare è pubblicare un contenuto che non rispetta le linee guida della piattaforma, scoprirsi penalizzati dall’algoritmo, in shadow ban o, incubo, apocalisse, bannati. Ecco, la prossima volta che il dubbio vi assalirà e dubiterete dell’accettabilità del contenuto che state per pubblicare, ricordatevi quanto segue: si è scoperto che dei trafficanti d’armi stretti collaboratori degli Houthi vendevano e compravano armi su X e Meta.

Nell’inchiesta del Tech Transparency Project (TTP) si riporta anche il fatto che questa compravendita di armi sulle piattaforme avveniva «openly», apertamente. I trafficanti non si preoccupavano di nascondere i loro “contenuti”, di mascherarli in modo da sfuggire all’occhio vigile dell’algoritmo: vendevano e compravano armi come fossero mobili usati o vecchi libri, i loro post e gruppi e profili sono rimasti online spesso per mesi, talvolta per anni, senza mai un moderatore che quantomeno chiedesse spiegazioni. Come scrive William Christou sul Guardian, gli investigatori del TTP hanno scoperto 130 profili X e 67 account business Whatsapp coinvolti in questo traffico. Molte delle armi vendute erano di fabbricazione americana, nelle foto di alcune (si capisce: se l’annuncio di vendita di un AK-47 non viene con una bella foto dell’AK-47, chi mai comprerà?) si legge addirittura l’incisione “Property of US Govt” o “Nato” o altre descrizioni che rimandano a precedenti proprietà di forze armate o di corpi di polizia. I prezzi, a quanto pare, erano piuttosto alti per il mercato delle armi di seconda mano: si arrivava anche a 10 mila euro a pezzo, cifre che fanno pensare che gli acquirenti fossero altri terroristi affiliati a gruppi più o meno organizzati.

Ora, non dovrebbe nemmeno essere necessario dirlo, ma vendere e comprare armi è un abbastanza palese violazione delle linee guida sia di X che Whatsapp (quindi di Meta). Com’è potuto succedere tutto questo, allora? La risposta è che al momento non lo sappiamo. Per quanto riguarda Whatsapp, la cui politica aziendale prevede un controllo piuttosto stringente dei contenuti postati da account business, un rappresentate della piattaforma ha fatto sapere ai media che «se veniamo a sapere di organizzazioni considerate terroristiche dagli Stati Uniti che provano a usare i nostri servizi, prendiamo tutte le misure appropriate, compresa la chiusura degli account, per rispettare gli obblighi di legge». Dopo la pubblicazione dell’inchiesta, in effetti, Whatsapp ha già chiuso due dei profili in essa menzionati. Da X, invece, al momento non è arrivato alcun commento sulla vicenda né sull’inchiesta di TTP. C’entra, probabilmente, l’imbarazzo che quest’ultima sta causando: perché nei post in cui si vendevano armi al migliore offerente talvolta era presente anche della pubblicità (da qui il sospetto che X abbia addirittura monetizzato contenuti del genere) e perché alcuni degli account incriminati – altro fatto inquietante scoperto da TTP è che ci sono più di 200 account affiliati con gruppi criminali e/o terroristici che espongono la spunta blu, quindi clienti paganti di X Premium – avrebbero addirittura interagito direttamente con il profilo di Elon Musk.