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Per la prima volta nella storia, nel mondo ci sono più bambini obesi che sottopeso Stando a un report dell'Unicef, oggi un bambini su 10 soffre di obesità, addirittura uno su 5 è in sovrappeso.
Su internet la T-shirt dell’assassino di Charlie Kirk sta andando a ruba, anche a prezzi altissimi Su eBay sono spuntati decine di annunci in cui la maglietta viene venduta a prezzi che arrivano anche a 500 dollari.
In Corea del Nord sono aumentate le condanne a morte per chi guarda film e serie TV straniere Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, il regime di Kim Jong-un ora usa anche l'AI per perseguire questo grave crimine.
L’episodio di South Park che prendeva in giro Charlie Kirk è stato “cancellato” La decisione è arrivata dopo le proteste dei conservatori statunitensi, che accusano lo show di aver contribuito al clima d’odio contro Kirk.
La bandiera di One Piece è diventata un simbolo di protesta in tutto il mondo Prima in Nepal e adesso anche in Francia: la bandiera del manga di Eichiiro Oda è diventato il vessillo di tutti coloro che si ribellano ai governi.
Il video dell’omicidio di una ragazza ucraina a Charlotte, North Carolina, è diventato un’arma di propaganda di tutta la destra mondiale A partire, ovviamente, dal movimento Maga nel Stati Uniti, da Donald Trump in persona, fino all'Italia, a Matteo Salvini.
Le proteste di Bloquons tout in Francia sarebbero partite tutte da un post in un gruppo Telegram Un post neanche tanto recente: è apparso su Telegram a maggio ma è diventato virale negli ultimi giorni, subito prima e subito dopo le dimissioni di Bayrou.
C’è un nuovo uomo più ricco del mondo che ha superato Elon Musk grazie all’AI Si chiama Larry Ellison e ha scavalcato l'allievo-rivale grazie alla crescita record della sua Oracle, dovuta agli investimenti nell'intelligenza artificiale.

Giuseppe Martinenghi, l’architetto sconosciuto che ha costruito Milano

Una storia fatta di 300 progetti, più di chiunque altro, che caratterizza fortemente la città e che è stata scoperta quasi per caso.

11 Dicembre 2024

La maggior parte delle persone vive in un palazzo, magari anche tutta la vita, senza mai avere la curiosità di sapere chi lo ha disegnato. Appartenendo alla categoria opposta, quando nel 2015 sono arrivato nella mia settima casa milanese, ho avuto naturalmente la curiosità di sapere anche questa volta chi fosse l’architetto. All’epoca i metodi per sapere chi ha progettato un edificio a Milano erano soltanto due: se l’edificio era stato costruito prima del 1927, si andava all’Archivio Storico Civico del Castello Sforzesco e si chiedeva il fascicolo relativo, altrimenti alla Cittadella degli Archivi, dove però bisognava fare una richiesta più formale, ed era tutto più macchinoso. Il secondo metodo consisteva nello sfogliare i bollettini dei permessi a costruire del periodico Città di Milano avendo già in mente un lasso di tempo al quale l’edificio poteva appartenere, e con un po’ di fortuna si riusciva a trovare.

Dal 2020 le cose sono diventate molto più facili, perché c’è un’app per iOs e Android: si chiama PureMilano, cataloga oltre 8000 edifici milanesi e viene aggiornata frequentemente. Io però ero ancora nel 2015 e non sapendo nulla dovevo partire da zero. L’unico indizio che avevo era la datazione: dal primo rogito risultava come anno di costruzione il 1939. Dopo un primo periodo di ricerche infruttuose su cataloghi e riviste di architettura, un giorno passeggiando in corso di Porta Nuova ho notato che l’edificio al civico 2 era molto simile a quello in cui abitavo. Entrambi i palazzi avevano un basamento in granito, un balcone che correva per tutto il primo o il secondo piano, la facciata in mattoni (più precisamente in litoceramica) e un ingresso somigliante, con pavimentazione in marmo di Carrara, pareti in Nero Assoluto e Calacatta e dei motivi geometrici. Il dettaglio che però aveva subito attirato la mia attenzione erano le trabeazioni, composte da tre file di mattoni leggermente sporgenti rispetto alla parete, che creano un particolare effetto di chiaroscuro e che ricordano alcune facciate del Déco americano. L’edificio di cui cercavo l’autore non era più isolato. Avevo trovato un suo fratello ed ero abbastanza certo della parentela.

In questo caso l’attribuzione è avvenuta non attraverso un paradigma indiziario morelliano che parta da dettagli o dati marginali, ma proprio grazie allo Stile Martinenghi, un linguaggio che ho imparato presto a conoscere. Tornato a casa ho iniziato a incrociare le ricerche e grazie alla scansione di un’emeroteca nazionale, sono finito su una pagina del periodico Città di Milano in cui era riportato il permesso a costruire del mio edificio, in viale Regina Elena (il vecchio nome di viale Tunisia), e come progettista figurava tale «Arch. G. Martinenghi». Avevo finalmente scoperto chi è l’autore del mio palazzo, del quale però, almeno su internet, non si trovava alcuna notizia.

Viale Argonne (Foto di Sosthen Hennekam)

Via Piranesi (Foto di Sosthen Hennekam)

Nei mesi successivi, consultando le altre annate del periodico, trovo prima una quarantina di licenze intestate a questo Martinenghi, poi sessanta, e sfogliando altre riviste del periodo, come Case d’Oggi, continuano a emergere altri edifici. Ho dunque l’impressione di avere scoperto un mondo. In seguito vengo a sapere che effettivamente qualcuno si è occupato anni fa di Martinenghi: è Augusto Rossari, uno storico dell’architettura del Politecnico di Milano, che lo cita in alcuni suoi testi del 1986, del 2003 e del 2013. Trovo anche due tesi, una del 1986 (monografica) e una del 1994 (ma insieme a Mario Borgato e Rino Ferrini, due autori più noti di Martinenghi).

Mi metto in contatto con Rossari e insieme procediamo a una nuova schedatura che comprenda anche le nuove attribuzioni. Nel frattempo infatti, girando per la città, e sempre seguendo indizi dello Stile Martinenghi, mi era capitato di scoprire diversi suoi edifici che non conoscevamo e che siamo poi riusciti ad attribuire in modo certo attraverso le ricerche all’Archivio di Milano.

Piazza Mondadori (Foto di Sosthen Hennekam)

Piazza Bottini, via Pacini (Foto di Sosthen Hennekam)

Quando ho iniziato la mia ricerca nel 2015, a Martinenghi si attribuivano circa una sessantina di licenze edilizie. Adesso siamo arrivati, solo a Milano, a contare 166 progetti realizzati, quasi il triplo. Insieme ad Andrea Coccoli, Roberto Dulio e Sosthen Hennakam abbiamo quindi redatto una monografia: Giuseppe Martinenghi. La costruzione di Milano nel Novecento. Nel regesto si contano 299 progetti, dei quali il 70 per cento è stato effettivamente costruito. Persino nei momenti finali della redazione sono emersi altri progetti realizzati in giro per l’Italia, e siamo abbastanza sicuri che nei prossimi anni ne emergeranno altri.

La fase più interessante e divertente del lavoro per me è stata quella dell’attribuzione, in cui ho imparato a riconoscere lo Stile Martinenghi, identificabile anche nei tre periodi della sua produzione: il primo in cui costruisce villette per la piccola e media borghesia negli anni ’20, poi i palazzi borghesi o di lusso negli anni ’30 e ’40, e l’ultimo degli anni ’50 e ’60 in cui riesce ad adattarsi a un nuovo linguaggio. Successivamente Rossari ha coinvolto Roberto Dulio e Filippo Beltrami Gadola, interessati da subito al progetto di una monografia, e fortunatamente si è unito a noi un bravo fotografo: Sosthen Hennekam, che per conto suo aveva già iniziato a fotografare diversi edifici di Martinenghi.

Questa storia mi ha insegnato che il gesto di una persona estranea a una disciplina può cambiarne i pesi da un momento all’altro: un giorno Martinenghi non esiste; il giorno dopo è “l’architetto che ha costruito di più a Milano”. Possiamo poi discutere sulla qualità dell’opera, se sia un maestro oppure un minore, ma dobbiamo in ogni caso fare i conti con questo paesaggio che improvvisamente ci crolla addosso perché ha trovato un autore. È quello che intende fare questo libro, che indaga il professionista silenzioso che di una città come Milano ha disegnato la geografia, e che per qualche motivo non è passato alla storia. Per ora.

Nella foto in evidenza, un edificio in via Cuneo. Foto di Sosthen Hennekam

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