Come ampiamente previsto, i due hanno rotto, ma non si pensava sarebbero arrivati fino a questo punto.
Calenda è andato al seggio per votare al referendum ma lo hanno mandato via perché aveva la tessera elettorale “esaurita”
È corso a farsene fare una nuova e poi è tornato di fretta al seggio, dove infine è riuscito a votare.

Un uomo si prepara per andare a votare. Prima di uscire controlla di avere tutto il necessario: il portafoglio con la carta d’identità, le chiavi di casa, la tessera elettorale. C’è tutto. L’uomo esce di casa e si dirige al seggio. C’è un po’ di coda. L’uomo si mette in fila, aspetta il suo turno. Arriva il suo momento, entra nel seggio, va verso la cabina elettorale. Si ferma davanti allo scrutatore, al quale fornisce tutti i documenti del caso. Lo scrutatore prende la scheda elettorale dell’uomo, la apre, la guarda, la chiude, la restituisce all’uomo. «Lei non può votare», dice lo scrutatore. Ma che succede, si chiede l’uomo. Non è questa più una democrazia, forse? Non hanno tutti i cittadini lo stesso diritto di esprimersi tramite l’istituto del voto? Allora ha ragione chi sostiene che l’Italia è in piena deriva autoritaria!
Niente di tutto questo, in realtà. Lo sanno sia l’uomo che lo scrutatore che in questo seggio romano non si sta verificando nessuna emergenza democratica. L’uomo può votare e lo scrutatore non vede l’ora di permettergli di farlo. Però prima l’uomo deve andare in via Petroselli, a Roma (dove si trova il Dipartimento Decentramento e Servizi Delegati – Ufficio Elettorale Centrale), a farsi fare una nuova scheda elettorale perché quella che si è portato dietro è “esaurita”: sono stati timbrati tutti gli spazi timbrabili, non ce n’è più uno libero, l’uomo è un tale cittadino modello che ha votato sempre, su ogni questione, a ogni chiamata elettorale o referendaria. Una tessera elettorale non basta a contenere tutto lo spirito civico dell’uomo.
Sorpreso, un po’ imbarazzato ma di certo non abbattuto, l’uomo si reca presso il Dipartimento Decentramento e Servizi Delegati – Ufficio Elettorale Centrale di via Petroselli, ritira la sua tessera elettorale nuova fiammante e torna nel seggio: finalmente può esercitare il suo diritto di voto. Ritira tutte e cinque le schede, dice la sua su tutti e cinque i quesiti referendari. Piega la scheda, la infila nell’urna, porge la tessera elettorale allo scrutatore affinché quest’ultimo possa battezzarla con il primo timbro. Lo scrutatore timbra, l’uomo si riprende la tessera, esce dal seggio e torna a casa. Questa è la storia del referendum di Carlo Calenda.

Intervista a Vincenzo Galasso, ordinario di Economia alla Bocconi e tra i massimi esperti italiani di economia, welfare e conflitti intergenerazionali. Con lui abbiamo provato a capire perché il nostro non è un Paese per giovani.