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Quali sono i sei romanzi candidati al Booker Prize 2024

«Famiglie divise e società divise», questo il filo che lega assieme i sei romanzi candidati al Booker Prize 2024. L’annuncio è arrivato oggi, lo ha dato l’amministratrice del premio Fiammetta Rocco. Sei romanzi che possono essere definitivi «implicitamente ottimisti», ma ai cui autori va riconosciuta la volontà e la capacità di affrontare «la contemporaneità, tra razzismo e oppressione, violenze su scala mondiale e disastri ecologici», ha spiegato Eleanor Wachtel, parte della giuria di quest’anno assieme alla poetessa Natalie Diaz, lo scrittore Romesh Gunesekera, l’artista William Kentridge e lo scrittore, editor e traduttore Aaron Robertson. Il 21 maggio, al termine di una cerimonia che si terrà a Londra, verranno annunciati i vincitori di quest’anno: sia l’autore del libro premiato che il suo traduttore in lingua inglese riceveranno un premio di 25 mila dollari.

Lo scrittore sudcoreano Hwang Sok-yong è candidato con il suo Mater 2-10, ancora inedito in Italia e tradotto in inglese da Sora Kim-Russell and Youngjae Josephine Bae, vita di una famiglia proletaria attraverso la quale l’autore racconta il XX secolo in Corea. Curiosità: per il terzo anno consecutivo, nella shortlist del Booker Prize è presente uno scrittore sudcoreano. Jenny Erpenbeck è candidata per Kairos, anche questo inedito in Italia, la cui traduzione in inglese è stata curata da Michael Hofmann. Anche questo un romanzo storico, ambientato negli anni del crollo della Germania dell’Est. «Cupo nel modo in cui intende l’amore e la politica», così lo ha definito la critica del Guardian Natasha Walter nella sua recensione. Nella quale però scriveva anche che «passare il tempo dentro l’immaginazione rigorosa e radicale di Erpenbeck è un’esperienza esaltante, fino all’ultima pagina». Tra i candidati di quest’anno c’è anche un’opera prima, Aratro ritorto di Itamar Vieira Junior, uscito in Italia nel 2020 per Tuga Edizioni, tradotto da Giacomo Falconi (in inglese la traduzione è di Johnny Lorenz). Ambientato nella regione più povera del Brasile, l’Alto Sertão Baiano, racconta la vita di due sorelle e le conseguenze storiche che per il Paese ha avuto – e ha ancora oggi – la legge con la quale la principessa Isabel di Bragança, il 13 maggio del 1888, decise la liberazione dei 700 mila schiavi che all’epoca vivevano in Brasile.

All’annuncio della longlist (nella quale erano presenti anche Niente di vero di Veronica Raimo e Via Gemito di Domenico Starnone), Fiammetta Rocco aveva parlato di un «secondo boom del romanzo sudamericano»: tra i 13 titoli inizialmente selezionati, infatti, quattro erano scritti da autori sudamericani. Oltre a Vieira Junior, di quei quattro autori sudamericani l’altra a essere confermata anche nella shortlist è l’argentina Selva Almada con il suo Non è un fiume, edito in Italia da Rizzoli, con la traduzione di Giulia Zavagna. La giuria del Booker lo ha definito un romanzo «ingannevolmente semplice» che racconta la storia di tre uomini che vanno a pesca assieme lungo un fiume e pian piano rivelano il romanzo per quello che è davvero: una storia di traumi e ricordi.

Ultimi due romanzi candidati al premio: I dettagli di Ia Genberg (di cui aveva scritto Teresa Bellemo nei nostri “Libri del mese“), romanzo svedese portato in Italia da Iperborea e tradotto da Alessandra Scali; e What I’d Rather Not Think About di Jente Posthuma, che nel nostro Paese invece non è ancor uscito, tradotto in inglese da Sarah Timmer Harvey, storia del suicidio di un uomo raccontato dal suo fratello gemello, un romanzo sul lutto e sulla famiglia che la giuria ha definito ricco di «intuito e tenerezza».