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15:48 mercoledì 12 novembre 2025
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12 Novembre 2025

Più che l’eros a regnare è il caos. Da stamattina infatti chi prova ad accedere a uno dei sito hard inclusi in un’apposita lista stillata dal governo italiano dovrebbe ricevere una richiesta di verifica tramite un codice generato da un soggetto terzo. La nuova normativa ha come scopo quello di ridurre l’esposizione dei minori alla pornografia online, superando l’auto-dichiarazione della maggiore età finora in vigore e facilmente aggirabile dagli adolescenti. 

Le nuove regole puntano a tutelare sia i minori sia i fruitori di contenuti pornografici, garantendone l’anonimato. In teoria la soluzione disegnata dalla normativa è chiara: un’app di autenticazione costruita intorno al principio del “doppio anonimato” (chi verifica l’età non deve sapere dove andrà l’utente e viceversa). Si tratta però di un’architettura elegante sulla carta ma accidentata nell’implementazione.

Il problema è che la famosa “app nazionale” ancora non c’è. L’Autorità Garante non ha imposto una piattaforma unica e ha indicato requisiti (terzietà, minimizzazione dati, audit) delegando ai siti la scelta del fornitore. Il risultato però è stato quello di implementazioni disomogenee e di una partenza a macchia di leopardo. Secondo ricostruzioni tecniche, molte piattaforme non hanno ancora un percorso stabile di verifica, altre rimandano a servizi terzi non pronti; qualcuno si è persino auto-sospeso in attesa di chiarimenti.

Sul piano pratico, oggi l’utente medio ha incontrato tre situazioni: accesso ancora libero, schermate generiche che annunciano “nuove regole in arrivo”, oppure link a verifiche esterne non operative. Fanpage nota che, a poche ore dall’entrata in vigore, solo una minoranza di siti in lista ha cambiato davvero il flusso d’accesso. Non è un risultato sorprendente: la delibera arriva con un impianto complesso, senza integrare SPID o CIE (per preservare il doppio anonimato), e affida la prova dell’età a provider terzi che vanno qualificati, testati, integrati. 

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