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Il Barbour è tornato di moda anche se non è mai passato di moda

La quarta stagione di The Crown ha riacceso l’interesse verso un capo da sempre legato ai reali inglesi, ma le ragioni del suo successo hanno a che fare con il momento che viviamo.

di Sara Kaufman

Emma Corrin e Tobias Mendez in una scena della quarta stagione di The Crown

La serie televisiva The Crown, dedicata alla storia della Regina Elisabetta dalla sua ascesa al trono a oggi, segna tra le altre cose il ritorno in auge del Barbour, la celebre giacca cerata nata alla fine dell’Ottocento e, a quanto pare, indossata dalla famiglia reale off-duty in qualunque situazione. Nella quarta stagione, ambientata tra la fine degli anni Settanta e il 1990, lo si vede praticamente in ogni scena, tanto che The Cut arriva a parlare di “Barbour Jacket Porn”. Emblematico l’episodio in cui Margaret Thatcher visita la famiglia reale al castello di Balmoral: il suo tailleur azzurro, poco adatto alla brughiera scozzese, contrasta in maniera grottesca con i Barbour color sottobosco dei reali, esaltando il divario, nell’Inghilterra classista, tra una lavoratrice di umili origini, (ancorché Primo Ministro e conservatrice) e i nobili per nascita. Nello stesso episodio a Balmoral arriva anche Diana, che il suo Barbour classifica subito come una di famiglia. Per la prima volta, in molti, avranno provato una leggera simpatia per la Thatcher.

Nonostante l’uso eccessivo, bisognerebbe fare i complimenti alla costumista Amy Roberts (già premiata agli Emmy) per essere riuscita a rendere di nuovo desiderabile la vecchia giacca simbolo dell’understatement britannico, da tempo ormai archiviata nella memoria storica degli ex liceali bene. Le vendite di questo capo, di fatto mai svalutato, schizzano alle stelle, complici i saldi del Black Friday, ma anche per l’usato i prezzi rimangono medio-alti (200 euro per un capo di seconda mano in buone condizioni, con un ribasso del 40 per cento rispetto al valore originale). Nel frattempo su internet arrivano i meme e chi non può permettersi la giacca si dà allo scrolling compulsivo sugli account Instagram retro-inspired. Non è certo la prima volta che il Barbour fa la sua comparsa sullo schermo: da James Bond a Harry Potter, sono diversi i personaggi, perlopiù British, ad aver indossato la giacca, ma evidentemente nessuno di loro ha l’appeal della famiglia reale, a dimostrazione del fatto che, se la monarchia è sul viale del tramonto, l’interesse per una delle famiglie più controverse, bigotte e bacchettone del mondo è tutt’altro che tramontato.

Lady Diana indossa un Barbour in una foto diventata celebre

Il marchio Barbour nasce in Inghilterra nel 1894 come J. Barbour & Sons, Tailors and Drapers, produttori di cappotti e giacconi impermeabili pensati per proteggere dalle intemperie del clima pescatori e marinai del posto. “L’abbigliamento migliore per il clima peggiore”, recitava un vecchio slogan. Nel 1974 il marchio riceve la prima Royal Warrant, marchio di riconoscimento attribuito a aziende fornitrici di prodotti e servizi alla casa reale inglese; ad oggi ne conta tre: una da parte del Duca di Edimburgo, una da parte della Regina e una da parte del Principe Carlo. Il boom risale al 1982, quando Diana Spencer viene fotografata con addosso un Bedale verde con cappuccio.

Sono gli anni degli Sloane Rangers, i giovani upper class della Londra conservatrice che bazzicano Chelsea e Kensington ostentando il loro status con i foulard di Hermès e l’onnipresente tweed. Il Barbour fa parte della loro discreta e sofisticata divisa da giorno. Il successo del marchio varca i confini e in Italia si afferma come uniforme urbana dei figli adolescenti della buona borghesia. Alla fine degli Novanta Lady Diana muore, il consenso verso la famiglia reale crolla, e crolla anche il Barbour, che le masse hanno sostituito ormai da tempo con il Woolrich e con i cappottini in doppio petto in stile parigino. Ma non sparisce del tutto (dal guardaroba maschile, a dirla tutta, non è mai sparito) piuttosto diventa di nicchia: sempre in voga tra i meno giovani, ma resta per esempio tra le celebrity al festival di Glastonbury, soprattutto Kate Moss e Alexa Chung.

Oggi, il ritorno alla ribalta del Barbour lo si attribuisce proprio a The Crown di Lady Diana, alla sua storia drammatica e alla sua attitudine non conformista che, stando ai media, fa presa anche sui giovani nati dopo la sua morte. Ma è una visione un po’ semplicistica. Certo, la principessa lo indossava in maniera invidiabile, e altrettanto fa l’attrice Emma Corrin, ma Diana, per quanto rimanga una figura complessa e ancora oggi molto amata, è un personaggio figlio del suo tempo. Quello che negli Ottanta veniva visto come non-conformismo oggi ci appare estremamente naïf ed è probabile che ai giorni nostri il matrimonio con il Principe Carlo sarebbe andato in maniera molto diversa, o non ci sarebbe stato affatto. Il femminismo contemporaneo, al quale si interessano le nuove generazioni, ha davvero poco a che vedere con quello che, a suo tempo, incarnava Diana. Piuttosto trova migliore rappresentazione nella Principessa Anna, secondogenita della Regina e anche lei figura di spicco nella serie televisiva, la quale riesce a destreggiarsi senza alcuna fatica tra valori vetusti e modernità, a giocare secondo le sue regole pur mantenendo fede ai suoi obblighi da reale, e a pretendere rispetto dagli uomini anche quando le sue relazioni non vanno a buon fine. Lei il Barbour lo indossa perché va a cavallo, non per moda ma per sport.

Le serie televisive parlano d’altronde il linguaggio contemporaneo e sono capaci di creare un fortissimo livello di empatia tra personaggi e pubblico.  Forse non è tanto il Barbour in sé a farci sognare, ma piuttosto quello che rappresenta: in quest’epoca di anarchia stilistica, di pigiama come tenuta da ufficio, di tuta come daywear e di eveningwear che manco sappiamo più cos’e, qualcuno prova una certa nostalgia per quei rigidi codici stilistici – di fatto mai sperimentati in prima persona – che caratterizzavano non solo l’Inghilterra Thatcheriana ma gli anni Ottanta in generale, con buona pace del Labour party e dell’iperconsumismo. Tutto questo non ritornerà e forse è meglio così, ma spiegherebbe, lasciando stare la povera Lady Di, questa rinnovata fascinazione per una giacca borghese, poco lusinghiera e, stilisticamente e non solo, decisamente passè