Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
Per rifare la Serie A
Le cose che ci siamo detti a Studio in Triennale: oltre le battute su Luciano Moggi, Andrea Agnelli ha parlato a lungo (con Simon Kuper) dello stato del calcio italiano, di cosa significa amministrare uno stadio di proprietà, di quali modelli prendere a riferimento.

Studio in Triennale si è aperto con il talk in collaborazione con Undici, la nuova rivista calcistica “cugina” di Studio, e diretta da Giuseppe De Bellis. Il talk, poco sorprendentemente, affrontava il tema del calcio. Non il calcio giocato oggi, o meglio non strettamente: il modello del calcio del futuro, e con un’attenzione particolare al calcio italiano, da troppi anni in crisi e incapace di sollevarsi. A parlarne sono stati Andrea Agnelli, presidente della Juventus, e – nel ruolo di intervistatore – Simon Kuper, editorialista del Financial Timesi e collaboratore di Undici.
Agnelli ha avuto spazio per ricordare i primi anni di tifo, la tradizione familiare, la storia antica e più recente della Juventus, senza escludere gli anni che hanno portato più polemiche: quelli immediatamente pre e post 2006. Per quanto riguarda il “modello Juventus”, il cui fiore all’occhiello è lo Stadium, e la sua possibile diffusione italiana, Agnelli ha sottolineato lo sforzo positivo di alcune società ma il gap che ancora separa l’Italia da nazioni virtuose come, soprattutto, Germania e Inghilterra. Ha definito la Premier League il vero benchmark della Serie A. Uno stadio contemporaneo, ha spiegato, deve prevedere un utilizzo che non sia quello esclusivo della partita, da due ore: deve essere ospitale e offrire servizi per almeno quattro ore; le strutture devono essere nuove e curate, perché è dimostrato che uno stadio pulito e funzionante è il primo deterrente verso danneggiamenti e vandalismi.
Un importante punto affrontato è stato quello della permanenza di grandi giocatori come Arturo Vidal o Paul Pogba. Andrea Agnelli ha descritto il campionato di Serie A come «un campionato di passaggio», e non più un campionato di arrivo. A pagare per questa situazione sono tutti i club, e la cosa, se non limitata da una politica oculata, rischia di essere un pericoloso e continuo corto-circuito: se nemmeno i top club riescono a trattenere i più forti calciatori del mondo, le competizioni internazionali andranno sempre peggio, e da ciò deriverà un ulteriore impoverimento della Serie A tutta, e così via. Anche per questo Andrea Agnelli ha ribadito il suo sostegno al progetto di Demetrio Albertini alla guida della Figc. Ciò che deve rendere vivo il calcio è quello che il presidente di Juventus FC ha chiamato “coopetition”: competere con le altre cosiddette “big”, ossia le squadre rivali, in campo, ma collaborare fuori dal campo, per creare modelli di business e sostenibilità.
Infine, una speranza per l’Italia. Per Agnelli, ciò che non manca è la vera benzina del calcio, ovvero la passione dei tifosi. È l’ingrediente primo per far ripartire la “macchina” un tempo ammirata da tutto il mondo che si chiama Serie A.
Fotografie: Studio fotografico Lops

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.