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Cos’è AlUla, uno tra i più interessanti progetti di sviluppo culturale del mondo arabo degli ultimi anni

In meno di dieci anni sono stati costruiti musei, progetti di land art nel deserto e residenze artistiche per la produzione di mostre fotografiche come AlUla: a tapestry of creativity, esposta tra agosto e settembre a Monte Carlo.

di Enrico Ratto

È la storia del futuro quella che si vuole costruire ad AlUla, oasi nel deserto dell’Arabia Saudita, tra i più interessanti progetti di sviluppo culturale del mondo arabo degli ultimi anni. Una storia lunga settemila anni, baricentro di viaggi e scambi commerciali, da sempre AlUla è luogo dedicato alla creatività. Ma è dal 2017 che, attraverso la Royal Commission for AlUla, è stato definito un masterplan per la sua ricostruzione identitaria. In meno di dieci anni sono stati costruiti musei, organizzate esposizioni e spettacolari progetti di land art nel deserto, residenze artistiche per la produzione di mostre fotografiche come AlUla: a tapestry of creativity, esposta tra agosto e settembre a Monte Carlo.

Proprio durante i giorni inaugurali della mostra, che ha visto coinvolti otto fotografi con vari focus – dalla moda di Huda Beydoun all’architettura di Robert Polidori – abbiamo incontrato Nora Aldabal, Executive Director of Arts and Creative Projects per la Royal Commissiojn di AlUla, per capire quali sono i vettori del progetto “Arts AlUla”. E, soprattutto dopo aver assistito negli ultimi trent’anni allo sviluppo urbano e turistico di diverse aree del medio oriente, quali sono gli errori da non commettere.

Perché, tra molte possibilità, per la ricostruzione identitaria di AlUla è stata scelta l’arte?
Per migliaia di anni AlUla è stato un luogo di civilizzazione e di incroci culturali, un’oasi nel deserto saudita dove i viaggiatori si fermavano per poi riprendere il cammino. Nel 2017, la Royal Commission for AlUla è partita da qui per scrivere un masterplan che si sviluppa su due fronti. Da una parte raccontiamo il percorso storico millenario di AlUla, dall’altra ci interroghiamo sul contemporaneo e discutiamo di futuro. Dati questi obiettivi, abbiamo ritenuto che l’arte e la cultura fossero i pilastri chiave per lo sviluppo di AlUla.

Arti visive, land art, scultura e naturalmente fotografia, come vediamo in questi giorni a Monaco. Avete preferenze o fa tutto parte di un ecosistema?
Abbiamo quindici asset culturali, che includono anche la costruzione di un certo numero di musei. Stiamo lavorando intensamente sulla costruzione di contenuti e sulla costruzione di un pubblico. Non è quindi un fatto di preferenze e di discipline su cui puntare, ma è capire come questi progetti di sviluppo possano essere integrati.

E poi c’è la moda. Abbiamo visto che in questi ultimi anni molta moda è arrivata ad AlUla. Quale è il suo ruolo?
La moda è un asset chiave dello sviluppo di AlUla. Stiamo lavorando per lo sviluppo dei talenti e diversi designer affermati sono stati incentivati a venire ad AlUla per sviluppare collezioni. Un edificio storico di AlUla, un’antica scuola femminile, è stato trasformato in un centro di arte e design. La prima cosa su cui ci siamo concentrati, prima ancora di sviluppare qualsiasi tipo di creatività, è stato capire quale fossero i colori naturali di AlUla. Ma non solo da un punto di vista di palette, ci interessava capire quali fossero i pigmenti naturali che potevamo ricavare dal territorio di AlUla. Stimoli come questo attraggono i designer in questo territorio.

Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito allo sviluppo intensivo di alcune regioni dei paesi arabi dove turismo, scelte urbanistiche e contenuti culturali hanno prodotto risultati discutibili. Quali sono gli errori da non commettere?
Non credo ci siano progetti sbagliati, ci sono sfide diverse. AlUla ha perseguito un progetto di sviluppo urbanistico molto integrato con il paesaggio, abbiamo voluto conservare l’autenticità millenaria di questo luogo. È un percorso differente rispetto ad altri progetti di sviluppo a cui abbiamo assistito nel mondo arabo negli ultimi decenni. Chi visita AlUla si trova all’interno di un viaggio che lo conduce da un panorama naturale all’altro.

Nel 2023 la Royal Commission ha firmato un accordo con il Centre Pompidou di Parigi. Questo accordo non è mono direzionale – non è finalizzato a trasferire ad AlUla l’arte, il brand, il pubblico del Pompidou – ma è uno scambio nelle due direzioni.
Infatti non abbiamo voluto un modello di franchising, non usiamo il marchio del Centre Pompidou. Abbiamo lavorato insieme su un nuovo paradigma di museo. Entrambi lavoriamo per costruire il centro della cultura del futuro, d’altra parte questa fu la mission del Centre Pompidou ai tempi della sua costruzione. E oggi le domande che ci poniamo sul museo del futuro sono molte. Per questo, abbiamo coinvolto architetti come Lina Ghotmeh, con la quale ci stiamo interrogando su quale sia il vero lavoro, sostenibile, che possiamo svolgere all’interno del paesaggio naturale di AlUla. In realtà, ci stiamo domandando anche un’altra cosa, più profonda: che cosa è un museo?

Importanti nello sviluppo di AlUla sono le residenze artistiche, qui a Monaco ne vediamo un esempio. Quale ruolo ricoprono nel progetto?
Gli artisti ci possono offrire un punto di vista per comprendere comprendere AlUla. Non si tratta solo di inviti rivolti ad artisti che arrivano dall’esterno, stiamo lavorando molto anche con la comunità interna di AlUla. Ricordo che nel 2020, la prima esposizione di DesertX AlUla ruotava intorno alla percezione che i locali avevano di AlUla. Le residenze non possono essere isolate dal contesto.

Parliamo della fotografia, delle immagini e della loro capacità di raccontare il mondo contemporaneo. In occidente, spesso il mondo arabo è mostrato con una certa critica. Quali aspetti del mondo arabo vi interessa che i fotografi facciano emergere?
Non si tratta di rappresentare il mondo arabo nel suo insieme, sarebbe una scelta superficiale. Gli artisti hanno utilizzato la fotografia per lavorare su casi molto specifici, per fare ricerca su un’area specifica, su una costruzione, su alcuni tessuti, su alcuni reperti archeologici, su alcuni elementi naturali come le piante. Ad AlUla lavorano artisti nel pieno della loro indipendenza, non utilizziamo la fotografia e le immagini prodotte da questi artisti per esaltare una certa narrazione di AlUla.

Quale orizzonte temporale ha il progetto AlUla?

Ci sono settemila anni di passato. Ma se ci chiedi il significato di tutto questo lavoro, posso rispondere che stiamo costruendo la storia del futuro. Sono progetti per le generazioni future.