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01:09 domenica 23 novembre 2025
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.
I farmaci dimagranti come l’Ozempic si starebbero dimostrando efficaci anche contro le dipendenze da alcol e droghe La ricerca è ancora agli inizi, ma sono già molti i medici che segnalano che questi farmaci stanno aiutando i pazienti anche contro le dipendenze.
Kevin Spacey ha raccontato di essere senza fissa dimora, di vivere in alberghi e Airbnb e che per guadagnare deve fare spettacoli nelle discoteche a Cipro L'ultima esibizione l'ha fatta nella discoteca Monte Caputo di Limisso, biglietto d'ingresso fino a 1200 euro.
Isabella Rossellini ha detto che oggi non è mai abbastanza vecchia per i ruoli da vecchia, dopo anni in cui le dicevano che non era abbastanza giovane per i ruoli da giovane In un reel su Instagram l'attrice ha ribadito ancora una volta che il cinema ha un grave problema con l'età delle donne. 
Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, le donazioni per Gaza si sono quasi azzerate Diverse organizzazioni umanitarie, sia molto piccole che le più grandi, riportano cali del 30 per cento, anche del 50, in alcuni casi interruzioni totali.
Lorenzo Bertelli, il figlio di Miuccia Prada, sarà il nuovo presidente di Versace Lo ha rivelato nell'ultimo episodio del podcast di Bloomberg, Quello che i soldi non dicono.
Il più importante premio letterario della Nuova Zelanda ha squalificato due partecipanti perché le copertine dei loro libri erano fatte con l’AI L'organizzatore ha detto che la decisione era necessario perché è importante contrastare l'uso dell'AI nell'industria creativa.
Per evitare altre rapine, verrà costruita una stazione di polizia direttamente dentro il Louvre E non solo: nei prossimi mesi arriveranno più fondi, più telecamere, più monitor, più barriere e più addetti alla sicurezza.

Alessandro Barbero, lo storico diventato una star

Lo strano caso del successo trasversale di un umanista.

21 Luglio 2020

Più delle conferenze prese d’assalto, più delle vendite dei libri, più dei successi del podcast, è stato quando hanno cominciato a fioccare i meme, le gif, le canzoncine con le campionature, le pagine Facebook, perfino le imitazioni su YouTube, che ne abbiamo avuta la conferma definitiva: Alessandro Barbero è ormai approdato nello stardom. È un processo in atto da diversi anni al punto che Barbero ha persino dei fan della prima ora che guardano con sospetto gli aficionados di oggi, con quel genere di attaccamento e gelosia che si attiva solo per le celebrità del pop. (Nel mio piccolo conservo la schermata del telefono di Spotify da cui risulta che, nel 2019, Barbero è stato il mio artista preferito, come Kendrick Lamar nel 2017 o i Daft Punk nel 2013). Esisteranno altri intellettuali che raggiungono con i loro messaggi un pubblico altrettanto numeroso, ma è molto difficile trovare qualcuno che riesca come lui a suscitare un consenso paragonabile e così devoto: Barbero non si discute, si venera. Ciò che lo rende unico, infatti, non sono i numeri, ma l’adesione al suo stile e al suo impegno da parte dei suoi ascoltatori più assidui: Barbero non si ascolta, si aderisce alle sue parole.

Ho chiesto a molti ascoltatori quali erano, secondo loro, le ragioni di questa influenza: c’è chi ha parlato della capacità di empatia – ci sono storici altrettanto preparati, ma nessuno che sembri proprio felice di parlarti di storia come lui, sorridente e mai serioso. C’è chi mi ha parlato di maestria nello storytelling e chi ha celebrato il gusto per l’aneddotica e il particolare illuminante. Altri mi hanno detto della cura nel saper adattare il discorso a seconda dell’uditorio o di quella nella scelta di quali temi toccare. Altri ancora della capacità di coordinare branche del sapere diverse o dell’esperienza con cui sa toccare tutte le corde emotive giuste. Ma forse la vera chiave del suo successo me l’ha offerta Pasquale Palmieri, un professore di storia moderna dell’Università Federico II di Napoli, dicendomi che Barbero, prima ancora che un grande storico è un grande umanista, nel senso più ampio e nobile del termine. In un mondo che tende a iperspecializzare il sapere, soprattutto in ambito accademico, Barbero ha la capacità di rispondere, o almeno di provare a rispondere, alle domande che stanno a cuore. Come dobbiamo comportarci con l’immigrazione? Vediamo come si è comportato l’Impero Romano. Come dobbiamo comportarci con la tolleranza religiosa? Vediamo come si comportava l’Impero Ottomano. Cosa sono lo scontro di civiltà e la jihad? Scopriamo come i cristiani sono passati da non violenti a violenti e da perseguitati a persecutori in breve tempo (spunto utile pure per parlare di cancel culture). Perché tutti i loro sistemi sono andati in crisi? L’abilità di Barbero sta proprio nell’allargare il senso dei problemi dallo ieri all’oggi e viceversa, senza tuttavia cedere all’idea consolatoria che la storia possa esserci utile perché si ripete (e quindi senza le semplificazioni di chi piega la storia per bastonare o compiacere la politica di oggi). Questo rigore e questo metodo critico: la capacità di problematizzare un tema, ma senza chiuderlo con una risposta preconfezionata, viene riconosciuta e premiata.

È uscito da poco un libro di Francesco Guglieri per Laterza, Leggere la terra e il cielo. Letteratura scientifica per non scienziati in cui si parla del successo dei libri di divulgazione scientifica negli ultimi anni, e delle vertigini che provocano. Accanto a essi esiste anche il successo di libri di divulgazione storica o, meglio ancora per l’appunto, umanistica. Penso a Sapiens. Da animali a dei di Yuval Noah Harari o a Breve storia di (quasi) tutto di Bill Bryson e prima ancora Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond. Anche dove gli autori non sono storici di professione la capacità di sfuggire alla specializzazione delle materie e di riuscire in una descrizione ampia dei fenomeni ha spalancato le porte di un enorme successo di pubblico, esattamente come succede da noi con Barbero. Allo stesso modo, possiamo sospettare che il prossimo libro dello storico, sulla figura di Dante, cioè il tema più specificatamente letterario che esista, confermerà la sua capacità di evitare la specializzazione non per semplificare, ma per astrarre, nel senso di saper ricavare dalla distanza dai fatti il messaggio universale.

Poche settimane fa, al culmine della polemica sulle statue, ho temuto che perfino il suo piedistallo vacillasse. In un’intervista di Daniela Ranieri, densa di stimoli come raramente accade, c’erano diverse risposte che date da altri avrebbero provocato accuse di boomer, maschio bianco, imperialista, razzista e tutto l’armamentario di accuse preconfezionate senza argomenti. Frasi come: «Chi sono questi stronzi che nel passato si permettevano di avere valori diversi dai nostri? Cancelliamoli. Non voglio dire che stiamo sullo stesso solco di quelli che sbarcavano in Australia e cancellavano gli aborigeni, ma l’istinto inconscio è quello». O anche «si è andato costruendo il meccanismo del politicamente corretto, un esempio di come le buone intenzioni possano produrre effetti perversi. Uguaglianza e condanna del razzismo vanno difesi da chiunque li minacci. Ma il fatto che ci fosse gente nel passato che non condivideva quei valori non è una minaccia. Lo diventa se noi abbiamo paura. Cosa rischiamo? Rischiamo se la buttiamo giù. Finché la statua di Colombo c’è, ci sarà qualcuno che pensa sia un grande uomo che ha conquistato l’America, e tanti che pensano che ha fatto qualcosa di grande senza immaginare che avrebbe provocato una tragedia. C’è molto da imparare in questo». Perché Barbero è stato risparmiato dalla furia? Timore di discutere con uno storico la cui opinione è sicuramente più documentata di quella di chi ha continuato a citare negli esempi solo gli imperatori romani o le piramidi? (Non solo i detrattori, ma pure i fautori delle statue). Difficile, non succede neanche con le scienze esatte, sarebbe la prima volta che una polemica social viene evitata per il rispetto del principio d’autorità. Ma non so trovare una risposta migliore. Forse dobbiamo lasciare anche questa domanda inevasa. Se, però, Barbero avesse trovato il modo di dire la sua senza finire fagocitato dal meccanismo beh, questo sarebbe ancora più miracoloso che far scoprire l’origine delle parole longobarde nella lingua italiana (zuffa, faida, spranga – uno dei suoi brani più celebri) o far appassionare alla storia persone altrimenti abitati a usarla solo per piegarla alle necessità polemiche di oggi.

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