In futuro, d’estate ce ne andremo tutti al freddo

La crisi climatica sta cambiando il modo in cui organizziamo le vacanze: le ferie d'agosto diventeranno forse una cosa del passato, la priorità sarà trovare un luogo freddo e non troppo turistificato in cui fuggire.

07 Luglio 2025

Per rendersi conto dell’avvento di un cambiamento spesso serve un evento traumatico. Per migliaia di turisti inglesi questo evento traumatico sono stati gli incendi che hanno consumato centinaia di isole greche nell’estate del 2023. Di fronte alle fiamme che si avvicinano all’albergo e alla spiaggia, molti hanno cominciato a vedere oltre il mito della vacanza mediterranea. Dal fuoco sono emersi i contorni di una nuova Europa del sud, troppo calda e troppo a rischio di eventi climatici estremi per essere (ancora) una meta turistica estiva desiderabile.

Coolcation, stiamo freschi

Le temperature record del mar Mediterraneo hanno spinto una tendenza che è diventata evidente solo quando una seducente crasi giornalistica ha permesso a chi cercava su Google “vacanze al fresco” di usare una sola parola. La coolcation, termine coniato dalla rivista di settore Condé Nast Traveller nel 2024, è rapidamente diventata una keyword per articoli dedicati alle mete vacanziere refrigeranti, oltre che un hashtag usato dagli influencer per abituare il loro pubblico all’idea di passare l’estate col cardigan e i calzini lunghi.

Non è un caso se i turisti inglesi siano stati i primi ad accorgersi del fenomeno coolcation, mi spiega Maria Teresa Omedé di Le vie del Nord SrL, agenzia viaggi specializzata in mete turistiche “fredde”. Conosce bene sia la clientela nostrana che quella anglosassone e, mi assicura, non potrebbero essere più diverse: «I turisti inglesi sono molto razionali e grandi pianificatori, si muovono con larghissimo anticipo. Hanno pianificato tutti i loro spostamenti fino alla primavera del 2026, stanno già ragionando sugli anni successivi».

Nei loro piani ferie sembra abbia un peso sempre più rilevante il cambiamento climatico, tanto da essere già la terza voce prioritaria quando si tratta di decidere il luogo in cui passare le vacanze. Prima vengono solo la sicurezza (comprensibile, vista la situazione internazionale) e i costi. Secondo il report di aprile 2025 della Commissione Europea del Turismo, il 28 per cento dei vacanzieri europei dà priorità a destinazioni con temperature miti, preoccupato dall’impatto dei cambiamenti climatici sulle proprie vacanze.

La coolcation è una tendenza di così recente sviluppo, un cambiamento costante ma a bassa intensità, che si comincia a fotografarlo solo ora e solo mettendo bene a fuoco. Guardando ai dati macro, infatti, a farla da padrone nelle vacanze estive degli europei sono ancora le mete mediterranee come Spagna, Italia e Francia, anche se nell’ultimo anno la popolarità delle stesse è calata del 8 per cento.

Come evidenziato da un approfondito reportage della Bbc, nel Regno Unito apripista di questo trend si guarda con sempre più interesse alle fresche spiagge della Scandinavia. Da quando nel 2024 Norwegian Air ha potenziato l’offerta di voli dall’Europa, la domanda è aumentata del 100 per cento. Come meta per la coolcation è quindi gettonatissima la triade scandinava, seguita da Danimarca, Islanda e, per chi può, Alaska, Canada e Groenlandia. Quest’ultima è la nuova arrivata nel panorama in via di definizione delle vacanze al freddo. Il sito VisitGroelandia riporta come nel Paese apriranno tre nuovi aeroporti destinati alle rotte commerciali entro il 2026, segno che anche da quelle parti si punta sul turismo.

Staycation, stiamo a casa

Ricca di bellezze paesaggistiche, lontana dal caldo e dalla folla, la coolcation ha una sola, grossa controindicazione: guarda a mete tradizionalmente molto, molto care. Dati i costi spesso proibitivi del nord Europa, in Inghilterra chi non può spendere troppo cede a un’altra tendenza ottimamente riassunta da una crasi giornalistica: la staycation, la vacanza entro i confini nazionali. L’alternativa, per non lasciare la stessa spiaggia e lo stesso mare di sempre, è sfogliare il calendario: il 18 per cento degli europei ha spostato il periodo in cui parte per la vacanza in primavera o in autunno.

Queste microtendenze sembrano essere le avvisaglie di un cambiamento epocale, che spazzerà via i residui di quelle ferie estive decise nei tempi e nei modi da un mondo che non c’è più. Il mondo in cui in Italia tutti andavano al mare ad agosto perché chiudeva la Fiat con tutto l’indotto e si fermava mezzo Paese: al mare si stava bene con il clima gentile del Mediterraneo che fu e senza traccia di overtourism.

Alle porte c’è un cambiamento che rischia di essere apocalittico se non compreso e affrontato nell’immediato, ora che c’è ancora spazio di manovra. Sul fronte turistico ci aspetta un futuro che oggi ci sembra impensabile: quello in cui il Bel Paese perde il suo fascino perché troppo caldo, e perde pure le spiagge a causa dell’innalzamento del livello del mare come avviene in Spagna e i turisti estivi come iniziano ad accorgersi in Grecia.

A differenza di quanto succede in Italia però, nel settore turistico dei nostri vicini mediterranei qualcosa si muove già, come riportato dall’indagine Bbc già citata. C’è chi sposta le attività sugli orari notturni, chi allunga la stagione o la anticipa. Lo scenario futuro infatti pone delle sfide che rischiano di essere impossibili se ci si ridurrà, come da consuetudine italiana, ad affrontarle all’ultimo minuto, a cose fatte, in modalità emergenziale.

Pianificato analiticamente, il turismo deciso dal clima può fornire addirittura la possibilità di ovviare ad annosi problemi del settore. Incentivare l’offerta turistica nella stagione primaverile e autunnale potrebbe ridurre la stagionalità di un settore che costringe i suoi lavoratori alla precarietà perché rimane fermo per sei mesi l’anno. Un calendario pensato per turismo “caldo” e low cost per le staycation estive e più mite e caro nelle mezze stagioni per gli europei trasformerebbe il concetto di alta e bassa stagione. Così facendo si allungherebbe il periodo di attività delle strutture ricettive e si porrebbe un freno all’overtourism, spargendo le presenze su periodi più lunghi nel corso dell’anno ed evitando così che le mete turistiche diventino formicai. Adeguandosi alle imposizioni del caldo, insomma, si potrebbero creare flussi turistici più gestibili.

L’ostinazione italiana

Il problema è che, sia quando c’è da accogliere sia quando bisogna partire, gli italiani sono a dir poco caratteriali: «Anche chi ha disponibilità economiche importanti e può partire quando vuole, spesso lo fa all’ultimo. Ora che fa molto caldo magari viene voglia di scappare al fresco, ma appena torna il freddo, quest’urgenza svanisce» mi confida Omedé. Lo conferma chi ha il polso della situazione, ovvero i titolari delle agenzie viaggi. A loro si rivolge una clientela dalla disponibilità economica importante, le cui scelte quindi non sono “inquinate” dalle ristrettezze di budget. La musica però non cambia: ogni titolare interpellato mi assicura che da noi si rimane fedeli alla vacanza al mare d’agosto. Davide Terrone di Jojoba Tour è lapidario: «Il 95 per cento della clientela d’estate vuole andare al mare».

Gli italiani non temono il caldo, dunque, ma hanno avuto anche loro un evento traumatico che li ha spinti più a nord, lontano dalle mete consuete. Terrone mi spiega: «La pandemia è stata uno spartiacque: i nostri clienti cercavano mete poco affollate e hanno preso in considerazione destinazioni come la Scandinavia, che prima non avevano mai considerato. Dal 2021 in poi, con un ottimo passaparola, sono diventate mete sempre più popolari, con in testa la Norvegia».

La Norvegia è il rifugio dal caldo preferito dagli italiani durante l’estate: me lo conferma anche Fabio Mirabelli di Nordic Light Travel, agenzia specializzata nelle mete del nord del mondo: «La Norvegia è in costante crescita per l’estate e anche l’Islanda, nonostante i prezzi siano diventati quasi proibitivi per l’eccessiva affluenza turistica». E poi il Canada e la Finlandia, regina dell’inverno turistico, anche se Omedé di Le vie del Nord mi spiega sconsolata: «Tra le grandi Lapponie, i turisti italiani scelgono quasi esclusivamente quella finlandese, per via di Babbo Natale. Noi ci proviamo a fare scoprire quella norvegese, più autentica e incontaminata, ma l’italiano in vacanza in Scandinavia in inverno vuole vedere Babbo Natale, non si scappa».

Sia sul fronte dell’accoglienza sia su quello del viaggio, il popolo italiano esce da questa breve indagine come attaccato alla tradizione più del resto d’Europa, legato a ritmi e luoghi ereditati da un mondo che vive solo nel rimpianto nostalgico di chi l’ha vissuto e nei programmi di chiusura di molti capi d’azienda che vogliono mandare tutti in ferie a Ferragosto e chiudere bottega. Pazienza se i dipendenti trascorreranno le loro ferie in località caldissime, sovraffollate e dai prezzi vertiginosi, perché nel pieno picco di una stagione che in realtà sta già cambiando e non solo dal punto di vista climatico.

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