Hype ↓
16:20 mercoledì 2 luglio 2025
Il leak del trailer dell’Odissea di Christopher Nolan era ampiamente prevedibile Il piano era di proiettarlo nelle sale americane per tutto il mese di luglio, ma ovviamente qualcuno ne ha fatto un video con lo smartphone.
Le prime immagini della serie di Neuromante le ha fatte vedere William Gibson Lo scrittore ha condiviso su X una breve clip in cui si vede il leggendario bar Chatsubo di Chiba City: «Neuromancer is in production», ha annunciato.
L’Unione Europea ha stabilito che sapere quanto guadagnano i propri colleghi è un diritto Lo ha fatto con una direttiva che l’Italia deve recepire entro il 2026. L'obiettivo è una maggiore trasparenza e, soprattutto, contribuire alla diminuzione del gap salariale tra uomini e donne.
Grazie all’accordo tra Netflix e la Nasa ora si potrà fare binge watching anche dell’esplorazione spaziale Il servizio di streaming trasmetterà in diretta tutta la stagione dei lanci spaziali, comprese le passeggiate nello spazio degli astronauti.
Gli asini non sono affatto stupidi e se hanno questa reputazione è per colpa del classismo Diverse ricerche hanno ormai stabilito che sono intelligenti quanto i cavalli, la loro cattiva fama ha a che vedere con l'associazione alle classi sociali più umili.
In Turchia ci sono proteste e arresti per una vignetta su Maometto pubblicata da un giornale satirico Almeno, secondo le autorità e i manifestanti la vignetta ritrarrebbe il profeta, ma il direttore del giornale ha spiegato che non è affatto così.
Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.

Il Met Gala di Karl Lagerfeld

Ha inaugurato a New York, con la solita parata di celebrity, la grande mostra dedicata a una delle figure più controverse e irripetibili della moda.

02 Maggio 2023

Non avendo un tema “largo” come lo erano stati negli ultimi anni il camp (nel 2019) o la moda americana (nel 2022), quest’anno il gala indetto dal Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York si è trasformato nella celebrazione di una sola personalità, e della sua irripetibile carriera. Una carriera che la retrospettiva “Karl Lagerfeld: A Line of Beauty” ripercorre attraverso più di centocinquanta abiti d’archivio e schizzi originali organizzati, com’è sempre più frequente nelle mostre di moda oggi, non in ordine cronologico ma secondo “temi” (anche qui) però in contrasto fra di loro, come romantico e militare, storico e futuristico, floreale e geometrico e così via. L’idea è di raccontare uno stilista, Lagerfeld, che alla sua scomparsa nel febbraio 2019 ricordavamo come «uno dei pochi rimasti a poter fare tutto, sdoganare tutto, dire tutto», in carica da Fendi sin dal 1965 e da Chanel dal 1983 e lì rimasto fino al giorno della sua morte, praticamente un monumento, anzi un museo lui stesso.

Ci piace pensare che se lo avessero intervistato a margine del red carpet (che in realtà non era rosso ma bianco, disegnato, come tutto l’allestimento della mostra, da Tadao Ando), avrebbe detto una delle sue proverbiali cattiverie senza risparmiare nessuno, tra chi è andato sì a scavare negli archivi ma poi ha deciso di lasciare a casa giacca e cappellino (come Dua Lipa, che ha indossato l’abito da sposa Chanel Haute Couture 1992 con cui sfilò Claudia Schiffer) e chi non ce la fa a non essere letterale, vedi Kim Kardashian e Lil Nas X con le perle e Jared Leto e Doja Cat vestiti da Choupette, il gatto di Lagerfeld, nonché suo erede, che all’evento non si è mica presentato (c’era uno scarafaggio, però, #NYmoment). Almeno Doja Cat ha miagolato in risposta alle domande di Emma Chamberlain, questo magari lo avrebbe apprezzato.

D’altra parte, come ha ricordato Lauren Sherman nella sua newsletter Line Sheet, Karl Lagerfeld non ha lasciato al mondo della moda qualcosa di tangibile come lo è una silhouette – come hanno fatto, ad esempio, Christian Dior o Yves Saint Laurent – quanto invece “un’attitudine”, un modo di prestarsi alla moda stessa e soprattutto di costruire la propria persona pubblica, immortalarsi, farsi icona. Nessuno più di lui ha infatti rincorso programmaticamente il culto della personalità nel corso della sua lunga vita e carriera, tanto nei marchi che ha saggiamente guidato per decenni quanto nel racconto che ha cucito su sé stesso per mostrarsi al mondo, lui che diceva alle donne grasse che erano grasse, anche se erano belle, che il #MeToo lo aveva stufato e i pantaloni della tuta un simbolo di fallimento e perdita di controllo: tutte cose che in queste ore avrete riletto fino alla nausea, compresa quella volta che disse di non sentirsi tedesco perché Angela Merkel accoglieva troppi migranti. Un uomo di altri tempi, che non ha senso giudicare con i canoni di oggi ma solo tramite i suoi traguardi nel campo che dominato per mezzo secolo, dice Sherman, ed è d’accordo con lei Carla Bruni, che alla conferenza stampa di presentazione della mostra – quella in cui Anna Wintour sedeva accanto a Roger Federer perché tutto può succedere quando si parla di Met Gala – ha detto che il suo amico Karl era uno abituato a dire tutto quello che pensava, e che lei lo amava per quello.

Indubbiamente, molte di quelle esternazioni servivano a creare un personaggio, un’armatura, un mito, lo stesso che è arrivato fino a oggi, nelle stanze del Met, sul tappeto non rosso pieno di celebrità insignificanti – per fortuna ci sono Rihanna in Valentino Haute Couture e Nicole Kidman con l’abito rosa della pubblicità del 2004 di Chanel N°5 – e nelle nostre timeline, dove in tanti hanno discusso in questi giorni sulla legittimità o meno di dedicare un’intera retrospettiva a qualcuno come Karl Lagerfeld. Lui il suo posto se l’è certamente meritato e se era difficile che queste “controversie” venissero inserite nel percorso espositivo, una riflessione su cosa sia oggi il potere, la rappresentazione di esso e più in generale la popolarità nella moda sarebbe interessante, proprio a partire da Karl Lagerfeld: senza le faide consumatesi nei decenni, senza i dimagrimenti eccezionali e strombazzati con tanto di best seller, senza il codino, le dichiarazioni scorrette e l’eccentricità come valore assoluto e scudo. O almeno senza che tutte queste cose siano di pubblico dominio: siamo sicuri le cose siano oggi davvero così diverse?

Articoli Suggeriti
La campagna per la borsa Valentino Garavani Viva Superstar sembra tratta da un film

Interamente in bianco e nero, è ispirata alla scena artistica degli anni Settanta ed è stata ideata dal Direttore Creativo Alessandro Michele e fotografata da Drew Vickers.

La prima volta di Jonathan Anderson da Dior è andata bene

Dopo le riuscite campagne di marketing dell’ultimo settimana, lo stilista nordirlandese ha fatto il suo debutto da Direttore creativo con una collezione che setta l’inizio del nuovo corso alla sua maniera.

Leggi anche ↓
La campagna per la borsa Valentino Garavani Viva Superstar sembra tratta da un film

Interamente in bianco e nero, è ispirata alla scena artistica degli anni Settanta ed è stata ideata dal Direttore Creativo Alessandro Michele e fotografata da Drew Vickers.

La prima volta di Jonathan Anderson da Dior è andata bene

Dopo le riuscite campagne di marketing dell’ultimo settimana, lo stilista nordirlandese ha fatto il suo debutto da Direttore creativo con una collezione che setta l’inizio del nuovo corso alla sua maniera.

Anna Wintour ha annunciato che non sarà più la direttrice di Vogue America

Ma ovviamente non ha alcuna intenzione di smettere di lavorare: resterà global editorial director di Vogue e la global chief content officer di Condé Nast.

Per la seconda edizione di Miu Miu Summer Reads si va a leggere al parco

Quest'anno l'evento dedicato alla letteratura ha scelto gli spazi verdi di diverse città internazionali.

Perché la moda ha smesso di stupire?

Il weekend lungo dedicato alle collezioni maschili, sempre più ristretto e sempre meno affollato, racconta bene la bizzarra situazione della moda oggi, che sembra non voler più lanciare grandi messaggi ma nascondersi nei vestiti che produce. Segno di tempi complicati o irrilevanza?

A Pitti Uomo tre brand che vogliono innovare il modo in cui si raccontano

I Guest Designer di questa edizione – Homme Plissé Issey Miyake, Niccolò Pasqualetti e Post Archive Faction – sono tre diversi esempi di come oggi i marchi, sia quelli con un heritage alle spalle che quelli di nuova generazione, provano a raccontarsi in un panorama sempre più difficile.