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01:33 martedì 1 luglio 2025
Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.
Tra i contenuti speciali del vinile di Virgin c’è anche una foto del pube di Lorde Almeno, secondo le più accreditate teorie elaborate sui social sarebbe il suo e la fotografia l'avrebbe scattata Talia Chetrit.
Con dei cori pro Palestina e contro l’IDF, i Bob Vylan hanno scatenato una delle peggiori shitstorm della storia di Glastonbury Accusati di hate speech da Starmer, licenziati dalla loro agenzia, cancellati da Bbc: tre giorni piuttosto intensi, per il duo.
La Rai vorrebbe abbandonare Sanremo (il Comune) e trasformare Sanremo (il festival) in un evento itinerante Sono settimane che la tv di Stato (e i discografici) litigano con il Comune: questioni di soldi, pare, che potrebbero portare alla fine del Festival per come lo conosciamo.
La storia del turista norvegese respinto dagli Stati Uniti per un meme su Vance sembrava falsa perché effettivamente lo era Non è stato rimpatriato per le foto salvate sul suo cellulare, ma semplicemente perché ha ammesso di aver consumato stupefacenti.
In Giappone è stato condannato a morte il famigerato “killer di Twitter” Takahiro Shiraishi è stato riconosciuto colpevole degli omicidi di nove ragazze. Erano tre anni che nel Paese non veniva eseguita nessuna pena capitale.
Per sposarsi a Venezia e farsi contestare dai veneziani Bezos ha speso almeno 40 milioni di euro Una cifra assurda che però non gli basta nemmeno per entrare nella Top 5 dei matrimoni più costosi di sempre.

Cultura per alieni

Il "Voyager Golden Record" viene pubblicato e commercializzato per la prima volta. È il primo, ma non unico, tentativo di ridurre la civiltà umana a una compilation.

04 Dicembre 2017

È notizia di questi giorni che il celebre “Voyager Golden Record” verrà per la prima volta pubblicato e commercializzato. Per chi non lo sapesse, si tratta di un disco spedito nel 1977 al seguito delle missioni Voyager 1 e 2, le sonde mandate in esplorazione del sistema solare e poi dello spazio interstellare e oggi tuttora in viaggio. Un disco che conteneva una compilation con la musica che avrebbe dovuto rappresentare la civiltà umana e che adesso è lontanissimo e solitario; tutte e due le copie viaggiano su oggetti che stanno uscendo dal sistema solare. Nonostante l’ecumenismo spaziale di Carl Sagan – la grande mente dietro le missioni Voyager – è probabile che nessuno lo ascolterà mai. In compenso possiamo ordinare un box, che comprende due cd e un libretto, alla modica somma di 50 dollari. E forse è più giusto così.

Sono svariati i tentativi dell’uomo di comunicare attraverso suoni (o immagini) con altre civiltà ignote, ma a essere puntigliosi questi tentativi possono in realtà essere ascritti a due categorie: quelli più concentrati sull’effettiva comunicazione e quindi sul lancio nell’etere di forme più o meno complesse di linguaggio e altre che si rivelano alla fine piuttosto un mezzo attraverso cui l’uomo riflette su stesso e sul modo di riassumere la sua presenza sulla Terra. In quest’ultima si può inserire il progetto del 2012 di Trevor Paglen The Last Pictures. Dichiaratamente ispirato all’idea di Carl Sagan, si tratta in questo caso di una raccolta di immagini emblematiche della storia umana spedite in orbita su un satellite geostazionario. I satelliti resteranno con tutta probabilità l’ultima testimonianza della nostra civiltà, continuando a orbitare intorno al pianeta ben oltre i limiti della loro operatività, dunque nel momento in cui una missione extraterrestre dovesse arrivare fin qui, troverà quel satellite che, come si legge sul sito di Paglen, «diventerà una nave fantasma che trasporta The Last Pictures per l’eternità». Cosa meno perturbante ma forse più utile per noi, The Last Pictures è diventato un libro, che non solo contiene le immagini selezionate, ma dà conto di quali ragionamenti sono stati fatti intorno alla selezione di quelle stesse immagini.

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Mentre il Guardian si chiede “Perché continuiamo a mandare musica nello spazio?“, commentando una recente iniziativa del Sonar, il noto festival di Barcellona, che ha spedito nella regione di un pianeta extra-solare una raffinata compilation di musica elettronica – il genere apparso più sensibile all’ispirazione spaziale (è quella che da umani immaginiamo possa essere la colonna sonora dell’universo) – trovo che la domanda fondamentale continui a essere quella relativa alla selezione. E cioè: se fossimo chiamati a scegliere cosa dire di noi umani, cosa sceglieremmo? Sul sito dell’etichetta che ha deciso di pubblicare il “Voyager Golden Record” attraverso una raccolta fondi su Kickstarter si legge che il disco è «un testamento del potenziale di scienza e arte che accende il senso dell’uomo per la curiosità e la meraviglia».

Più prosaicamente, come la stessa etichetta ricorda, il Voyager record è anche e soltanto una compilation, che contiene Beethoven, Mozart, Bach, Stravinskij, canti degli indiani Navajo o delle donne pigmee, e “Johnny B. Goode” di Chuck Berry come unico esempio di musica pop a noi più vicina. Una compilation che Anne Druyan, scrittrice e produttrice vedova di Sagan e parte di quel progetto, parlando con Time in occasione dei 40 anni della missione, ha definito «il nostro tentativo di creare un’Arca di Noè della cultura umana». Una grande responsabilità insomma, come del resto la stessa Druyan ammette.

La difficoltà della scelta è quella di misurarsi con un patrimonio culturale enorme e millenario cercando di restituire un’immagine sintetica. Ogni scelta deve sacrificarne un’altra. Venuti a contatto con una delle due sonde, gli alieni potrebbero per esempio ascoltare i canti delle donne pigmee, di cui poco o nulla sappiamo noi che viviamo in questo tempo a solo qualche migliaio di chilometri, e non venire a conoscenza di “Imagine”, le cui note sono conosciute a memoria da mezzo mondo. Il problema resta quella della quantità e della relativa impossibilità di ridurla. E tutto questo diventa al tempo stesso insensato e vertiginoso se guardiamo la famosa foto del “Blue Pale Dot”, scattata dallo stesso Voyager 1, che ci pone i di fronte all’evidenza che in realtà potremmo esser ridotti perfino a un minuscolo puntino sbiadito.

In evidenza: immagine del “Voyager Golden Record”. All’interno: il famoso scatto del Blue Pale Dot (la Terra vista come un puntino) realizzato dal Voyager 1.
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