Hype ↓
22:30 lunedì 18 agosto 2025
A quanto pare Lana Del Rey è molto arrabbiata con Ethel Cain, ma nessuno ha ancora capito perché Le ha lanciato una frecciatina in una traccia del nuovo album e l'ha bloccata su Instagram: perché ce l'abbia così tanto con Cain, però, non è chiaro.
La sinistra mondiale va così male che è riuscita a perdere le elezioni anche nella Bolivia socialista Il Movimiento al Socialismo governava dal 2005, ma al primo turno è arrivato a malapena quarto. Al ballottaggio vanno un candidato di centro e uno di centrodestra.
A Liam Gallagher hanno vietato di lanciare tra il pubblico tamburello e maracas alla fine dei concerti perché le persone si picchiavano pur di accaparrarseli È stata l'organizzazione del concerto a dirglielo, per evitare che i fan si «strizzino i capezzoli a vicenda, si tirino le orecchie, si prendano a ginocchiate nelle parti basse».
È morto Ronnie Rondell, l’uomo che andava a fuoco sulla copertina di Wish You Were Here dei Pink Floyd Ci vollero 15 tentativi per ottenere lo scatto perfetto, un'impresa che mise a dura prova anche uno stunt man come lui, sopravvissuto alle riprese più spericolate della storia del cinema.
Sally Rooney ha detto che donerà i proventi degli adattamenti Bbc dei suoi romanzi a Palestine Action Lo ha scritto in un articolo pubblicato sull'Irish Times, in cui attacca (di nuovo) il governo inglese per le sue posizioni filoisraeliane.
Terence Stamp è stato l’attore inglese più amato dal cinema italiano Teorema di Pasolini, Tre passi nel delirio di Fellini, Una stagione all'inferno di Nelo Risi e molti altri: negli anni '70 Stamp, morto il 17 agosto a 87 anni, fu "adottato" dal cinema italiano.
È morto a 94 anni Gianni Berengo Gardin, uno dei più grandi fotografi italiani Con i suoi scatti in bianco e nero ha raccontato l’Italia nel pieno dei suoi cambiamenti: dal boom industriale alle grandi navi a Venezia.
Instagram si è “ispirato” di nuovo a TikTok e ha introdotto la funzione repost Tra le nuove funzioni introdotte dall’ultimo aggiornamento ce n’è una che lo farà somigliare ancora di più al social rivale.

E liberaci dal cibo

Mangiare sano si sta trasformando in un'ossessione religiosa. E in una malattia psichiatrica: l’ortoressia.

11 Maggio 2015

Non molto tempo fa Report ha dedicato un servizio all’olio di palma. Gran parte del reportage era incentrato sull’impatto ambientale della coltivazione della palma da olio, responsabile della deforestazione dell’Indonesia e di altri Paesi del Sud-est asiatico, ma non mancavano riferimenti all’insalubrità di questo ingrediente, quasi onnipresente nei cibi industriali, e reo di essere ricco di grassi, povero di antiossidanti e spesso raffinato chimicamente. Colpiva il titolo del servizio, “Che mondo sarebbe senza…”, che oltre a fare il verso allo slogan di un noto prodotto dolciario contenente olio di palma, ha anche un sentore salvifico. Immagina un mondo senza olio di palma: sarebbe un posto migliore, senza deforestazione, e noi saremmo tutti più belli, più sani e più magri.

Prendi un alimento, eliminalo del tutto, e vedrai che la tua vita cambierà. La carne, per esempio. Oppure il latte, i carboidrati, o i dolci. Meglio ancora: individua un ingrediente comune nei cibi di largo consumo, proietta su di esso tutti i tuoi malanni o disagi, e comincia la battaglia. Come l’olio di palma. Ma anche il glutine, il lievito, il glutammato di sodio. Più che perseguire il bene, si tratta di rifuggire il Male. Vegetariani (niente carne), vegani (niente cibi di origine animale), gluten-free (niente glutine), paleo-diet (niente di “moderno”, dove per “moderno” s’intende successivo alla Rivoluzione del Neolitico, quella che introdusse l’agricoltura 12 mila anni fa), gli anti Ogm (niente cibi geneticamente modificati) e, nel caso più estremo, i sedicenti brethariani (niente cibo, punto). Libera nos a malo.

All Candy Expo Sweetens Up ChicagoAlan Levinovitz, studioso di filosofia delle religioni alla James Madison University, è convinto che tutte le mode alimentari contemporanee abbiano una componente di redenzione, e che quest’elemento messianico abbia molto a che vedere una certa tendenza totalizzante, che si concentra sull’eliminare, ergo a liberarci da qualcosa. Levinovitz attacca e analizza questi “mantra alimentari”, parole sue, nel suo ultimo libro The Gluten Lie: And Other Myths About What We Eat (Regan Arts 2015). Il mangiar sano – o, meglio, il convincersi di mangiare sano – è una nuova religione, sostiene lo studioso. In primis perché fa appello a un antico desiderio umano di purezza e leva sui nostri sensi di colpa – e sul desiderio di sentirci in colpa per qualcosa – e poi perché si tratta di credenze in larga misura irrazionali. Non a caso spesso i loro sostenitori utilizzano termini vaghi, e dalle esplicite implicazioni morali, come “naturale” e “innaturale”, “cibo chimico”, “additivi chimici” o “tossine”. Cos’è un “alimento chimico”? Una definizione certa non esiste, dal momento che ogni alimento, per definizione, ha una sua chimica. E cosa significa definire un cibo “naturale”? In natura (se per “natura” intendiamo lo stato di cacciatori raccoglitori antecedente alla Rivoluzione del Neolitico, ma anche qui si potrebbe obiettare che “natura” è un termine assai impreciso) l’homo sapiens non consumava alcun vegetale coltivato.

La realtà è che molte di queste buzzword stanno a significare due cose: “buono” o “cattivo”. «Tanti di questi mantra partono da una base di verità, incluso il movimento anti-glutine. Alcune persone sono celiache, mentre altre pur senza essere celiache possono comunque beneficiare dal non mangiare glutine. Ciò che è irrazionale è sostenere che se qualcosa nuoce a una piccola parte della popolazione, allora deve fare per forza male a tutti. È qui che entra in gioco l’idea di purezza religiosa», spiega Levinovitz in un’intervista via email. «Se una sostanza è “corrotta” per alcune persone, allora deve essere impura e corrotta per tutti, deve essere trasformata in un tabù. Che si tratti di [mettere al bando] il glutine oppure i cosiddetti “alimenti raffinati”, spesso esiste anche una dimensione di colpa, perché si tratta anche di cibi altamente calorici: in una cultura patologicamente spaventata dall’ingrassare, consumare cibi e bevande che contengono glutine, come il pane, la pasta o la birra, diventa un guilty pleasure, un atto che richiede penitenza».

Levinovitz non è il solo a muovere critiche di questo tenore. Nel suo recente saggio Homo dieteticus (Il Mulino 2015) l’antropologo italiano Marino Niola definisce l’ossessione del mangiar sano «una religione senza Dio», una «pratica fisica, ma anche morale, che riguarda salute e salvezza, corpo e anima», fatta di «rinunce spontanee, penitenze laiche, sacrifici che hanno a che fare più con la coscienza che con la bilancia». Come Levinovitz, lo studioso delle religioni, anche Niola, l’antropologo, è convinto che il rifiuto dei chili di troppo non sia che una delle componenti che spingono molti ad abbracciare questa nuova fede: «Siamo tutti alla ricerca dell’alimento che ci rimetta in pace con noi stessi. Tutti alla ricerca del regime salvifico», scrive. Come Levinovitz, inoltre, anche Niola trova significativo che i mantra contemporanei nascano dal desiderio di escludere ciò che è corrotto, più che dalla ricerca di ciò che è sano. «Una volta si diceva che siamo quello che mangiamo», mentre oggi invece le tribù urbane tendono a identificarsi in ciò che non mangiano: «La nostra diventa un’alimentazione in levare. Senza uova, senza latte, senza sale, senza zucchero, senza carboidrati, senza lieviti […] È una sorta di esorcismo dietetico che espelle dalla tabella alimentare i cibi proprio come se fossero il diavolo».

A quest’urgenza di purezza per esclusione, Niola cerca di dare una spiegazione con la necessità di ripristinare un rapporto con l’assoluto in assenza di una divinità: «In una società secolarizzata come la nostra, da cui è svanito ogni orizzonte trascendente, religioso o laico, la sacralità si è ormai trasferita al corpo, che è diventato il simulacro di Dio. Il tabernacolo di un culto a sé che ha messo l’Io al posto del Dio, rendendo nel contempo ciascun individuo responsabile della cura e della conservazione del simulacro», scrive. Inoltre, sostiene l’antropologo, il desiderio di rinunce alimentari potrebbe essere una reazione all’abbondanza di cibo, senza precedenti, di cui gode il mondo industrializzato: «Il fatto è che in una società come la nostra il grande nemico non è la fame, ma l’abbondanza. Che si porta dietro il suo minaccioso carico di sensi di colpa, fobie e idiosincrasie».

È il dilemma dell’onnivoro: la mancanza di limiti si traduce nella necessità di imporre a se stessi dei limiti

Quarant’anni fa lo psicologo dell’Università della Pennsylvania Paul Rozin ha coniato il concetto del «dilemma dell’onnivoro». Ogni animale capace di mangiare praticamente tutto per nutrirsi deve compiere delle scelte. I carnivori mangiano la carne che gli capita a tiro, gli erbivori l’erba. Gli onnivori tuttavia, avendo una scelta potenzialmente più ampia, devono fermarsi a pensare cosa conviene loro mangiare, a seconda della situazione (vale per gli umani, ma anche per i topi, soggetto originario delle ricerche di Rozin): vale la pena di allontanarsi dal branco alla ricerca dell’alimento più calorico, che però comporta rischi e un dispendio di energie, oppure meglio accontentarsi di cibo dall’apporto nutrizionale minore, ma più rapidamente disponibile?, è una domanda che gli animali onnivori si pongono quotidianamente. L’onnivoro deve scegliere. Per l’uomo, in passato, questa scelta è stata relativamente ridotta, data la scarsità del cibo. Nelle società benestanti, tuttavia, possiamo mangiare ogni cosa, perché il nostro corpo digerisce tutto, e possiamo mangiare ogni cosa perché tutto è a disposizione. La scelta diventa di fatto infinita. In alcuni individui, si sa, l’essere posti davanti a una scelta infinita genera ansia.

La mancanza di limiti si traduce nella necessità di imporre a se stessi dei limiti: mi impongo di non mangiare carne, mi impongo di non mangiare glutine, mi impongo di non mangiare latte, per esorcizzare il mio disagio. Alcuni psicologi riconducono l’“ortoressia nervosa”, termine coniato nel 1997 dallo psichiatra Steven Bratman per descrivere l’ossessione per le “diete sane”, a un disturbo dell’ansia, ergo alla necessità di esercitare controllo alla propria esistenza: «La necessità di eliminare certi tipi di cibo come la carne o il grano, o gruppi interi come i carboidrati e i grassi, ricorda i disordini dell’ansia e i disordini ossessivo compulsivi», spiega la psichiatra inglese Deanne Jade, presidente del Centro Nazionale per i Disturbi Alimentari, in un’intervista via email. «Ho incontrato molti pazienti che non mangiano proteine perché “sono vegetariano”, “sono allergico ai latticini” oppure perché “i cereali mi fanno sentire gonfio”». Nei casi più estremi, seguire mantra alimentari può avere conseguenze nocive sulla salute fisica. Per esempio uno dei problemi, come faceva notare un’inchiesta del New Yorker, è che molti dei cibi senza glutine in commercio spesso sono insolitamente ricchi di sale, grassi e zuccheri: «Cos’è che vende il cibo. Sale, zucchero, grassi e glutine. Dunque se i produttori devono togliere un elemento, devono aggiungerne un altro per rendere il cibo appetibile».

Snack Food Association Begins Annual Expo Of GoodiesResta da chiedersi dove porre il confine tra chi, magari anche sbagliando, intende semplicemente seguire una dieta sana e chi è invece è guidato da un’ossessione: «Bisogna fare una distinzione tra le persone che mangiano i cibi sani, senza idee estreme, con chi invece segue regole rigide e immotivate», risponde Jade. Levinovitz, lo studioso di religioni, la mette giù in termini più esistenzialisti: «Fatti una domanda: alla fine della tua vita, ti renderà felice pensare al tempo che hai sprecato preoccupandoti di ciò che mangi? Al tempo che hai trascorso davanti allo specchio chiedendoti quale dieta ti avrebbe reso una persona migliore? Conosco persone terrorizzate dall’idea di partecipare a una cena o a una riunione di famiglia perché temono di entrare in contatto con cibi malsani o impuri. Questa è la mentalità dell’ortoressico».

Nell’estate del 2014 una delle più celebri blogger vegane degli Stati Uniti ha annunciato di essere ortoressica. Per oltre un anno Jordan Younger aveva spopolato su Instagram, sotto il nome di “Vegan Blondie” con immagini di frullati ipocalorici, insalate di quinoa e pietanze al tofu sapientemente impiattate. Con oltre 115 mila follower, aveva anche lanciato una sua linea di T-short, con slogan del tipo: “la vodka è vegana?”. Poi, una giornata di luglio e senza preavviso, il dietrofront: scusate tanto, m’ero sbagliata, pensavo di essere vegana invece ero solo ortoressica. Il problema è che Jordan questa ortoressia se l’era diagnosticata. Proprio come molti suoi (ex) colleghi blogger ultra-salutisti continuano ad auto-diagnosticarsi intolleranze al glutine o al lattosio. Ad oggi l’ortoressia non figura nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali.

Nelle immagini, foto dallo Snexpo di Philadelphia, nel 2004. William Thomas Caine/Getty Images
Articoli Suggeriti
L’attivista palestinese che ha lavorato a No Other Land è stato ucciso da un colono israeliano

Maestro e attivista, Odeh Muhammad Hadalin aveva aiutato i registi del documentario premio Oscar a girare il loro film a Masafer Yatta.

Sam Altman ha detto che a differenza dell’avvocato e del terapeuta, Chat GPT non ha l’obbligo del segreto professionale

Quello che le diciamo non si può cancellare e potrebbe essere usato in tribunale.

Leggi anche ↓
L’attivista palestinese che ha lavorato a No Other Land è stato ucciso da un colono israeliano

Maestro e attivista, Odeh Muhammad Hadalin aveva aiutato i registi del documentario premio Oscar a girare il loro film a Masafer Yatta.

Sam Altman ha detto che a differenza dell’avvocato e del terapeuta, Chat GPT non ha l’obbligo del segreto professionale

Quello che le diciamo non si può cancellare e potrebbe essere usato in tribunale.

Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

La Nasa è riuscita a registrare il rumore emesso da un buco nero

Un algoritmo per salvare il mondo

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.