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Da dove arriva il termine hangover?

Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito alla diffusione della parola “hangover”, un termine che usiamo per indicare i postumi della sbornia e, più in generale, quell’intensa e persistente sensazione di malessere che segue una nottata a base di alcolici e droghe varie. Quando diciamo «sono in hangover» intendiamo dire che abbiamo un aspetto orribile, nausea, mal di testa, debolezza, sonno e confusione mentale. Ma proviamo a soffermarci un attimo sulla parola in sé: “hangover”. Esattamente, da dove arriva?

Ne ha parlato Earthly Mission: si chiamava così anche uno strano servizio offerto ai cittadini nelle più importanti metropoli dell’Ottocento. Era una stanza non riscaldata lungo la quale venivano tese delle corde, che restavano sospese a mezz’aria. Su queste funi ben tirate gli avventori potevano appoggiarsi come preferivano e trascorrere così la nottata, al modico prezzo di soli 2 centesimi. Unica controindicazione: poteva succedere, la mattina, di trovare qualcuno morto congelato. Ma le corde erano comunque ritenute più sicure rispetto al pavimento o alla strada.

Le principali fonti in cui si trova traccia di questi strani luoghi, chiamati appunto “Hangover”, sono entrambe letterarie: La pelle di zigrino di Honoré de Balzac, pubblicato nel 1831, e il primo libro di George Orwell, Senza un soldo a Parigi e Londra, uscito più di cento anni dopo, nel 1933. Anche se, come si dice qui, la derivazione del termine non è esattamente quella, la connessione tra gli Hangover e il modo in cui intendiamo la parola oggi ha molto senso: immaginate come si sentivano i clienti quando si risvegliavano la mattina.