Industry | Dal numero

Effetto White Lotus

Stanchi di Airbnb, e in parte consapevoli dell’effetto della piattaforma sulle città, i viaggiatori post Covid hanno riscoperto i professionisti dell’accoglienza. E il ritorno dell’hotel non lascia indifferenti i marchi di lusso, che vogliono diversificare il proprio business.

di Alessia Delisi

«Gli hotel sono i nuovi night club», parola di Emily Oberg, fondatrice del marchio Sporty & Rich, inserita nel 2023 il magazine Forbes nella sua lista di talenti under 30. Non solo sede di alloggi temporanei quindi: la gente va a cena, si incontra, organizza feste e riunioni negli alberghi. «Sono diventati una componente chiave della vita sociale odierna», continua Oberg che proprio lo scorso luglio ha avviato una collaborazione con il leggendario Hotel du Cap-Eden-Roc, istituzione simbolo del bel vivere sulla Riviera francese. E dal momento che godono di una crescente rilevanza culturale, gli hotel rappresentano anche una crescente opportunità dal punto di vista commerciale, soprattutto post Covid. Se dal 2022 i viaggi sono tornati a essere un fattore trainante per l’industria, come scrivono McKinsey & Company e il magazine Business of Fashion nel rapporto The State of Fashion 2023, Euromonitor – altra società di ricerche che opera su scala globale – fa sapere che a guidare il mercato dei beni di lusso oggi è il desiderio dei consumatori di vivere esperienze autentiche. Questa tendenza fa sì che i marchi della moda investano nell’ospitalità non soltanto con strutture brandizzate, ma aprendo caffè, ristoranti e spazi pop-up in collaborazione con gruppi alberghieri.

Certo, la sinergia tra il mondo della moda e quello dell’hôtellerie non è una novità: già nel 1987 Krizia inaugurava il suo K Club sull’isola di Barbuda, nei Caraibi, mentre risale al 2000 la realizzazione di Palazzo Versace nella città australiana di Brisbane (lo stesso anno in cui Giorgio Armani lanciava il longevo progetto di Armani/Casa). Negli ultimi tempi però il fenomeno è diventato più frequente e capillare, complice anche il fatto che il lusso è maggiormente accessibile, diversificato, e una certa stanchezza verso Airbnb, che sempre più viaggiatori oggi considerano un’esperienza lontana dalla promessa di autenticità degli inizi e responsabile suo malgrado del processo di gentrificazione nelle città. Quest’estate Valentino ha collaborato con lo storico hotel Palazzo Avino di Ravello, sulla Costiera amalfitana, aprendo un negozio pop-up e soprattutto tingendo di rosso le sdraio, i lettini e gli ombrelloni del suo esclusivo Club House by the Sea (il beach club è diventato così popolare che Mariella Avino, Managing Director e comproprietaria di Palazzo Avino, ha dichiarato di averne dovuto limitare l’accesso). Analoga operazione di restyling è stata fatta anche da Dolce & Gabbana con il progetto DG Resort: al San Domenico Palace di Taormina (sì, quello di White Lotus), al Grand Hotel Quisisana di Capri, a Casa Amor a Saint Tropez e a La Cabane a Marbella il marchio ha portato infatti le sue classiche stampe “Blu Mediterraneo” (ispirata alle fantasie delle maioliche siciliane) e “Carretto”, che hanno “vestito” ombrelloni, asciugamani, cuscini, cabine e altri oggetti. Ancora in Costa Azzurra, sulla baia di Pampelonne, Gucci ha ridisegnato il beach club Loulou Ramatuelle, Loro Piana La Réserve à La Plage e Jacquemus Indie Beach.

E se il Puente Romano Beach Resort di Marbella ha puntato sulla collaborazione con Fendi per arricchire mobili, cuscini e tessuti, al Beverly Hills Hotel di Los Angeles gli ospiti potevano acquistare la collezione “Dior Riviera” di Dior e concedersi un trattamento di bellezza personalizzato prima di rilassarsi a bordo piscina sotto ombrelloni griffati. «Credo che sia questa la nuova frontiera», spiega Andrea Gentilini, amministratore delegato di Luxury Living Group, che sviluppa e gestisce le collezioni casa di Versace, Dolce & Gabbana, Trussardi, Bentley Motors e Bugatti, oltre al proprio marchio Luxence Luxury Living. «La moda e l’arredo non possono essere entità separate. Si devono unire in un concetto di lifestyle, perché parliamo di due sfere della nostra intimità, ovvero del modo in cui viviamo e di quello in cui ci divertiamo». Ad accrescere la popolarità degli hotel di lusso hanno contribuito anche le serie tv. Prima del restyling di Dolce & Gabbana, il già citato San Domenico Palace di Taormina – ex convento domenicano trasformato in hotel, oggi di proprietà del gruppo Four Seasons – è stato il set della seconda stagione di White Lotus, la serie pluripremiata creata da Mike White, in onda su Hbo negli Stati Uniti e in Italia su Sky e in streaming su NOW. Risultato? Un «effetto “set-jetting”», lo ha definito Lorenzo Maraviglia, General Manager della struttura, riferendosi al boom di prenotazioni registrato da quando il programma ha cominciato ad andare in onda. È capitata la stessa sorte al Juvet Landscape Hotel di Alstad, in Norvegia: dopo essere stato location del quinto episodio dell’ultima stagione di Succession, altra serie di successo targata Max, l’albergo è passato dalle 500 alle 18.500 visualizzazioni giornaliere, mandando quasi in tilt il sito. La struttura, progettata dallo studio Jensen & Skodvin, era già stata protagonista del film Ex Machina (2015) di Alex Garland, nonché inserita dall’architetto Chad Oppenheim nel libro Lair: Radical Homes and Hideouts of Movie Villains (gli americani, spiega Oppenheim, non hanno mai pienamente accolto la moderna architettura domestica fatta di pareti in vetro e tetti piani, sentita invece come una minaccia per l’American Way of Life. Di qui la tendenza ad ambientarvi ogni tipo di crimine).

Damien Perrot, dirigente del gruppo Accor, immagina un futuro in cui gli hotel diventeranno luoghi destinati non solo ai viaggiatori ma anche agli abitanti del posto. E fa una previsione provocatoria: nel 2030, dice, molte persone sceglieranno di vivere in hotel anziché in appartamenti. Un pronostico a cui sembrano dare fiducia anche altri gruppi alberghieri, visti i recenti investimenti in strutture di marca. Tra queste, il Vermelho Hotel di Melides, in Portogallo, è il risultato del sodalizio tra Marugal Hotel Management e Christian Louboutin. In collaborazione con il gruppo alberghiero SJM Resort ha aperto invece a Macao il primo hotel del marchio Karl Lagerfeld (che già lo scorso aprile aveva debuttato con una collezione casa). Anche Louis Vuitton ha annunciato di avere in cantiere l’apertura del suo primo hotel con il più grande negozio monomarca mai realizzato finora: la struttura sorgerà all’interno del proprio quartier generale, nel primo arrondissement di Parigi, dove il gruppo Lvmh (che oltre a Louis Vuitton ha in portfolio marchi come Dior, Fendi e Sephora) ha già finanziato la ristrutturazione dei grandi magazzini Samaritaine. Secondo Michael Burke, presidente e amministratore delegato di Louis Vuitton, il progetto riflette il crescente interesse dei marchi della moda a investire in esperienze. «È questo che i nostri clienti vogliono da noi: un rapporto 24 ore su 24, 7 giorni su 7».

Mercoledì 22 novembre ci vediamo al Museo Diocesano per Status, una serie di incontri dedicati ai tanti significati del lusso e dello status sociale. Clicca qui per iscriverti.