Si stava meglio quando c’era Vice

Un documentario appena arrivato su Mubi racconta l'ascesa e soprattutto la caduta di Vice, attraverso una serie di interviste con i protagonisti di quell'esperienza, tutti ancora in lutto.

02 Settembre 2025

Qualcuno si ricorda di Vice Magazine? La rivista irriverente e maleducata fondata da tre amici a Montreal sul finire degli anni Novanta e trasferitasi presto a Brooklyn, più precisamente a Williamsburg, all’epoca quartiere di prostitute e di baracci con birre in vendita a novantanove centesimi, prima che l’arrivo della redazione di Vice e della rock band The Strokes, all’inizio del Duemila, scatenassero un processo di gentrificazione e beatificazione della zona (buona fortuna oggi a trovare una IPA alla spina a meno di dieci dollari). Vice divenne la rivista più interessante quando i Millennial avevano vent’anni, attirò parecchi scrittori giovani, talentuosi e originali (tipo Ottessa Moshfegh, per dirne una), proliferò con il passaggio al digitale fino a diventare agenzia pubblicitaria e produttrice di video, il famoso format “Sono stato nella giungla colombiana per tre giorni in mezzo ai narcos e sono riuscito a non farmi uccidere”, pubblicati prima su YouTube e poi sui canali televisivi tradizionali. Aprì diverse succursali in giro per il mondo, compresa Vice Italia. Nel 2015, Disney decide di investire nel gruppo editoriale di Vice, valutando 400 milioni di dollari il 10 per cento dell’azienda. Da lì, il rapido declino: scelte sbagliate dei fondatori, scandali, insostenibilità del modello economico. Pochi anni dopo, nel 2023, Vice dichiara fallimento.

Una questione di soldi

L’ascesa e il declino di questa avventura editoriale, che per qualche tempo è sembrato potesse influenzare il passaggio del giornalismo dalla sua forma tradizionale, cartacea, a una forma digitale e liquida, con un nuovo linguaggio, sono raccontate nel documentario Vice is Broke, disponibile da qualche giorno su Mubi. La voce narrante è quella dell’autore Eddie Huang, quarantatré anni, ex collaboratore, autore e presentatore di Vice, ripreso mentre si sposta da una costa all’altra degli Stati Uniti per intervistare alcuni dei fondatori e degli autori che hanno composto il nucleo storico di Vice. C’è una caratteristica in particolare che emerge, durante la visione di Vice is Broke: Huang è ancora ossessionato da Vice, e orfano della sua scomparsa. Stando a quanto ci dice lui, il fondatore Shane Smith gli deve un sacco di soldi, centinaia di migliaia di dollari. Huang ha deciso di rinunciare a questo gruzzoletto – nonostante sia diventato padre da pochi mesi – in cambio dell’utilizzo delle vecchie immagini di repertorio, che gli hanno permesso di girare Vice is Broke.

A dirla tutta, Huang non è l’unico degli ex collaboratori che sembra aver sviluppato un’ossessione malsana per Vice. Molti dei suoi vecchi colleghi, che intervista al tavolo di un ristorante thai o nei loro appartamenti fighissimi, sembrano ex appartenenti a una setta, orfani degli anni d’oro dell’hipsterismo, eterni nostalgici della loro gioventù. Nessuno di loro sembra dubitare che Vice sia stata la cosa più cool mai successa al mondo dell’editoria, e il distacco ha causato a tutti un trauma.

In effetti, ai tempi, era impossibile passare più di una mezz’oretta con uno dei collaboratori di Vice senza che ti parlasse del suo lavoro, fingendo di lamentarsi con malcelato orgoglio. Che poi, diciamocelo, Vice cool lo è stata davvero. Era un altro mondo. Internet non era ancora la causa del 90% dei litigi e delle frustrazioni, il web era un posto dove ci si poteva associare per formare una controcultura, per esercitare forme inedite di ironia, e non uno strumento malvagio creato per polarizzarci e diventare intolleranti. I social, dieci anni fa, erano un posto divertente, era raro subire tempeste d’insulti se si sbagliava qualche mossa.

Le cose cambiano, in peggio

The times they are a-changing. Uno dei tre fondatori del nucleo originale di Vice, Gavin McInnes, è diventato un influencer e attivista di estrema destra, fondatore del movimento Proud Boys, sostenitore di tutte teorie cospirazioniste più strampalate e odiatore seriale di minoranze. McInnes oggi sembra un personaggio di South Park, come ahimè succede sempre più spesso alle figure pubbliche statunitensi. Nel punto forse più interessante di Vice is Broke Huang lo intervista al bancone di un bar, bevendo Jameson mischiato al Gatorade, e gli chiede se non stia in realtà interpretando un personaggio da anni, per sottolineare le contraddizioni e la ridicolaggine dell’estrema destra.

È il momento più alto di Vice is Broke, un documentario gradevole, che piacerà moltissimo agli ex dipendenti di Vice, se si soprassiede su qualche difettuccio, per esempio le troppe parolacce gratuite (Huang ripete fuck e shit, nelle più svariate declinazioni, ogni dieci secondi), e la totale assenza di riferimenti allo scandalo che, qualche anno fa, quando ancora Huang ci lavorava, aveva colpito la redazione di Vice, secondo le accuse di parecchie ex collaboratrici un ambiente di lavoro tossico e maschilista pieno di provoloni potenti.

I giornali si stanno estinguendo, i media che si pensava avrebbero potuto prenderne il posto sono falliti (c’è anche il caso di BuzzFeed, ma questa è un’altra storia), oggi vanno forte le slide e i tizi che si puntano la videocamera del telefonino in faccia e ti spiegano un argomento dopo averlo googlato una mezz’oretta, un modello di informazione che ci permette, certo, l’illusione di sentirci competenti con zero sforzo, ma che probabilmente non contribuisce a costruire cittadini consapevoli e soprattutto non è esattamente una miniera d’oro per gli investitori. Vice, con tutti i suoi difetti, tipo l’emotività e la posa dilettantistica dei reportage, e al netto della fine ingloriosa, era un progetto ambiziosissimo, innovativo, pieno di talento, intelligenza e ironia. Quale sarà il futuro del giornalismo e dell’editoria? Mistero. Di sicuro, se qualcuno riuscisse oggi a guadagnare centinaia di milioni di dollari fondando una rivista cartacea, ci sarebbe la coda per girare un documentario su di lui e capire come diavolo ci è riuscito.

Vice ha ufficialmente dichiarato bancarotta

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