Stili di vita

Tovagliette — Filetto in crosta di rose

Alla reazione di Maillard, il codice binario della cucina, dobbiamo anche il magnifico contrasto fra la superficie caramellata e l’interno tenerissimo di un filetto.

di Tommaso Melilli

La ricetta di oggi ce l’avevo in testa da un pezzo: nel calendario delle ricette da pubblicare in questi primi mesi dell’anno, era prevista, per ragioni che avrete modo di comprendere più sotto, per San Valentino. Il 14 febbraio si avvicinava, e io non vedevo l’ora di vedere le reazioni che avrebbe suscitato il mio filetto di manzo per due. Il 14 febbraio è poi arrivato e se n’è andato, e la ricetta non è uscita. Il problema è che, per quanto mi scervellassi, non avevo una storia da raccontare. O meglio: sapevo di cosa volevo parlare, ma non riuscivo a trovare il modo. Forse l’argomento che avevo scelto per il filetto era troppo ampio, forse troppo noioso.

Poi, la settimana scorsa ho letto un libro che parla di informatica. Di solito non leggo libri che parlano di informatica. Questo, però, è scritto da un romanziere, Vikram Chandra, nato in India e trapiantato da anni negli Stati Uniti. Geek Sublime è una sorta di memoir che parla della bellezza del codice di programmazione che sta alla base di qualunque dispositivo informatico. Parla dell’eleganza invisibile che si nasconde nelle linee imbottite di diacritici che, per esempio, permettono a me di scrivere queste righe, di inviarle al caporedattore, e non da ultimo a voi di leggerle. Chandra racconta quindi questo mondo fatto di «abbreviazioni tronche e cifre, familiari anche alle persone comuni, ma solo in quanto iscrizioni runiche cariche di un potere capace di cambiare il mondo».

Uno dei capitoli più divertenti è quello che spiega come funziona veramente un computer, che poi è come funzionano tutti i computer, i tablet e gli smartphone. È una cosa che mio padre, che è informatico, mi aveva spiegato quando ero piccolo, e che avevo dimenticato. Il principio è quello ben noto del sistema numerico binario: delle lunghissime righe che alternano lo zero e l’uno. Tutti i più moderni linguaggi e codici sono in realtà strategie per spiegare a un computer quello che vogliamo che faccia: e l’unico modo per spiegarglielo è tradurlo nell’unica lingua che un computer è in grado di capire, e che agli esseri umani risulta grottesca: un sacco di zeri e un sacco di uni. Il sistema numerico binario è dappertutto, talmente dappertutto che non riusciamo a utilizzarlo direttamente. In più, o forse proprio per questo motivo, lo troviamo terribilmente noioso.

Ecco, anche la cucina ha il suo sistema numerico binario: onnipresente, difficilissimo da spiegare, affascinante e noiosissimo. Il processo chimico noto come reazione di Maillard è il risultato di una serie di cose che succedono a determinate proteine che reagiscono con determinati zuccheri, a seguito delle quali capita – molto spesso – che le cose cuociano. La reazione di Maillard è responsabile, fra le altre cose, dell’imbrunire di molte cose: la crosta del pane, la crema autoabbronzante, le lasagne nella loro parte croccante. Ma il suo risultato supremo è senza dubbio il magnifico contrasto fra la superficie caramellata e l’interno tenerissimo di un filetto di manzo grigliato come si deve.

Rimandando le indicazioni di cottura del filetto intero a tempi economicamente meno austeri, fatevi tagliare dal macellaio delle fette spesse almeno tre dita, chiedendogli se, per cortesia, vi può legare ogni fetta con lo spago. Prendete poi molti cipollotti, lavateli benissimo, e tagliateli a metà per il lungo senza levare le radici: in questo modo rimarranno integri. Sbollentateli tre minuti, scolateli e teneteli da parte. Prendete poi i filetti, asciugateli bene con della carta assorbente e cospargeteli di sale e di pepe macinato. Poi recuperate dei boccioli di rosa secchi (li trovate in erboristeria o nei negozi biologici: ci si fanno le tisane). Sbriciolate le foglie grossolanamente, avendo cura di scartare la base legnosa. Rivestite ogni filetto con questa polvere di rose, premendo bene con il palmo della mano. Tenete a portata di mano un cucchiaio e delle bacchette di legno (che avete imparato ad usare nei ristoranti cinesi, vero?). Prendete poi una padella solida con un filo d’olio: mettetela sul fuoco alto e asciugate l’olio con della carta assorbente, spargendolo su tutta la superficie interna della padella.

Guardate la padella. Guardatela bene. A un certo punto vedrete un piccolo filo di fumo: significa che è il momento di gettare il filetto nella padella. Cuocetelo per un minuto e mezzo a fuoco altissimo, poi giratelo con le bacchette. Appoggiate leggermente un cucchiaio sulla superficie del filetto per far aderire bene la carne alla padella (ho detto appoggiare leggermente, non state stuccando un muro). Passato un minuto e mezzo giratelo con le bacchette e appoggiate di nuovo leggermente dall’altro lato. Non vi azzardate a usare la forchetta: rischiereste di forare la crosta facendo fuoriuscire tutti i succhi che la reazione di Maillard ha ricacciato al centro della bistecca. Passato il secondo minuto e mezzo disponete le due bacchette, parallele, sul bordo di un piatto fondo, come a creare due rotaie. Togliete il filetto dalla padella e appoggiatelo sulle rotaie: l’idea è che il filetto non entri a contatto con una superficie più fredda. Caldo com’è, appoggiandolo su un tagliere di legno vi ritrovereste con un laghetto di sangue e acqua, e ovviamente un filetto bollito. Lasciatelo riposare così altri due minuti. Mentre riposa, rosolate i cipollotti nella stessa padella, sempre caldissima. Mettete infine un letto di cipollotti nel piatto, tagliate il vostro filetto in crosta di rose a spicchi e disponete anch’essi nel piatto. Finite con un cucchiaio di feta sbriciolata con le mani, il cui sapore acido e salato compenserà la dolcezza delle rose e del cipollotto. Faccio a meno di dire che il filetto “ben cotto” non esiste.

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