Cultura | Fotografia

Sul fronte della Xylella

Intervista ai fotografi Valentina Piccinni e Jean-Marc Caimi, che il 25 settembre a Lodi esporranno il loro progetto "This land is my land", dedicato al virus in Salento.

di Enrico Ratto

Un campo infinito di ulivi, tutti completamente secchi a causa della sindrome del rapido declino dell'olivo (OQDS) causata dalla Xylella, vicino a Gallipoli, l'epicentro dell’epidemia. ©Caimi-Piccinni, This land is my land

Quando i fotografi Valentina Piccinni e Jean-Marc Caimi hanno presentato il loro progetto “This land is my land”, un lavoro sull’epidemia di Xylella nel Salento al quale hanno dedicato gli ultimi sei anni, abbiamo notato una serie di analogie con la pandemia Covid-19 che stiamo attraversando. “This land is my land” ha appena vinto il premio RESET del Ministero della Cultura dedicato alla rinascita dei territori e sarà esposto al Festival della Fotografia di Etica di Lodi dal 25 settembre.

Nei sei anni di lavoro trascorsi in Puglia, tra le coltivazioni di ulivi, Caimi e Piccinni avevano osservato alcuni particolari comportamenti da parte della popolazione, dei contadini coinvolti e delle istituzioni. Ma solo con l’arrivo del coronavirus questi comportamenti hanno assunto l’aspetto di analogie, di ricorrenze, si è delineato insomma un fil rouge che unisce l’epidemia vegetale con la pandemia umana. «È incredibile come tutti i cliché a cui abbiamo assistito durante il Covid li avessimo già osservati nel caso della Xylella», ci spiega Jean-Marc Caimi.

Gli alberi colpiti dalla Xylella sono coperti da reti per evitare l’ulteriore diffusione della pandemia. Alla fine, questi alberi verranno essere tagliati ed eliminati. ©Caimi-Piccinni, This land is my land

Quando si diffonde una epidemia, la prima vittima sembra essere la verità scientifica. Ciò che è successo con il coronavirus lo stavate osservando da tempo in Puglia?
Sì, le analogie sono moltissime, ed è qualcosa  che riguarda la natura umana. Quando si presentano fenomeni con contorni così sfumati e che mettono in forte difficoltà le persone, il terreno diventa fertile per illazioni, teorie del complotto, rabbia.

Comportamenti che aggravano la situazione, anziché mettere un freno.
La ricerca di scorciatoie, di soluzioni alternative, il più delle volte deriva da sfiducia nelle istituzioni. Nel Salento, le istituzioni sono intervenute poco e male per risolvere il problema. Gli interventi confusi, poco coerenti, lasciano spazio a qualsiasi tipo di teoria alternativa. Naturalmente, era difficile dire ai contadini pugliesi che quando trovavano una pianta affetta da Xylella, avrebbero dovuto tagliare tutti gli alberi nel raggio di cento metri. Le reazioni della politica sono state dettate dalla paura di perdere popolarità e consenso, e quindi lente ed inefficaci.

Anche per questo è arrivato tutto il mondo delle cure fai-da-te, delle scorciatoie?
Il vuoto delle decisioni viene riempito dalle soluzioni alternative. Nel Covid è stato teatrale, si è arrivati a suggerire la varichina. Nel Salento questo è avvenuto con le stesse modalità, c’erano persone che cercavano di vendere ai contadini soluzioni alternative come l’argento colloidale, un fortissimo antisettico, che però non funziona sugli alberi. Alcuni cercavano di rendere il terreno più fertile tramite pratiche magiche affinché l’albero potesse riattivare il sistema immunitario. A Gallipoli, dove si vedevano i primi focolai, in assenza di altre indicazioni, all’inizio si potavano gli alberi perché si pensava che fosse un buon modo per arginare l’epidemia, o si passava il caolino sulle foglie, una sostanza che evita l’eccessiva traspirazione delle foglie.

Nel caso della diffusione del Covid, il terreno era fertile anche a causa dell’inquinamento dell’atmosfera. In Puglia, la Xylella ha trovato una condizione altrettanto favorevole?
La Xylella ha trovato alberi indeboliti da anni di pesticidi usati per rendere il terreno duro e privo di erba. Infatti, in Salento, per molti anni l’olio era prodotto per scopi industriali e le olive venivano raccolte dal terreno con enormi aspiratori. Solo negli ultimi anni, il Salento ha riscoperto l’importanza di avere una produzione qualitativamente alta, ma molti dei lotti di terra hanno sofferto per anni di pratiche agricole poco sane.

Infine, immaginiamo sia stato detto che “la colpa è delle multinazionali”.
Sì, il terzo parallelismo è proprio la teoria del complotto. E qui abbiamo visto di tutto: la Xylella è stata provocata in modo artificiale, la Xylella non esiste, gli alberi vengono uccisi da camion che passano lungo le autostrade e sparano diserbante. Queste teorie circolano ancora molto. Certo, a volte nascono dall’osservazione diretta del fenomeno, da convinzioni verosimili, perché è vero che si notano dei disboscamenti più evidenti lungo le strade, ma la causa non sono i camion delle multinazionali o da concorrenti sleali che passano con il diserbante. Tutte le teorie del complotto hanno dei nuclei di verità che però vengono poi declinati in modo insensato.

Come nel Covid, queste teorie sono sostenute da una minoranza che fa più rumore degli altri?
L’impressione che abbiamo avuto è che questi atteggiamenti fossero più diffusi rispetto ai negazionisti, o ai no-vax, del Covid. In questo caso, mentre per il coronavirus la maggioranza delle persone sta seguendo le indicazioni di chi ha competenza, in Puglia c’è ancora una grossa difficoltà a farsene una ragione. Abbiamo visto la disperazione delle persone di fronte all’assenza di alternative. Molti agricoltori nel giro di un anno e mezzo hanno perso tutto. Ed è chiaro che è difficile attendere i tempi di una soluzione scientifica quando stai perdendo il lavoro di una vita. Se qualcuno arriva e crea la figura del nemico, si placa una situazione psicologica molto critica. Non basta una grande esperienza per affrontare un problema così complesso.

Agricoltori salentini in lotta contro la Xylella parassita. Sono stati fotografati con una fotocamera 6×6 analogica con doppia esposizione: il loro ritratto unito ad un dettaglio dei loro ulivi e della loro terra. ©Caimi-Piccinni, This land is my land
Un enorme graffito su un muro lungo la strada principale che porta da Lecce, nel Salentino, a Bari. Il problema del parassita Xylella, che sta causando un crollo economico dell’intera regione Puglia, è offrire un terreno perfetto per le congetture. In assenza di una versione ufficiale confermata al 100%, fioriscono teorie alternative. ©Caimi-Piccinni, This land is my land
Vasti cimiteri di alberi si trovano in tutta la regione del Salento, in Puglia. Sono alberi uccisi dalla pandemia di Xylella. Gli alberi morenti (molti di loro avevano secoli di vita) vengono abbattuti e il legno venduto. La terra viene poi abbandonata in in attesa di nuovi regolamenti per il reimpianto o di un cambiamento di destinazione d’uso del campo. ©Caimi-Piccinni, This land is my land

O forse, così semplice?
La spiegazione ufficiale della Xylella è quella di una piantina di caffè arrivata dal Costa Rica, passata per l’Olanda e trasferita a Gallipoli in un enorme vivaio di piante ornamentali. Da qui, la Xylella ha trovato il terreno fertile per diffondersi. Certo, anche per noi che l’abbiamo sentita mille volte, non è la spiegazione più semplice a cui credere.

Quel “my land” del titolo del progetto sembra affermare un diritto di proprietà morale sul territorio.
This land is my land è naturalmente la citazione della canzone folk americana. Si parla dell’attraversamento degli sterminati campi americani, dove si sente questo senso di appartenenza dei contadini alla loro terra. Nel caso pugliese, molto spesso gli agricoltori di oggi sono andati a lavorare all’estero per poi tornare e riuscire a comprarsi quei lotti di terra dove erano stati contadini. Abbiamo trovato una fortissima connessione emotiva con questa terra. Il nostro non è solo un lavoro che riguarda un problema economico e paesaggistico, ma che riguarda una questione umana.

Che cosa resta, oggi, del passaggio dell’epidemia?
Le ultime foto della nostra storia riguardano i cimiteri degli alberi. Gli alberi vengono tagliati e venduti come legname da ardere, perché la pianta è compromessa per qualsiasi altro utilizzo. La pianta viene espiantata con tutte le radici, perché non possano crescere altri alberi vettori del contagio. Un paesaggio dove migliaia di radici di alberi centenari sono rovesciate sul terreno, creano uno scenario apocalittico.