Cultura | Pop

Selena Gomez è impazzita

Nel suo nuovo video, diretto da Petra Collins, Selena Gomez ha completato la sua trasformazione.

di Clara Mazzoleni

Fino a poco tempo fa Selena Gomez rientrava in quello sfortunato gruppo di pop star stranamente incapaci di risvegliare in me alcuna mania o curiosità. Di sicuro ho sempre ammirato il suo incredibile aspetto: il perverso, rarissimo innesto della faccia di una bambina di sette anni sul corpo di una ventenne. Ma non ho mai smesso di considerare i suoi video antiestetici, tamarri, insensati e noiosi – gli uomini che vi appaiono semplicemente ridicoli, i cambi d’abito pacchiani, le canzoni imbarazzanti, perfette soltanto per gruppi di quattordicenni in gita ubriachi di vodka alla menta.

Sono stati cinque gli indizi di cambiamento nella carriera di Selena che mi hanno fatto lentamente cambiare idea: il primo è stato la partecipazione al capolavoro di Harmony Korine, Spring Breakers, nel 2012. Il personaggio interpretato da Gomez è anche voce narrante, ovvero l’unica mean girl che si ritira dal gioco erotico-delinquenziale capitanato da James Franco, impersonando quindi la sola figura leggermente sfaccettata del film, che è come un lungo e bellissimo video musicale.

Il secondo indizio, l’anno scorso: durante gli AMAs, ritirando il premio come Female Artist of The Year, Gomez ha confessato con voce forte ma rotta dall’emozione di aver appena superato un importante periodo di depressione (scaturito dal Lupus, la malattia cronica autoimmune di cui è affetta e a causa della quale ha dovuto intraprendere un ciclo di chemioterapia), facendo pensare alla confessione intima e toccante di un normale momento di fragilità all’inizio di una vera rarità all’interno della sua carriera, e cioé una canzone decente, The Heart Wants What It Wants. Autentico o costruito che sia il pianto che sentiamo all’inizio della canzone, “una forte fragilità” sembra l’ossimoro sul quale Selena, anno dopo anno, sta ricostruendo e plasmando la propria immagine di pop star.

Selena Gomez, DNCE And Bahari Perform At Staples Center

Il terzo indizio è stata l’ottima Bad Liar, creata a partire dalla bassline di Psycho Killer dei Tallking Heads (1977), il cui buffo video (Selena interpreta tutti i personaggi, anche quello maschile) racconta dell’amore segreto e non corrisposto della giovane protagonista per la sua professoressa di ginnastica. Il quarto indizio è che Selena è stata la produttrice esecutiva della serie Netflix 13 Reasons Why, di cui si è già parlato tanto. Ma è il quinto indizio quello che mi ha convinto a lasciarla accedere al festoso olimpo che sta al centro del mio cervello, quello da cui le mie star preferite, con una selezione dei loro prodotti migliori, si impegnano a rendere più luminosa e glitterata la mia grigia esistenza. Si tratta di Fetish, il video presentato il 26 luglio, in collaborazione con Gucci Mane, ideato e diretto da una donna, anzi, una ragazza, che nell’olimpo dei miei favoriti, invece, regna da sempre: Petra Collins.

Classe 1992, canadese, capelli crespi e biondi, lineamenti scolpiti da uno scultore eccentrico, ha esordito intorno al 2010 con un immaginario da Sofia Coppola in acido. Le sue fotografie hanno iniziato a spargersi per la rete grazie a Instagram, al suo progetto artistico-fotografico The Ardorous, ideato nel 2010 e da lei interamente curato, e alla sua collaborazione con Rookie magazine, il mensile online dell’ancora più giovane Tavi Gevinson (nata nel 1996), che fin dal suo esordio ha condiviso con lei uno stile estetico super identificabile: etereo e sognante, zuccheroso, kitsch e femminile, ma anche sinistro, sexy, psicopatico e oscuro – un frullatore rosa che mescola Picnic a Hanging Rock con Twin Peaks, Wes Anderson a Sofia Coppola, Molly Goddard e Simone Rocha con l’ultimo Gucci (a cui Collins ha più volte prestato il volto e per cui ha girato video caleidoscopici, tenerissimi e luccicanti.

Nel 2013 il suo account di Instagram (oggi 619k follower) è stato bloccato a causa di un autoritratto in bikini con peli pubici ben in vista. Per tutta risposta Collins ha scritto un articolo per l’Huffington Post, consolidando così il proprio ruolo (da ex ballerina classica e ex anoressica) di sostenitrice della liberazione del corpo femminile. Nel 2017 ha collaborato con l’artista Madelyne Beckles a una performance ospitata dal MoMA di New York: un’altra celebrazione della forma femminile in un’istituzione museale che per artisti ben più anziani di lei resta soltanto un sogno.

Nonostante il suo straordinario successo nella moda, nell’arte e nella fotografia, Petra Collins sembra aver conservato una freschezza da ragazza di provincia (almeno a giudicare dalle sue stories su Instagram). Stupisce un po’, quindi, che la sua strada e quella della coetanea ex-fidanzatina d’America e pop star di successo mondiale (con 125m di follower è la persona più seguita della storia su Instagram) si siano incrociate. Fetish, il video realizzato da Collins per Selena Gomez, è una visione perturbante alla Gregory Crewdson, che pesca dai film horror e Criminal di Fiona Apple (lo raccontano in questa intervista doppia su Dazed).

Quello che si vede nel video ha proprio l’aria di essere il momento dell’esplosione di un esaurimento nervoso. Selena si mozza la lingua col piegaciglia, si spreme il rossetto sui denti, balla in una cella frigorifera, lancia la spesa contro il muro e mangia il sapone. Fa tutto da sola, e si tratta di uno dei suoi pochi video in cui la figura maschile è completamente assente – se non fosse per Gucci, che però canta il suo pezzetto di canzone relegato in un angolo, senza interagire. Lo sguardo che si appoggia sul corpo sporco di sugo e fango di Selena è ovviamente quello di una donna su una donna: “volevo che apparisse vulnerabile e potente allo stesso tempo”, dice Petra su Vogue.

Le gestualità di Selena risultano inquietanti, regalano una soddisfazione sadica o lasciano spazio all’immedesimazione? Tutto questo e anche di più. Il video è un trionfo di colori caldi: il giallo limone della camicia da notte, le pesche, il rosso e il giallo dei liquidi nei bicchieri, i pomodori, una sensazione di afa estiva, di pazzia. E poi la pioggia nella sala da pranzo sulle candele accese, la cella frigorifera finale, la catarsi liberatoria. È bello quando lo sguardo di una donna su un’altra donna – e conseguentemente, allo stesso tempo, su se stessa – genera questo tipo di feticismo romantico, che sta alla base della fotografia di Collins (dai tempi dello scatto all’inguine peloso su fondale argentato): il corpo è sì diviso, reso oggetto, ma soltanto perché consenta a chi guarda e si guarda un piena conquista del sé, attraverso la narrazione che la propria irripetibile diversità può essere in grado di suggerire.