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23:18 martedì 15 luglio 2025
Il figlio di Liam Gallagher si sta facendo bello ai concerti degli Oasis indossando le giacche del padre Gene Gallagher è stato pizzicato a indossare una giacca Burberry di papà al concerto di Manchester: l’ha definita un «cimelio di famiglia».
In una piccola città spagnola, una notizia che non si sa se vera o falsa ha portato a una caccia all’immigrato lunga tre giorni Tutto è partito da una denuncia che ancora non è stata confermata, poi sono venute le fake news e i partiti di estrema destra, infine le violenze in strada e gli arresti.
Una ricerca ha scoperto che quando sono stressate le piante ne “parlano” con gli animali Soprattutto con gli insetti, attraverso dei suoni specifici. Gli insetti però non sono gentilissimi: se una pianta sta male, loro la evitano.
Hbo ha pubblicato la prima foto dal set della serie di Harry Potter e ovviamente ritrae il nuovo Harry Potter L'attore Dominic McLaughlin per la prima volta volta in costume, con occhiali e cicatrice, sul set londinese della serie.
Nel nuovo disco di Travis Scott c’è un sampling di Massimo Ranieri In uno dei più improbabili crossover di sempre, nella canzone "2000 Excursion" di Scott si trova anche "Adagio Veneziano" di Ranieri.
L’annuncio dell’arrivo a Venezia di Emily in Paris lo ha dato Luca Zaia Il Presidente della Regione Veneto ha bruciato Netflix sul tempo con un post su Instagram, confermando che “Emily in Venice” verrà girato ad agosto in Laguna.
Ancora una volta, l’attore Stellan Skarsgård ha voluto ricordare il fatto che Ingmar Bergman era un ammiratore di Hitler «È l’unica persona che conosco ad aver pianto quando è morto Hitler», ha detto. Non è la prima volta che Skarsgård racconta questo lato del regista.
Superman non ha salvato solo la Terra ma anche Warner Bros. La performance al botteghino dell'Uomo d'acciaio è stata migliore delle aspettative, salvando lo studio dalla crisi nera del 2024. 

Franz Reichelt, l’uomo che morì provando a volare

Il libro di Étienne Kern, vincitore di quest’anno del premio Goncourt per l’esordio narrativo, racconta la storia del sarto aspirante paracadutista che si lanciò dalla Torre Eiffel.

11 Ottobre 2022

Leonardo da Vinci alla fine del ‘400, mentre era a Milano, si dedicò a quello che verrà poi chiamato Grande Nibbio, una macchina volante che permetterebbe all’uomo di librarsi in cielo con delle ali che somigliavano a quelle di un rapace e di un pipistrello. Tornato a Firenze vennero fatte addirittura delle prove giù per una collina di Fiesole, dove il suo collaboratore, Tommaso Masini, riportò diverse fratture alle gambe cercando di alzarsi in cielo. «Piglierà il primo volo il grande uccello, sopra del dosso del suo magno cecero, empiendo l’universo di stupore, di sua fama tutte le scritture e gloria eterna il nido dove nacque», scrive Leonardo alla fine del suo incompiuto Codice sul volo degli uccelli. La strada dell’aviazione è lastricata di ossa rotte. Si può andare indietro all’infinito, passando per Dedalo e Icaro, alla ricerca del perenne desiderio dell’uomo di alzarsi in cielo, invidioso della libertà degli uccelli di fluttuare tra le nuvole. «Per lo libero ciel fan mille giri», scriverà Leopardi, «voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili, codici di geometria esistenziale», canterà Battiato. Fascinazione, ammirazione e gelosia eterna quella per il volo per il povero bipede costretto a stare coi piedi per terra, e anche pratica mistica, come racconta Errico Buonanno in Vite straordinarie di uomini volanti: prima che Newton scoprisse la forza di gravità a volte i santi estatici levitavano, come Teresa d’Avila o fra Giuseppe da Copertino. Ma con le grandi rivoluzioni industriali, con l’invenzione di mongolfiere e poi degli aerei, raggiunto quindi l’obiettivo millenario di alzarsi, diventa necessario trovare un modo non più per volare, ma per tornare sani e salvi sulla terra. Certo, anche a questo ovviamente Leonardo ci aveva già pensato – un paracadute triangolare in lino inamidato – ma mancava la possibilità di tenerlo chiuso in un velivolo e che si aprisse solamente al bisogno, lanciandosi ad esempio da un aereo in panne.

Nell’epoca in cui, per via dei lasciti umorali della guerra franco-prussiana, i tedeschi non erano proprio ben visti a Parigi, un sarto boemo nato nel 1878 cercò di “inventare” il paracadute pieghevole. Si chiamava Franz Reichelt. Negli anni dieci, dopo la visita dei fratelli Wright e la traversata della manica (Calais-Dover in 32 minuti) di Louis Blériot, che aveva investito nell’aviazione il patrimonio guadagnato inventando i fanali per auto, la mania per il volo nella sua declinazione ingegneristica raggiunse un apice, che si indirizzò in breve nell’industria militare trasformando, di lì a pochi anni, le dinamiche e le strategie della prima guerra mondiale. Reichelt aveva un suo atelier di moda in Rue Gaillon, non lontano dall’Operà, anche di discreto successo. Nel cortile del palazzo provò più volte a testare i paracaduti di sua invenzione, pieghevoli, integrati in una tuta da aviatore, lanciando dei manichini dalle finestre. Si trattava di una tuta gommata con all’interno pistoni. Nel 1911 viene offerto dal Aéro-Club de France un premio di 10.000 franchi, il premio Lalance, per chi avesse inventato un paracadute sicuro per i piloti. Questo aumentò ancora di più il desiderio di Reichelt, che riuscì finalmente ad ottenere il permesso per provare il suo paracadute dalla Tour Eiffel e quando, nella mattina del 4 febbraio 1912 si presentò al primo piano della torre, tutti pensavano che avrebbe gettato uno dei suoi manichini. Fu anche la giustificazione del prefetto della polizia che gli aveva dato il permesso. Reichelt, con addosso la sua invenzione, si gettò infatti dalla torre e morì creando a terra un piccolo cratere. Esiste un suo video, lui in piedi coi baffoni, imbardato nella sua invenzione, su uno sgabello al primo piano della torre. Salta e finisce dritto a terra, circondato subito da una piccola folla di curiosi dispersi in breve dalla polizia. «Sarebbe bello se fosse stato uno sketch. Charlie Chaplin nel ruolo del ballerino sulla sedia. Buster Keaton interpreta l’inventore del paracadute che non si apre. Su internet ti piazzi ai primi posti nelle classifiche delle morti più stupide della storia. Si fa ironia. Si prende in giro quel costume da supereroe mancato», scrive Étienne Kern, che ha dedicato a Reichelt la sua prima opera di narrativa, Il sarto volante (appena uscito in italiano per l’Orma, tradotto da Anna Scalpelli). Il libro ha vinto quest’anno il Goncourt per l’esordio narrativo.

Anche se a volte eccessivamente sentimentale nel tentativo di riempire quei vuoti personali, quelle dinamiche private del sarto inventore, il libro di Kern vive di un’urgenza sentita nel cercare di approfondire i motivi dietro il gesto di Reichelt. Suicidio? Arroganza? Cieca fede nel progresso tecnologico? Ma non solo, l’ossessiva ricerca sulla vita del sarto è alimentata per Kern da una serie di eventi che hanno portato via all’autore persone amate, amiche malate e parenti sbadati, cadute da finestre per errore o per desiderio di farla finita. Il doppio piano, le incursioni intime dell’autore, mostrano che quando si lavora a un libro che nasce per caso, da una fotografia, da un titolo letto di sfuggita su una rivista, nella fase dell’ideazione e della ricerca, si trovano dentro di noi i motivi veri, profondi, per cui quel tema o quel personaggio ci interessava. La curiosità per un sarto boemo morto dalla Tour Eiffel diventa auto-fiction e un modo per ragionare sui propri morti.

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