Hype ↓
23:49 mercoledì 17 settembre 2025
Nel nuovo film di Carlo Verdone ci sarà anche Karla Sofía Gascón, la protagonista caduta in disgrazia di Emilia Pérez La notizia ha permesso a Scuola di seduzione di finire addirittura tra le breaking news di Variety.
Enzo Iacchetti che urla «Cos’hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni» è diventato l’idolo di internet Il suo sbrocco a È sempre Cartabianca sul genocidio a Gaza lo ha fatto diventare l'uomo più amato (e memato) sui social.
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.
Per Tyler Robinson, l’uomo accusato dell’omicidio di Charlie Kirk, verrà chiesta la pena di morte  La procura lo ha accusato di omicidio aggravato, reato per il quale il codice penale dello Utah prevede la pena capitale. 
Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.

L’artista precedentemente conosciuto come Kanye West

Il documentario Jeen-yuhs: a Kanye Trilogy ci ricorda che prima del gossip e delle crisi di nervi sui social è esistito un autore fatto di genio e fatica.

17 Febbraio 2022

Non è mai bello vedere qualcuno impazzire in mondovisione. Anzi, in realtà a volte è bellissimo, tipo la crisi isterica di Fabio Grosso dopo aver segnato il gol in semifinale contro la Germania ai Mondiali di calcio del 2006. Quello del terzino di Roma, però, fu un caso eccezionale di impazzimento momentaneo. Di solito quando un personaggio pubblico perde la brocca ci si sente un po’ morbosi, come quando durante un viaggio in autostrada si forma una coda perché le macchine, incrociando un incidente nella corsia di marcia opposta, rallentano per dare un’occhiatina. La salute mentale di Kanye West, ormai da parecchi anni, si sta deteriorando in mondovisione, e non nella corsia opposta, proprio davanti ai nostri occhi. Abbiamo fatto un frontale con la sua vita.

In quanti scandali mediatici è stato coinvolto Kanye West negli ultimi anni? Moltissimi, dall’aggressione a Taylor Swift agli MTV Video Music Awards del 2009 alle polemiche con Beck ai Grammy del 2015, i commenti deliranti sulla schiavitù in un’intervista a Tmz, il lisergico supporto a Donald Trump, la sua patafisica candidatura alle elezioni del 2020 con un programma politico poco strutturato. Negli ultimi tempi, la capacità di Kanye di ficcarsi nei guai e far parlare di sé è esponenzialmente aumentata per trasformarsi in un fiume torrenziale di gossip e stronzate, fra il divorzio da Kim Kardashian e la (assolutamente verissima e non costruita per i rotocalchi) relazione con Julia Fox, già finita, dal litigio con Kid Cudi agli sbrocchi su Instagram. A volte si tende a sottovalutare un aspetto chiave della faccenda: Kanye West non è un birbantello o un furetto del music business. È una persona malata, a cui è stato diagnosticato un disturbo bipolare, e che ha trascorso dei periodi di tempo in ospedale per curare paranoie e allucinazioni.

È uscita oggi su Netflix la prima parte di Jeen-yuhs: a Kanye Trilogy, un documentario diviso in tre puntate di un’ora e mezza che racconta gli anni dal 2000 al 2004, quando Kanye era un producer e beatmaker che cercava di sfondare come rapper, fino all’uscita del suo primo album The College Dropout. Il documentario è scritto e diretto da Clarence Simmons, meglio noto come Coodie, con l’aiuto del suo socio Chike Ozah. All’inizio di questo millennio Coodie era un comico di Chicago, piuttosto popolare in città: nonostante fosse più famoso di Kanye West vide nel suo vecchio amico un potenziale, così Coodie mollò tutto e si mise a seguire Ye con una telecamera. In teoria, le riprese avrebbero dovuto interrompersi quando Kanye avrebbe vinto il primo Grammy; Coodie però ha continuato a girare per anni, finché la fama e i milioni lo hanno fatto allontanare dall’entourage dell’ex marito di Kim Kardashian. Coodie ha custodito giorni di girato su mini-dvd in qualche scatola di scarpe a casa sua per anni, in attesa dell’autorizzazione a pubblicarli. L’autorizzazione di West arriva finalmente del 2016, dopo anni di silenzio, poi ci ripensa, si fa ricoverare per esaurimento nervoso, concede di nuovo l’autorizzazione, sbrocca su Instagram un mesetto fa lamentandosi di non aver avuto l’ultima parola sul documentario ma è troppo tardi, i contratti sono stati firmati, il pubblico ha il diritto di sapere.

Jeen-yuhs: a Kanye Trilogy piacerà moltissimo ai fan di Kanye e interesserà poco agli spettatori neutrali. È la storia vera di un ventenne che si trasferisce a New York per cercare fortuna. Nel primo episodio Kanye se ne va in giro senza orecchini indossando un paio di collanine da pochi spiccioli, felponi con zip e cappuccio, cappellino sempre con la visiera all’indietro. Gironzola per studi di registrazione e case discografiche a far sentire i suoi demo, concede la prima intervista a MTV, va a trovare sua madre Donda. I suoi discorsi, i suoi sforzi e la sua ostinazione confermano quel vecchio aforisma attribuito un po’ a tutti, da Thomas Edison a Mark Twain: il genio è l’un percento ispirazione e il novantanove per cento fatica.

Ci sarebbe però una riflessione da fare, sull’immagine pubblica di Kanye West. Stiamo dando retta alle paturnie e all’ipersensibilità di chiunque, empatizziamo con tutti, dagli studenti che non vogliono fare la maturità alle tenniste professioniste che si sentono violate dalle domande in una conferenza stampa, mentre con le peripezie del vecchio Kanye ce la stiamo spassando alla grande. Ovvio, è più facile essere bipolare quando possiedi quasi due miliardi di dollari, ma non mi pare proprio che con lui stiamo usando le stesse premure che usiamo con personaggi pubblici meno sbarellati. Certo, è la stampa, bellezza, è il villaggio globale, sono le tonnellate di informazioni che bruciamo ogni giorno, è piuttosto improbabile che il ciclo continuo di meme e report sui comportamenti bislacchi di Kanye West si interrompa presto. Di sicuro lui non sta benissimo, e il suo entourage non sta facendo molto per aiutarlo, chissà quante persone ci stanno guadagnando, il circo non può fermarsi. Ieri notte Kanye West ha postato (e poi rimosso) su Instagram un quadratone dove c’era scritto in rosa su sfondo nero: «God… Please watch over me and keep my mind sane. I could use it right now. To anyone who feels alone, im with u and i love you». Anche se Kanye West ha circa due miliardi di dollari in più di me, un po’ mi è dispiaciuto per lui. Se dovessi incontrarlo stasera al bancone di un bar, gli offrirei volentieri il primo giro.

Articoli Suggeriti
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza

E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.

Robert Redford, la star politica di un mondo che non c’è più

Dalla vita ha avuto tutto: fama, bellezza, successo, ricchezza, riconoscimento. Ma erano altre le cose che gli importavano: la democrazia, il cinema indipendente, le montagne dello Utah, e opporsi a un'industria che ormai disprezzava.

Leggi anche ↓
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza

E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.

Robert Redford, la star politica di un mondo che non c’è più

Dalla vita ha avuto tutto: fama, bellezza, successo, ricchezza, riconoscimento. Ma erano altre le cose che gli importavano: la democrazia, il cinema indipendente, le montagne dello Utah, e opporsi a un'industria che ormai disprezzava.

È morto Robert Redford, una leggenda del cinema americano

Aveva 89 anni, nessun attore americano ha saputo, come lui, fare film allo stesso tempo nazional popolari e politicamente impegnati.

Tra i candidati a rappresentare l’Italia all’Oscar per il Miglior film internazionale ci sono praticamente tutti i film italiani usciti quest’anno

Tranne La grazia di Paolo Sorrentino, ma non per volontà: la sua assenza è solo una questione burocratica.

Maqluba, una storia d’amore in Cisgiordania

L'avvocata per i diritti umani Sari Bashi, israeliana di origine irachena, ci racconta il suo libro, che ripercorre la storia d’amore con il compagno, palestinese di Gaza, attraverso una raccolta di brani tratti dai diari di entrambi.

Javier Bardem si è presentato con la kefiah al collo sul red carpet degli Emmy

L’attore spagnolo ha chiesto la fine del blocco agli aiuti umanitari, guidando una folta schiera di star che hanno parlato della Palestina agli Emmy.