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Dopo quasi 10 anni di attesa finalmente possiamo vedere le prime immagini di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, è il film che segna il ritorno alla regia di Van Sant dopo una pausa lunga 7 anni.
Un esperimento sulla metro di Milano ha dimostrato che le persone sono più disponibili a cedere il posto agli anziani se nel vagone è presente un uomo vestito da Batman Non è uno scherzo ma una vera ricerca dell'Università Cattolica, le cui conclusioni sono già state ribattezzate "effetto Batman".
Secondo una ricerca dell’università di Cambridge l’adolescenza non finisce a 18 anni ma dura fino ai 30 e oltre Secondo nuove analisi neuroscientifiche, la piena maturità cerebrale degli adulti arriva molto dopo la maggiore età.
I fratelli Duffer hanno spiegato come settare la tv per guardare al meglio l’ultima stagione di Stranger Things I creatori della serie hanno invitato i fan a disattivare tutte le “funzioni spazzatura” delle moderne tv che compromettono l'estetica anni '80 di Stranger Things.
L’incendio di Hong Kong potrebbe essere stato causato dalle tradizionali impalcature in bambù usate nell’edilizia della città Le vittime accertate sono 55, ci sono molti dispersi e feriti gravi. Sembra che il rogo sia stato accelerato dal bambù usato nei lavori di ristrutturazione.
L’Onu ha definito Gaza «un abisso» e ha detto che ci vorranno almeno 70 miliardi per ricostruirla Quasi sicuramente questa cifra non sarà sufficiente e in ogni caso ci vorranno decenni per ricostruire la Striscia.
Anche quest’anno in Russia è uscito il calendario ufficiale di Vladimir Putin Anche nel 2026 i russi potranno lasciarsi ispirare dalle foto e dalle riflessioni del loro presidente, contenute nel suo calendario
Sarkozy è stato in carcere solo 20 giorni ma dall’esperienza è riuscito comunque a trarre un memoir di 216 pagine Il libro dell’ex presidente francese sulla sua carcerazione lampo a La Santé ha già trovato un editore e verrà presto pubblicato.

La vita moderna di Raymond Depardon

Cresciuto nella fattoria di famiglia, ha girato e fotografato il mondo intero: Triennale Milano celebra la lunga carriera del fotografo francese con una grande mostra, la prima in Italia.

19 Ottobre 2021

Raymond Depardon è francese fino al midollo eppure le sue immagini più conosciute hanno un retrogusto tipicamente britannico. Sembrano realizzate da Bill Brandt o John Bulmer,  gente che la foschia impalpabile delle campagne d’Albione la conoscono alla perfezione. Il fotoreporter transalpino le ha realizzate a Glasgow negli anni ’80, trasformando la più grande città della Scozia, da posto più malinconico del pianeta a luogo magico, colorato e ottimista. Il Sunday Times gli aveva chiesto di andare lassù per ritrarre le industrie fatiscenti e la vita di quelli che John Lennon definiva working class heroes. E lui, ispirato come non mai, ne aveva realizzato un reportage indimenticabile (e mai pubblicato). Difficile pensare che quei lavori fossero opera di un artista nato sulle rive del Rodano. Eppure era così.

Alcuni di questi gioielli suburbani oggi fanno parte della retrospettiva che la Triennale di Milano, insieme alla Fondation Cartier, dedica a Depardon. La vita moderna (dal 15 ottobre al 10 aprile 2022), allestita insieme all’artista Jean Michel Alberola, è un riassunto dettagliato della poetica del grande fotografo. E ci rivela quel suo modo unico di svelare (e accostare) mondi lontani fra loro: dalle comunità rurali francesi alle periferie urbane del nord, dalla vita quotidiana nella New York anni Ottanta fino agli ospedali psichiatrici di alcune città italiane degli anni Settanta. Soggetti e ambienti diametralmente opposti, eppure uniti nel celebrare la bellezza del nostro pianeta e la diversità della sua gente. La Triennale dedica a questo artista, nato nel 1942 a Villefranche-sur-Saône, oltre 1300 m2 di spazio espositivo dove il pubblico è invitato a riscoprire il pianeta, attraversare città e campagne e ascoltare la parola dei loro abitanti, solitamente relegati a ruolo di comprimari.

R. Depardon, Glasgow, Scotland, 1980 © Raymond Depardon/Magnum

Depardon ha iniziato a scattare a soli dodici anni, fotografando la vita della fattoria dove viveva. «Sono un’eccezione fra i miei colleghi francesi, perché vengo dalla campagna», ha raccontato in una recente intervista. «Oggi le persone che vengono dalle fattorie non esistono più. Eppure proprio questa mia formazione un po’ originale mi ha dato una base importante per confrontarmi con tutto ciò che avrei visto di lì a poco». Uno degli anni cruciali è il ’58 quando Depardon si trasferisce a Parigi e inizia a ritrarre la Bardot e De Gaulle. Due anni dopo parte per il servizio militare realizzando un reportage sulla Guerra d’Algeria. Poi vola in Ciad, nel Libano, nel Sud-est asiatico fino al Venezuela. Giovane reporter dell’Agenzia Dalmas, nel 1966 fonda insieme all’amico Gilles Caron (che poi morirà in Cambogia) l’Agenzia Gamma. Bulimico di novità, coraggioso, curioso, sperimenta ogni media possibile. È fotografo, ma anche regista e scrittore. I suoi colleghi si limitano a scrivere brevi didascalie sugli scatti? Lui va oltre e realizza veri racconti, mescolando immagini, parole e suggestioni. «Non ho uno stile riconoscibile e lo rivendico», dice con una punta d’orgoglio.

Dal 1975 al 1977 si dedica soprattutto all’Africa. E grazie a questo lavoro nel 1978 viene premiato col Pulitzer. L’anno dopo entra a far parte della scuderia Magnum (di cui ancora oggi è tra i membri fondatori). Innamorato dei paesaggi selvaggi di Ansel Adams, negli anni Ottanta ripercorre le orme del grande maestro attraversando (e fotografando) gli Stati Uniti dal New Mexico alla California. Nel 1981, quasi per caso, intraprende una collaborazione con il  giornale francese Liberation che entrerà nella storia: inviato a New York Depardon si impegna a spedire alla redazione parigina uno scatto e una didascalia al giorno per un mese, creando una sorta di fotoromanzo della vita quotidiana negli Stati Uniti. Alcuni di questi lavori sono esposti a Milano, dove si possono ammirare otto serie fotografiche, due film e l’insieme di tutti i libri del maestro. Oltre alla già citata Glasgow, viene presenta la serie “Errance” del 2000 dove il maestro rivela strade e passaggi, vie e rotaie che danno vita a una serie di non luoghi trasformati in quadri astratti.

San Servolo, Venezia, 1979 © Raymond Depardon/Magnum Photos

Collegno, Torino, 1980 © Raymond Depardon/Magnum Photos

Con “Communes”, del 2020, mette in risalto le aree del sud della Francia miracolosamente scampate a un progetto di estrazione di gas di scisto poi abbandonato. Mentre con “Manhattan Out”, del 1980, evoca la solitudine urbana e l’indifferenza individualista. Un capitolo importante, poi, lo merita la serie “La France” (2004-2010), forse uno dei suoi progetti più ambiziosi. Un ritratto contemporaneo, quasi un omaggio al suo Paese natale realizzato a colori, immortalando piazze e bar, uffici postali e stazioni di servizio sempre in modo frontale con una macchina fotografica 20 x 25. L’esposizione milanese, la prima che l’Italia dedica a monsieur Raymond, si chiude infine con la serie “San Clemente”. Realizzata fra il 1977 e il 1981, testimonia ciò che avviene tutti i giorni all’interno degli ospedali psichiatrici di Trieste, Napoli, Arezzo e Venezia. Un viaggio senza tempo né confini, in cui Depardon si pone continuamente domande, si mette alla prova e sperimenta; ripetendo come un mantra: «il fotografo è un essere pieno di dubbi. E niente lo calmerà». Proprio questa sua irrequietezza lo ha condotto dove oggi ha scelto di stabilirsi. In un luogo dove, sono parole sue, «il reale avrà sempre più valore del sensazionale».

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