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Finalmente possiamo leggere i diari di Patricia Highsmith

Dopo una lunga attesa (ne avevamo scritto qui tre anni fa) i diari di Patricia Highsmith sono finalmente arrivati, almeno in lingua inglese. Il tomo dal titolo Patricia Highsmith: Her Diaries and Notebooks, 1941-1995 raccoglie i diari dell’autrice di Il talento di Mr. Ripley ritrovati dopo la sua morte, nel 1995, in un armadio della biancheria della sua casa a Tegna, piccolo comune nel Canton Ticino dove abitò da sola a partire dal 1982. Curato da Anna von Planta, l’editor di lunga data di Highsmith, il libro è stato recensito con entusiasmo da Dwight Garner del New York Times, che ha lodato soprattutto i primi capitoli dedicati agli anni della giovinezza, «uno dei resoconti più attenti ed estatici che abbia letto – ed è un campo affollato! – sull’essere giovani e vivi a New York City». Una giovinezza avventurosa, anni in cui la futura autrice di Sconosciuti in treno prova a tenere insieme l’enorme passione per il suo lavoro – «questi diari», scrive Garner, «chiariscono come pochi scrittori abbiano avuto un senso più forte della vocazione» – e l’amore per la città, la vita notturna, il sesso, l’alcool. E anche qualche problema di soldi: «Quando frequenti le donne», scherzava l’autrice di Carol, «non c’è l’uomo che paga il conto».

E poi tutto il resto: gli amici attori, scrittori, poeti, registi (Truman Capote e Jeanne Moreau, tra gli altri), le controverse dichiarazioni antisemite, qualche raro rapporto eterosessuale, come quello con lo scrittore Arthur Koestler, definito «un episodio miserabile e senza alcuna gioia», i viaggi in giro per l’Europa, il ritiro degli ultimi anni. Highsmith scriveva in francese, tedesco e altre lingue, in parte per esercitarsi a padroneggiarle, in parte per respingere sguardi indiscreti, anche se sapeva perfettamente che i suoi diari sarebbero stati pubblicati. Ma la lunga gestazione del volume è dovuta soprattutto alla mole di materiale che ha lasciato: i quaderni da cui sono stati tratti i diari sono 56, quasi 8000 pagine che Anna von Planta è riuscita a condensare in 999.