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22:47 martedì 15 luglio 2025
Il figlio di Liam Gallagher si sta facendo bello ai concerti degli Oasis indossando le giacche del padre Gene Gallagher è stato pizzicato a indossare una giacca Burberry di papà al concerto di Manchester: l’ha definita un «cimelio di famiglia».
In una piccola città spagnola, una notizia che non si sa se vera o falsa ha portato a una caccia all’immigrato lunga tre giorni Tutto è partito da una denuncia che ancora non è stata confermata, poi sono venute le fake news e i partiti di estrema destra, infine le violenze in strada e gli arresti.
Una ricerca ha scoperto che quando sono stressate le piante ne “parlano” con gli animali Soprattutto con gli insetti, attraverso dei suoni specifici. Gli insetti però non sono gentilissimi: se una pianta sta male, loro la evitano.
Hbo ha pubblicato la prima foto dal set della serie di Harry Potter e ovviamente ritrae il nuovo Harry Potter L'attore Dominic McLaughlin per la prima volta volta in costume, con occhiali e cicatrice, sul set londinese della serie.
Nel nuovo disco di Travis Scott c’è un sampling di Massimo Ranieri In uno dei più improbabili crossover di sempre, nella canzone "2000 Excursion" di Scott si trova anche "Adagio Veneziano" di Ranieri.
L’annuncio dell’arrivo a Venezia di Emily in Paris lo ha dato Luca Zaia Il Presidente della Regione Veneto ha bruciato Netflix sul tempo con un post su Instagram, confermando che “Emily in Venice” verrà girato ad agosto in Laguna.
Ancora una volta, l’attore Stellan Skarsgård ha voluto ricordare il fatto che Ingmar Bergman era un ammiratore di Hitler «È l’unica persona che conosco ad aver pianto quando è morto Hitler», ha detto. Non è la prima volta che Skarsgård racconta questo lato del regista.
Superman non ha salvato solo la Terra ma anche Warner Bros. La performance al botteghino dell'Uomo d'acciaio è stata migliore delle aspettative, salvando lo studio dalla crisi nera del 2024. 

Moderno napoletano

Napoli Super Modern cataloga l'architettura moderna della città, un'estetica che fa parte della sua identità anche se non si direbbe: abbiamo intervistato l'autore, Umberto Napolitano di LAN.

27 Dicembre 2020

Fondatore insieme a Benoit Jallon di LAN (Local Architecture Network), Umberto Napolitano è andato via da Napoli a 18 anni per sbarcare a Parigi, che è diventata per lui più che una città d’adozione. Con LAN, lui e il suo socio hanno immaginato e messo in pratica un laboratorio multidisciplinare che unisce alla progettazione vera e propria (gli uffici del Porto di Marsiglia tra gli ultimi lavori), la ricerca, la curatela, la pubblicazione di libri. Nel 2017, per esempio, hanno ideato una mostra sulla Parigi haussmaniana, mentre adesso esce questo Napoli Super Modern, un progetto di censimento del moderno a Napoli, l’architettura tra gli anni ’30 e ’60 che in città ha assunto un’identità tutta propria. Per chi non conosce Napoli, è curioso persino venire a scoprire l’esistenza di un’estetica simile. Per chi invece la conosce, è una bellissima occasione per ricordarla e riconoscere un’immagine, per quanto non immediatamente associata all’idea di Napoli, che è parte integrante della sua identità. Il famoso (e «ingiustificatamente abbandonato», secondo Napolitano), Mercato ittico di Luigi Cosenza, la Mostra d’Oltremare, il rione Carità tra l’ufficio delle Poste e gli edifici di via Ponte di Tappia, l’elegantissimo razionalismo mediterraneo di Stefania Filo Speziale che trova la sua massima espressione in un progetto come Palazzo Della Morte in Corso Vittorio Emanuele. Il libro è corredato da saggi (dello stesso Napolitano, di Manuel Orazi, di uno storico dell’architettura come Andrea Maglio, e di uno studioso della progettazione come Gianluigi Freda), da rilievi degli edifici, dalle fotografie di Cyrille Weiner.

Edificio per abitazioni alla Riviera di Chiaia 206, foto di Cyrille Weiner

Com’è nata l’idea di questo progetto?
Lavoriamo da un po’ sulle città e cerchiamo di capire cosa possiamo prendere dalle città che studiamo per immaginare la città che verrà. Abbiamo lavorato su Parigi perché è la città più densa d’Europa senza oggetti verticali, un esempio quindi che si contrappone al modello americano e in generale alla tendenza attuale di verticalizzare la città. Saper costruire denso è una sfida anche ecologica perché costruendo di più in un luogo, se ne salvaguarda un altro. Il caso di Napoli è diverso in quanto è una delle pochissime città in cui il palinsesto è nella fondazione stessa della città. È una città che si è costruita e ricostruita sulla città in un rapporto a volte violento, a volte armonioso, ma comunque Napoli è sempre un territorio con cui bisogna negoziare in ogni modo. Una delle cose che mi ha fatto amare la città come concetto è stata proprio Napoli, l’architettura non spiegata con la quale mi sono naturalmente confrontato durante i primi anni della mia passione, quei paesaggi che uno si porta dentro senza saperlo, ma avevo dimenticato totalmente le architetture di cui si parla nel libro. L’aneddoto divertente è che una delle persone di Studio – porto spesso gli architetti francesi a visitare Napoli – vedendo uno degli edifici di Canino a piazza Municipio disse che somigliava a una cosa che avevamo fatto, un progetto che abbiamo a Saunglet ed effettivamente c’era qualcosa che ho poi ritrovato in vari progetti dello studio. Insomma è stata da un lato una forma di psicoterapia architettonica per me, dall’altro l’abbiamo considerata un bacino di esperienze che secondo me sono utilissime oggi.

Particolare di Palazzo Della Morte, foto di Cyrille Weiner

Cosa caratterizza il moderno a Napoli?
Sono modelli moderni totalmente impuri perché lontani dal dogma moderno che progettava quasi prima l’uomo della città. Il moderno era un progetto utopico che a Napoli, data la complessità della città, non ha mai attecchito e quindi ha assunto delle forme totalmente impure dalle quali io credo oggi ci sia tantissimo da imparare… questi pezzi di moderno impuro sono stati assorbiti dalla città e hanno fatto identità, sono talmente dentro la città che non li vediamo e io penso che quando qualcosa non la vediamo è stato accettato collettivamente, fa parte dell’immaginario.

Mi sembra che uno dei meriti di questo libro sia restituire a una città schiacciata dai cliché e dalla sua rappresentazione “presepiale” un volto che esiste ma è appunto invisibile.
Una delle cose che mi piace di questo corpus è anche la banalità. C’è un edificio in via Ponte di Tappia estremamente interessante che non si vede a meno che uno non posa lo sguardo lì. E la quantità di cose costruite è comunque impressionante: la Mostra d’Oltremare, il Rione Carità, i rioni popolari.

Il Palazzo dell’Istituto Nazionale Assicurazioni, foto di Cyrille Weiner

Non trovi che alcune città mediterranee, penso per esempio a certi quartieri di Atene e di Napoli, si assomiglino più per il moderno che per le cose per cui vengono classicamente associate (la storia, il disordine, la prossimità col mare)?
Non me lo dire. Conosco meglio Atene del Vomero, e ogni volta che vado al Vomero penso di essere ad Atene! In realtà prima di fare Napoli Super Modern, avevamo in mente una ricerca simile ma che mettesse a confronto Napoli, Atene ed Algeri, dove ha lavorato un architetto fondamentale come Fernand Pouillon, che progettò il quartiere capolavoro Climat de France, una figura di riferimento anche per molti di questi architetti che operarono a Napoli.

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