La nuova Montblanc Haus di Amburgo è il paradiso della scrittura

Montblanc ha aperto una nuova esposizione permanente, un luogo che racconta la sua storia, il lavoro degli artigiani e i grandi pensatori che negli anni hanno utilizzato le famose stilografiche e altri strumenti di scrittura.

27 Novembre 2025

Sulla parete di un bianco ottico, sono incorniciati intagli, lettere e corrispondenze private, semplici biglietti di ringraziamento: un’ossessione per la scrittura, quella di Montblanc, che su questo “wall of fame” si sublima, anche se non tutti i documenti sono scritti con una delle penne confezionate e prodotte qui, ad Amburgo. Sicuramente non lo è il biglietto con il quale, 100 anni prima che la maison fosse fondata, nel 1906, Alexandre Dumas faceva gentile richiesta di due biglietti per il teatro; c’è forse speranza per la lettera che Rainer Maria Rilke indirizza alla sua amica, l’attrice tedesca Maria Nevar, nella quale parla di questioni sorprendentemente quotidiane (l’assunzione di una nuova collaboratrice domestica e la visita al dentista), così come per la missiva di Helmut Newton, che parla dei momenti più memorabili vissuti nell’anno di grazia 2000 (morirà 4 anni dopo, come possono morire solo le leggende, schiantandosi con la macchina, un Suv di Cadillac, contro uno dei muri perimetrali dello Chateau Marmont, in Sunset Boulevard).

La stanza nella quale siamo fa parte di un percorso espositivo più grande, ospitato all’interno della Montblanc Haus, non solo luogo di produzione di famose stilografiche (battezzate con un certo grado di modestia Meisterstück, ossia “capolavoro”) e strumenti similari dedicati ai cultori della scrittura, ma anche avamposto simbolico della filosofia del brand, progettato dallo studio Nieto Sobejano Arquitectos. In questa mostra permanente, inaugurata nell’edificio su 3 livelli da 3600 mq di spazio, si alternano aree dedicate alla storia della maison e alla nascita della Meisterstück a video immersivi, passando per le collezioni limitate e il processo complesso che porta alla nascita di una singola penna, fatta di più di 30 passaggi e l’utilizzo di materiali preziosi, come la bobina d’oro nella quale si intaglia il pennino, sormontandolo da una pallina di iridio – metallo ben più duro, parte della famiglia del platino – utile ad evitare che l’oro, per sua costituzione molto più duttile e morbido, possa deformarsi negli anni e con gli usi. Nel percorso è anche presente un cubo dotato di una certa privacy, nel quale selezionare una cartolina, scriverne il testo, e poi imbucarla nella fessura sulla scrivania: si occuperà il brand di consegnarla gratuitamente. L’unica persona capace di apprezzare un gesto del genere è chi alle cartoline era abituato, e ne percepisce il valore affettivo al di là dell’oggetto, per noi oggi ridotto ad una reliquia del passato: e così si scrive una cartolina alla nonna, cosa che, si scoprirà poi, hanno fatto più o meno tutti gli altri compagni di viaggio, giornalisti e inviati di quotidiani, invitati a scoprire la manifattura in una città che a metà novembre è già pronta per Natale, con mercatini che rilasciano nell’aria gelida i vapori esalati dai bicchieri bollenti di vin brulé. 

E nel passato di Montblanc, invece, c’è stato anche un momento nel quale si è pensato pensato che forse il nome Meisterstück suonasse troppo tedesco, poco morbido, e di conseguenza si sono realizzate alcune penne che traducevano quel lemma nei mercati di riferimento: chissà che valore hanno oggi, quelle penne sulle quali è inciso “capolavoro”, “chef d’oeuvre”, “masterpiece”. Sicuramente di valore spropositato sono quelle da collezione, realizzate nel 1996 per celebrare Alexandre Dumas, con una confezione sulla quale era stampata la firma dello scrittore: dopo il rilascio, però, si scoprì che quella firma non apparteneva in realtà a lui, ma ad Alexandre Dumas figlio, progenie dotata dello stesso nome di battesimo e però autore de La signora delle Camelie. Lo spiega l’addetta all’archivio, in una stanza interdetta al pubblico nella quale si conservano fotografie, vecchi libri con le pubblicità dell’epoca, e documenti: il brand provò a ritirare l’articolo dal mercato, proponendo a chi lo aveva acquistato di cambiarlo con la nuova confezione che riportava la firma corretta, ma non tutti si fecero avanti, consapevoli di essere in possesso di un oggetto che sarebbe poi divenuto una rarità, nel mercato delle stilografiche Ciò che invece è rimasto sempre uguale, senza timore di errori, dal 1924 della nascita della Meisterstück, è stato il tappo, sopra il quale è disegnato il logo del brand, una stilizzazione dei sei ghiacciai che si vedono dalla sommità del Monte Bianco, con gli angoli arrotondati, e il 4810, ossia l’altezza in metri della montagna, incisa sul corpo della penna. 

Trattare la scrittura come una forma d’arte, espressione singolare di chi la esercita, qui vuol dire anche accompagnare il percorso espositivo con manufatti che usano carta e inchiostro: c’è l’opera di Wendy Andreu, artista con base a Parigi, che utilizza la lana colorata con inchiostro, così come un enorme oggetto sospeso, che ricorda un salice piangente, realizzato con la carta dallo Studio Marianne Guély. A stupire maggiormente, rimane però  l’ossessione che anima chi questo posto lo vive tutti i giorni, e che gira per il luogo con un marsupio nel quale sono conservate almeno una mezza dozzina di penne, tutte differenti e realizzate ad hoc a seconda della modalità di scrittura, dell’inclinazione del polso e della presa, del tratto che si vuole ottenere, dell’utilizzo che ne si farà in futuro (una penna per scrivere nel quotidiano sarà diversa da una penna utilizzata meramente per apporre la propria firma). E così ci si ricorda di cosa voglia dire, prendersi il tempo di scrivere in corsivo, anche solo per firmare un biglietto di ringraziamento dopo una cena, cortesia analogica ormai divenuta desueta, e per questo ammantata del fascino del vintage: il brand continua in effetti a organizzare corsi di calligrafia disponibili online con i più variegati scopi (il journaling, i biglietti di auguri, l’apprendimento della calligrafia moderna, il corsivo Americano classico oppure il copperplate, lo stile inglese tutto svolazzi e decori). Per chi ha passione e disponibilità economica, esistono anche i modelli celebrativi, nei quali la competenza artigianale si sublima: nella stanza non aperta al pubblico dove si preparano queste stilografiche, non si può fotografare nulla. D’altronde, il processo di gestazione che porterà alla creazione di questi oggetti da collezione, richiede più o meno 4 anni: così sono nate le Meisterstück dedicate al David michelangiolesco o quella che invece omaggia i Queen, che adotta gli stessi colori del doppio LP Greatest Hits II blu e oro (nelle finiture) con gli strumenti immortalati sulla resina pregiata (chitarra e batteria sul corpo, microfono e basso sul cappuccio). E così, quando si viene messi alla prova, per testare sul campo le differenze tra tratti, angolazioni da dare alla penna per ottenere un tratto più affilato o invece più doppio, si è riportati alla realtà: abituati da anni a prendere appunti in velocità durante le interviste, oggi, con una penna in mano, si scrive piuttosto male, e non è certo colpa dello strumento, quanto di chi lo sta utilizzando. Forse è il caso di controllare online quei corsi di calligrafia.

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