Stili di vita | Dal numero

La nuova vita di Città Studi

Cosa succede a Est di Piazza Loreto a Milano tra gallerie e showroom, nuovi locali e ristoranti inaspettati.

di Studio

©Palinurobar

La prima a parlare di “città dei 15 minuti”, in pieno 2020, è stata Anne Hidalgo, due volte sindaca di Parigi e pochi mesi dopo, a settembre 2021, candidata alla presidenza della Repubblica francese. Tra le prime città a seguire l’esempio parigino c’è stata invece Milano, un fatto che non stupisce considerando la vicinanza di visioni tra Sala e Hidalgo, i frequenti complimenti e messaggi di sostegno che i due si sono scambiati pubblicamente, e in un certo senso anche la natura stessa delle città in questione, compresi i cambiamenti urbanistici attuati negli anni di governo e, ancora di più, in quelli di pandemia.

L’idea della città dei 15 minuti, nata dal franco-colombiano Carlos Moreno, significa quindi servizi, ma significa anche tenere alto il livello di allerta per le trasformazioni alla base di questa realizzazione: se l’evoluzione riguarderà soltanto le zone più centrali, la disuguaglianza tra centro storico o benestante e periferie aumenterebbe, squalificando facilmente il sogno, oppure l’utopia, di una Milano dei quartieri.

Se il quartiere di NoLo è stato immediatamente travolto dalla gentrificazione anche a causa di quel branding forse ingenuo, perdendo in poco tempo la speranza di un’identità peculiare e legata alla storia dell’area, fino a pochi anni fa fortemente popolare, altri esempi si stanno muovendo con meno pubblicità e più cura e discrezione. È il caso dell’area compresa tra piazzale Loreto, Piola e il complesso universitario di piazza Leonardo, la cosiddetta Città Studi. Non c’è un nome, se non quel “Garofalo Paisiello” che indica due vie silenziose e poco trafficate al cui incontro nascerà, tra pochi anni, un nuovo complesso abitativo disegnato da Mario Cucinella Architects, al posto di un edificio in disuso e abbandonato da tempo.

©Palinurobar

Proprio insistendo sull’identità di questo quartiere ancora poco identificato e la volontà di metterci radici il brand Sunnei, durante la Design Week ritrovata, a settembre 2021, ha organizzato una spettacolare cena “tra amici” all’aperto, in strada, per centinaia di persone. Sunnei punta molto sulla zona: dopo la nascita del quartier generale Palazzina Sunnei, nel 2021 è stata la volta dell’ampliamento, e quindi Palazzina 2, tre piani con aree di lavoro, spazi comuni, sale riunioni, showroom, cucina. Non solo: anche un’utilissima guida, comprensiva di mappa e QR code informativi, alle presenze più interessanti del quartiere.

Non sarà difficile ritrovare poi alcune facce, dopo la chiusura degli uffici, nel nuovo wine bar di via Paisiello, Palinurobar. Nato da un team di quattro amici provenienti da mondi diversi – quello del vino, sì, ma anche quello delle arti visive e dell’editoria – si trova nei locali di una vecchia caffetteria anni Ottanta, integralmente conservati. E quindi oltre 500 etichette di vini naturali, una piccola cucina, ma anche edicola, libri d’artista, eventi e presentazioni. Come quello con cui, durante il SuperSalone, hanno svelato le opere del ceramista Roberto Aponte – glacette e piatti – che sono poi diventate a tutti gli effetti parte del servizio quotidiano.

©Palinurobar

Pochi metri più in là, questa volta per mangiare, c’è uno dei migliori ristoranti coreani di Milano, nonché uno dei più antichi: aperto nel 1985, Ginmi, che è stato attivo in servizio delivery per tutta la durata del lockdown, è da provare anche per l’originalità dell’offerta, che abbina vini naturali ai piatti della nazione più di moda degli ultimi anni. Il cibo non manca, in zona, anche grazie a Maoji, street food cinese in piazza Aspromonte, Mandarin 2, tra i primi ristoranti cinesi della città, che continua a presidiare, e Tone, nuova panetteria con farine da tutto il mondo e proposte di panificazione molto originali, tra cui il ricercato khachapuri georgiano.

Ma se in alcuni quartieri – Isola, ci senti? – l’offerta gastronomica è stata così massiccia da soffocare le altre proposte, questa sorta di “nuova Città Studi” sembra resistere alla gentrificazione del cibo. E quindi arte, cultura, aggregazione si fanno allo Spazio Maiocchi, da Clima Gallery, allo Spazio Martín e naturalmente alla Galleria Massimo De Carlo.

E poi, i servizi essenziali: il cinema Plinius, tra i più antichi di Milano, nato  negli anni Trenta come teatro e diventato grande schermo nel ’67; il mercato di via Ampère, vicino di casa del ristorante e bar e coworking Upcycle, pioniere della zona da diversi anni. L’architettura, a proposito: menzione per le poco conosciute Casa Corbellini-Wasserman, di Portaluppi in viale Lombardia, la Facoltà di architettura del Politecnico di Milano di Ponti, Portaluppi, Giordano, e anche la chiesa di San Luca Evangelista, di Gio Ponti, sempre in via Ampère. A proposito di santi, manca solo il Bar Basso, vero protettore del quartiere, che c’era prima e ci sorveglia ancora oggi, silenzioso ma nemmeno troppo, e di certo inimitabile.

Cibo, Drink

  • Bar Basso, Via Plinio 39
  • Palinurobar, Via Giovanni Paisiello 28
  • Ginmi, Via Giovanni Paisiello 7
  • Shawarma House, Via Enrico Nöe 24
  • Maoji Street Food, Piazza Aspromonte 43
  • Mandarin 2, Via Garofalo 22a
  • Tone Milano, Bread Lab., Via Donatello 22
  • Upcycle Milano Bike Cafè, Via Andrea Maria Ampère 59

Design, Arte

  • Spazio Maiocchi, Via Achille Maiocchi 7
  • Clima Gallery, Via Alessandro Stradella 5
  • Spazio Martín, Via Alfredo Catalani 35
  • Galleria Massimo De Carlo, Viale Lombardia 17
  • Palazzina Sunnei, Via Vela 8