Dieci libri selezionati dalla redazione di Rivista Studio tra tutti quelli usciti quest'anno.
Non abbiamo fatto troppa fatica a scegliere solo dieci libri per la nostra lista di fine anno e nemmeno ci siamo sforzati troppo per selezionare più o meno cinque film e serie tv a testa. Con gli album, invece, è stato un po’ più difficile: alcuni di noi si sono ritrovati a proporre una dozzina di titoli (decisamente troppi) e sono stati costretti a fare una selezione della selezione. Potremmo interpretarla positivamente, quest’abbondanza: almeno dal punto di vista della musica il 2025 è stato un anno ricco e interessante. Anche qui, come per le cose viste, abbiamo deciso di fare una lista più emotiva che razionale, elencando semplicemente i nostri preferiti: i migliori album dell’anno non in assoluto, ma secondo noi.
Davide Coppo
Cinque tra i miei dischi preferiti del 2025 hanno in comune una certa introspezione. Non è un dato nuovo, quello introspettivo, e soprattutto nella musica: è qualcosa di cui si parla almeno dal 2020 in poi, che coinvolge anche con l’ottimo momento dell’ambient, come reazione intimista a un’iperperformatività lavorativa e sociale che stiamo vivendo da diversi anni, ma anche con una situazione geopolitica mondiale mai così stressante e delicata dalla fine della Guerra fredda. Sono dischi, in generale, di una qualità molto alta, forse sopra la media degli ultimi anni.
Blood Orange – Essex HoneyIl disco più ascoltato dell’anno. Magico, sospeso, intimissimo, pieno di amore e dolore. L’ho ascoltato la prima volta in una listening session in un bar in cui, dalla prima all’ultima traccia, nessuno ha aperto bocca. Forse nemmeno gli occhi.
Cameron Winter – Heavy MetalCameron Winter ha questa faccia che mi ricorda un po’ Julian Casablancas e un po’ Adam Green, e alla fine li ricorda anche un po’ nella voce. Pianoforte, una voce profonda e poetica, melodie ed emozioni.
Oklou – choke enoughIl disco che mi ha più stupito: un’elettronica ovattata, di nuovo intima, che mi ricorda quella sensazione che provi nei club quando, a fine serata, la gente è poca e le sostanze si sono fatte vellutate, morbide, accoglienti. Eppure c’è molto pop, dietro i beat e i sintetizzatori.
Perfume Genius – GloryC’è qualcosa nella voce di Mike Hadreas di magico, di mistico, che mi tocca in un punto del cuore e della mente a cui arrivano in pochissimi. Disco profondo, che parla di ansia e attesa e dolore, su uno sfondo musicale ispirato al country.
I cani – post mortemContessa mostra ancora di saper raccontare il mondo in cui vive e cammina e fa la spesa meglio di qualsiasi altro cantautore. I testi si sono rarefatti e anche dal punto di vista musicale post mortem è discreto, giocato sul togliere. «Qualcuno gira / di porta in porta / e vende Lotta Comunista. / Qualcuno prega / verso La Mecca / Qualcuno in after la domenica. / Qualcuno parte / per le Maldive / e qualcuno per il Donbass».
Clara Mazzoleni
Di questo anno ricorderò le lunghe passeggiate serali, a volte proprio notturne, intraprese nel disperato tentativo di raggiungere 10 mila passi giornalieri dopo 10 ore passate seduta davanti al pc. Ad accompagnarmi in quest’ardua impresa ci sono stati in loop gli album malinconici e poetici di Andrea Lazlo De Simone, Una lunghissima ombra, e Blood Orange, Essex Honey. Per crogiolarmi nelle emozioni più autolesioniste ho mandato a ripetizione private music dei Deftones e Perverts di Ethel Cain. Ogni tanto ci ho infilato Jonatan di Yung Lean, ascoltato più per amore verso di lui e per sostenerlo nella sua sober era che per reale gradimento dell’album (lo preferivo molto di più nella sua versione cloud rap, Stranger è uno dei miei album preferiti di sempre). Gli unici momenti gioiosi di queste mie peregrinazioni sono stati quelli in cui ho ascoltato e canticchiato il delizioso album di Addison Rae.
Blood Orange – Essex Honey
Triste ma anche terapeutico, perfetto per riflettere sull’esistenza vagando nella natura, come fa lui stesso in questo stupendo video.
Andrea Laszlo De Simone – Una lunghissima ombra
Idem come sopra, anche se il mio video preferito di questo album non è uno di quelli col fiume, gli alberi o la nebbia, ma questo (una giostra).
Deftones – private music
Niente mi triggera come ascoltare i Deftones: mi è bastato far partire la prima canzone per tornare al profondissimo malessere dell’adolescenza e alla grave dipendenza da White Pony. Non è solo una questione di nostalgia masochista, però: private music è un ottimo album, lo dice anche Pitchfork.
Ethel Cain – Perverts
Una Ethel Cain più dark che mai. Perfetto per oscure meditazioni e angosce distopiche tra rumori di droni e litanie perverse.
Addison Rae – Addison
Con il suo sorriso, le sue canzoni e i suoi video (li amo tutti, ma sono ossessionata da quelli di”Diet Pepsi“, “Headphones On” e “Aquamarine“) Addison Rae farebbe resuscitare anche i morti, ed è quello di cui ho spesso bisogno dopo aver ascoltato in loop gli album elencati in precedenza.
Teresa Bellemo
Erano altri i tempi in cui conoscevo praticamente tutti i dischi nelle classifiche di fine anno. Avevo più tempo? In classifica c’erano più cose affini al mio gusto? Ero più giovane? Forse tutte queste cose insieme. Ora scorrendole è una continua altalena tra chi sono questi, ah sì, anche questo disco è uscito, e un sospiro di sollievo perché ci sono quelli che sono piaciuti anche a te, anche se in quelle degli altri mancano quelli che sono i tuoi punti fermi (vedi Bon Iver) e nella tua mancano le nuove leve perché non ti fidi ancora (vedi Geese).
Wet Leg – Moisturizer
Nonostante una produzione che si capisce che voleva renderle fenomeno, nel loro secondo disco le ragazze dell’Isola di Wight sono sempre sfrontatelle e chiudono dei pezzi che avercene, tipo “catch these fits”.
Andrea Laszlo De Simone – Una lunghissima Ombra
Non potevo non inserire questo disco magico, anche solo per la bella intervista fatta sull’ultimo numero di Studio.
I Cani – post mortem
Tornare all’improvviso con questo disco, girare l’Italia con un tour soldout suonato benissimo e confermare che sì, ne avevamo ancora bisogno di Niccolò Contessa. Io personalmente, sì.
Blood Orange – Mind Loaded
Forse è l’unico disco che ho ascoltato molto nel 2025 più per capire cosa non mi convincesse fino in fondo, nonostante al primo ascolto mi avesse conquistato. Forse troppo perfetto e per questo troppo freddo, ma sì, molto bello.
Saya Gray – Saya
Se ci si limita a “Shell (of a man)”, una delle canzoni più giocose del disco, potrebbe sembrare l’ennesimo disco pop di cui ci si dimentica l’anno successivo. Invece sarebbe ingiusto, soprattutto dopo aver visto il suo sofisticato e imprevedibile live al Club2Club a Torino, a dimostrare che ne arriveranno altri, e di ancora migliori.
Francesco Gerardi
Per quel che mi riguarda, il 2025 è stato uno dei migliori anni musicali della mia vita. Per una ragione in particolare: ancora non si vede sulla superficie, ma nell’egemonia dell’hip hop si iniziano finalmente ad aprire delle crepe. Non mi interessano le classifiche Fimi né le copie vendute né gli stream accumulati: c’è un vibe shift di là da venire, sento l’aria che vibra, mossa di nuovo e finalmente dalle corde della chitarra e del basso, dalle bacchette che picchiano sulla batteria, dalla voce di uno che urla nel microfono.
Geese – Getting Killed
Il 9 settembre del 2023 l’algoritmo di TikTok dimostrò di conoscermi come nessun altro quando mi fece arrivare davanti agli occhi il video del creator drcasanovabrown che iniziava così: «White people, stop rapping. Bring back the rock bands». Mi piace pensare che tra le visualizzazioni di quel video, oltre alla mia, ci fossero pure quelle di Cameron Winter, Emily Green, Dominic DiGesu e Max Bassin.
Messa – The Spin
Nella mitologia lovecraftiana c’è una divinità suprema che si chiama Azatoth, una mostruosità che se ne sta immobile e maligno al centro dell’universo, tutto attorno a lui una corte di divinità minori suona ininterrottamente flauti e tamburi, note e melodie più vecchie del tempo e dello spazio. Ecco, secondo me la musica che si suona alla corte di Azatoth somiglia moltissimo a quella che i Messa – che sono di Cittadella, non so perché ma la cosa mi fa sempre sorridere – suonano in questo disco.
Bad Bunny – Debí tirar más fotos
Tra i miei propositi per il 2026 c’è iscrivermi a un corso di spagnolo e diventare fluente prima dell’uscita del prossimo disco di Bad Bunny, perché sono convinto che questo disco mi sarebbe piaciuto persino di più se solo, ascoltandolo, capissi di che diavolo sta parlando.
Brigitte Beraha – Teasing Reflections
C’è un passaggio di Elogio del bar di Goliarda Sapienza in cui la scrittrice spiega che le mattine migliori sono quelle del fine settimana, «non classiche da orologio», che si possono trascinare fino alle due o alle tre se ci sono abbastanza caffè e sigarette. Tutto giusto, aggiungo soltanto che se in sottofondo c’è Brigitte Beraga che fa il jazz queste mattine possono allungarsi anche fino alle cinque o alle sei, per quanto mi riguarda.
C'è la sua firma su 1992, Gomorra, The Bad Guy, Esterno notte, Il traditore e Il maestro. E adesso anche su una delle sorprese di questo anno cinematografico: Breve storia d'amore, la sua opera prima da regista.
Il film con cui Jim Jarmusch ha vinto il Leone d'oro a Venezia è un'opera apparentemente "piccola" che però affronta il mistero più grande di tutti: cosa passa per la testa dei nostri genitori? E per quella dei nostri figli?
