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Vita, morte e paranoie di John McAfee

Il documentario Netflix Running with the Devil racconta la storia assurda di John McAfee, tech mogul morto nel 2021 dopo anni di latitanza, accuse di truffa, sospetti di omicidio e ossessioni complottiste.

di Francesco Gerardi

Se avesse voluto, John McAfee sarebbe stato Bill Gates o Steve Jobs o Elon Musk o Donald Trump. E invece è morto da solo, il 23 giugno del 2021, suicidatosi in una prigione di Barcellona che avrebbe dovuto lasciare a breve per essere estradato negli Stati Uniti: in patria lo attendeva una lunghissima detenzione per reati fiscali. Aveva 75 anni e di lui resta un’icona sui desktop di milioni di computer in tutto il mondo, l’antivirus che porta il suo nome, il colpo di genio che negli anni ’80 lo aveva reso uno dei primi tech mogul di una Silicon Valley allora ancora in costruzione. I necrologi ricordano però soprattutto l’altra parte della sua vita, quella nella quale cercò – fallendo – di sfuggire a se stesso (Wired) e in cui finì per incarnare tutte le moderne paranoie americane (Rolling Stone). In questi giorni è uscito su Netflix Running with the Devil: The Wild World of John McAfee, un documentario che prova a spiegare come un genio – era membro del Mensa – e miliardario possa trasformarsi in un artista della fuga e della truffa, ricercato negli Stati Uniti per evasione fiscale e in Belize per omicidio, noto per la sua passione per i complotti, la latitanza, le droghe sintetiche, le armi da fuoco e le ragazze minorenni.

Nel corso della sua vita, McAfee aveva imparato che la paranoia è sia una malattia virale che il bene-rifugio perfetto per un imprenditore della cybersecurity. Nella prima metà degli anni Novanta trasformò la McAfee Associates in un colosso dell’industria tecnologica andando in giro a dire che il famigerato virus Michelangelo era una minaccia esistenziale che avrebbe infettato cinque milioni di computer solo negli Stati Uniti. Alla fine i pc infettati furono poche migliaia e la McAfee Associates un’impresa abbastanza grande e ricca da essere quotata in Borsa, grazie a tutti quelli che nel frattempo si erano dotati di antivirus, terrorizzati da Michelangelo. Ma McAfee scoprì presto che la sua convinzione di poter controllare il virus della paranoia e piegarlo ai suoi fini era un’illusione. La paranoia lo prese e cominciò a sentire voci che gli urlavano nella testa. Abbandonò l’azienda che aveva fondato, vendette tutte le sue azioni e per anni implorò la McAfee Associates di smetterla di usare il suo cognome perché lui non voleva essere associato «al peggior software del mondo». Nel 2013 pubblicò un video su YouTube in cui, mentre sniffa una polvere bianca e viene pian piano spogliato da ragazze già mezze nude, spiega come fare a disinstallare McAfee l’antivirus.

È proprio dopo l’abbondono della sua azienda che inizia il “mito” di McAfee, l’epopea tra repubbliche centroamericane, locali di Miami e prigioni spagnole raccontata da Running with the Devil. Con i 100 milioni incassati dalla vendita del suo pacchetto azionario, McAfee tentò investimenti di ogni tipo, dalle app di messaggistica istantanea ai Bitcoin, passando per i firewall e lo yoga relazionale, fino agli Nft. Butterà milioni di dollari nella costruzione di piste di atterraggio per l’aerotrekking, aeromobili ultraleggeri che si convinse sarebbero stati il futuro del trasporto umano. Per promuovere l’aerotrekking girò anche uno spot in cui, dal cielo, getta un gigantesco uovo pieno di guano bianco addosso a un automobilista. La crisi del 2007-2008 ridusse il suo patrimonio personale a “soli” quattro milioni di dollari, ristrettezze che lo spinsero al trasloco in Belize. Appena arrivato sull’isola, cominciò a fare regali ai poliziotti locali, trovò una bella casa a due passi dalla spiaggia, fece i colpi di sole ai capelli e si tatuò il corpo con motivi tribali e loghi di start up nelle quali aveva investito. Mise su l’ennesima iniziativa imprenditoriale della sua vita, la QuorumEx: medicina naturale, erbe officinali che avrebbero dovuto contrastare la diffusione dei batteri nel corpo umano. Secondo le forze dell’ordine del Belize, tutto una copertura per un laboratorio di metanfetamine: furono perquisiti i locali dell’azienda e la casa di McAfee, delle accuse non furono mai formalizzate ma la QuorumEx chiuse. È a questo punto che le paranoie che lo avevano sempre accompagnato presero il sopravvento: si convinse di essere al centro di un gigantesco complotto che comprendeva il governo del Belize, il cartello di Sinaloa, la Cia e chissà che altro. Iniziò a uscire di casa con una pistola sempre al fianco, a piazzare materassi davanti alle finestre di casa per difendersi dai cecchini, a sotterrarsi nella sabbia lasciando fuori solo la testa che poi copriva con scatole di cartone, a fare colazione con una sorsata generosa di whisky single malt e merenda con una manciata di metanfetamine.

La sua unica compagnia erano la fidanzata 17enne e i dieci cani che portava sempre con sé. Cani che però erano la causa di litigi con il suo vicino di casa, Gregory Faull, americano espatriato. A Faull piaceva passeggiare sulla spiaggia con il suo adorato pappagallo appollaiato sulla spalla, ma ogni volta che passava davanti alla casa di McAfee i cani di quest’ultimo gli correvano incontro abbaiando e spaventando il pappagallo. Faull minacciò di avvelenarli. McAfee minacciò di ammazzare Faull. Un giorno, McAfee trovò quattro dei suoi cani morti, avvelenati. Un altro giorno non troppo distante da quest’ultimo, la polizia del Belize trovò Faull morto, con un buco lasciato da un proiettile al centro della testa. È a questo punto che comincia la grande fuga e che McAfee si trasforma in un personaggio che è Don Chisciotte, Hemingway alla Bodeguita del Medio, William Lee nel Pasto nudo, Tony Montana nella scena finale di Scarface e Leonardo DiCaprio in Prova a prendermi. Le autorità del Belize volevano “solo” interrogarlo in quanto persona informata sui fatti, McAfee, pur di evitare l’interrogatorio, fuggì a bordo della sua barca The Great Mistery, entrò illegalmente in Guatemala e finse un infarto per farsi deportare negli Stati Uniti (approfittò del soggiorno in Usa per candidarsi due volte alla presidenza con il Partito Libertario, nel 2016 e nel 2020 da latitante, conducendo la campagna elettorale dalle acque internazionali e affidando gli eventi in presenza a militanti con addosso passamontagna con la sua faccia stampata sopra). Era convinto ci fosse una Spectre a dargli la caccia perché, grazie alle sue doti di hacker, lui poteva accedere a qualunque dispositivo elettronico in qualsiasi momento e sapere tutto di tutti. Scelse due giornalisti di Vice per raccontare la sua storia: uno di questi, il fotografo e videoreporter Robert King, seguì McAfee per anni e arrivò a definirlo il manipolatore perfetto, il paranoico definitivo, capace di instillare nel prossimo dubbi sulla differenza tra il reale e l’inventato. A favore di telecamera, McAfee confessò a King che il suo rapporto con la verità era quello di un artista azteco con una pepita d’oro che intende trasformare in gioiello.

Fino alla fine, McAfee disse di avere le prove necessarie a dimostrare l’intrigo internazionale di cui era vittima, ma non ne mostrò mai nessuna. Nei suoi momenti di lucidità si diceva convinto di essere incastrato in un’allucinazione causata negli anni Sessanta da una droga chiamata Dmt (dimetiltriptammina) e che prima o poi si sarebbe risvegliato sul divano della casa di St. Louis in cui abitava in quegli anni. Si addormenterà per sempre sulla brandina di una cella di detenzione di Barcellona. Oltre a una delle suite per la sicurezza informatica più usate al mondo, di lui resta un blog personale – Who is McAfee, titolo azzeccatissimo – ora trasformato in memoriale. Tra meme, vecchi video, rapporti di polizia e atti giudiziari, c’è anche la registrazione di un messaggio vocale lasciato da McAfee dopo che venne a sapere della morte del suo vicino di casa. Viene venduto come Nft.