In un intervento dal festival Linecheck, Dave Randall ha sostenuto la necessità di redistribuire la ricchezza in un'industria in cui troppo spesso la logica del profitto va contro l'interesse della maggioranza.
È morto Jimmy Cliff, l’uomo che ha fatto scoprire il reggae al mondo
Aveva 81 anni e senza di lui non sarebbe esistito il reggae per come lo conosciamo oggi. Anche Bob Marley deve a lui il suo successo.
«Non volevo essere conosciuto solo come il re del reggae, io in realtà volevo che mi conoscessero come il re della musica», aveva detto Jimmy Cliff in un’intervista concessa al Washington Post nel 2004. Il titolo era uno di quelli difficili da conquistare e mantenere, ma Cliff è uno di quelli che ci è andato oggettivamente vicino: in 81 anni di vita ha lasciato classici come “You Can Get It If You Really Want”, “The Harder They Come”, “Many Rivers to Cross”, “Wonderful World, Beautiful People”, “Reggae Night,”, “Vietnam” (definita da Bob Dylan una delle migliori canzoni di protesta di tutti i tempi). E poi cover diventate famose quasi quanto le originali, come quella di “Wild World” di Cat Stevens e di “I Can See Clearly Now” di Johnny Cash. I suoi orizzonti di gloria li aveva resi chiari già con il nome d’arte che si era scelto: nato James Chambers il 30 luglio del 1944 nella provincia di St. James, quando arrivo a Kingston si faceva chiamare Jimmy Cliff. Cliff come parete rocciosa, il fianco della montagna che sapeva avrebbe dovuto scalare per arrivare al successo nel mondo della musica.
A dare l’annuncio della morte di Cliff è stata sua moglie, Latifa Chambers, con un post pubblicato sul profilo Instagram del marito. Chambers ha spiegato che Cliff è morto a causa di una grave crisi respiratoria causata dalla polmonite. «A tutti i suoi fan in giro per il mondo, sappiate che il vostro sostegno è ciò che gli ha dato forza nel corso di tutta la sua carriera. Era felice dell’affetto che ogni singolo fan gli dimostrava». Anche il Primo ministro della Giamaica ha ricordato Cliff, definendolo «un gigante della cultura che con la sua musica ha mostrato il cuore della nostra nazione al mondo».
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«Preferisco essere un uomo libero nella tomba piuttosto che vivere come una marionetta o come uno schiavo», è questo il verso più famoso scritto da Cliff nella sua lunga e prolificissima carriera. La maggior parte delle persone scoprì questo verso grazie al film The Harder They Come, che in Italia uscì al cinema con il titolo Più duro è, più forte cade. Un film diventato un cult, soprattutto negli Stati Uniti, dove è considerato il film che ha fatto scoprire il reggae al mondo grazie alla sua bellissima colonna sonora (composta ovviamente da Cliff). In Più duro è, più forte cade, Cliff interpretava Ivanhoe “Ivan” Martin, personaggio basato sul vero Ivanhoe “Ivan” Martin, gangster giamaicano noto anche con il soprannome di Rhygin, diventato famoso negli anni ’40, in particolare nel 1948, quando riuscì a evadere di prigione e commise una serie di rapine, omicidi e tentati omicidi prima di essere ucciso dalla polizia. Nei dieci anni successivi alla morte, Martin fu mitizzato e trasformato in un eroe popolare, un ribelle che decide di distruggere il mondo piuttosto che piegarsi all’autorità che lo domina. «I’d rather be a free man in my grave, than living as a puppet or a slave», appunto.
In parte, la storia di Martin ricordava quella di Cliff. Anche quest’ultimo, come lui, si era trasferito da ragazzino a Kingston, sperando di diventare musicista di mestiere, hitmaker, come a lui piaceva definirsi. In Più duro è, più forte cade le loro biografie vengono mescolate: il Martin cinematografico è un musicista che diventa un criminale dopo essere stato sfruttato e brutalizzato dall’industria musicale, costretto a diventare uno spacciatore di marijuana e a sfuggire alla polizia. Più la storia di Cliff che quella di Martin, in realtà, visto che quest’ultimo non fu mai né un musicista né uno spacciatore. Uscito nel 1972, Più duro è, più forte cade fu presentato in anteprima alla 33esima Mostra del cinema di Venezia e fu in quell’occasione che il mondo conobbe Jimmy Cliff, che nel suo Paese era già famosissimo da un decennio, da quanto fece uscire “Hurricane Hattie”, la canzone che poi lo portò a firmare con la leggendaria Island Records.
Quel film, però, lo fece diventare il personaggio che poi tutti hanno conosciuto, l’uomo senza il quale, a detta di tutti gli esperti e appassionati di musica, non ci sarebbe potuto essere Bob Marley (a cui Cliff assicurò il primo contratto discografico) né nessun dei musicisti reggae che vennero dopo.
Ci ha messo 20 anni a realizzare il film dei suoi sogni, che adesso è in cima al botteghino italiano, americano e mondiale. Lo abbiamo incontrato e ci ha raccontato della sua passione per il teatro, del ristorante dei suoi genitori e di quella volta che incontrò Spielberg.