Bulletin ↓
20:52 domenica 16 novembre 2025
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.
Anche Charli XCX si è messa a scrivere su Substack Il suo primo post si intitola "Running on the spot of a dream" e parla di blocco della scrittrice/musicista/artista.
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.
Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.
Nel primo teaser del Diavolo veste Prada 2 si vede già la reunion di Miranda e Andy Le protagoniste salgono insieme sull’ascensore che porta alla redazione di Runway, riprendendo una scena cult del film originale.

Siamo troppo vecchi per amare ancora Il corvo

Il remake appena uscito nelle sale ha tre problemi: non è l'originale, noi non siamo più adolescenti e gli anni Novanta sono finiti.

04 Settembre 2024

Nel 1994 avevo undici anni. L’immagine che mi ha accompagnato fino ai sedici, e forse oltre, era quella di un uomo dai capelli lunghi, avvolto in un trench di pelle nera. Si allontanava lentamente, con un corvo sulla spalla destra. Intorno a loro, solo fiamme e buio. Chi conosce la storia avrà identificato questo personaggio: Eric Draven, interpretato da Brandon Lee, che ha appena lasciato la sua firma di fuoco a forma di corvo dopo aver giustiziato uno degli aguzzini responsabili della sua morte e di quella dell’amata Shelly.

All’epoca, avevo registrato il film The Crow su una videocassetta. Ricordo che mi ritrovavo spesso a guardarlo, un’ossessione che all’apice mi ha spinto a stoppare il fotogramma della mia scena preferita per disegnarla, realizzando un poster che poi ho appeso sopra il letto. Disegnare quel poster, invece di comprarne uno, era il tentativo di appropriarmi dell’aura di un eroe cupo, gentile e bellissimo; era il tentativo di trovare una personalità, di crescere, di catturare il segreto che la sua figura custodiva. Eppure, quel segreto, nonostante gli sforzi, mi è sempre sfuggito. Nemmeno ora, con trent’anni in più e un panorama di riferimenti maggiore, riesco a comprenderlo del tutto. Ed è proprio questa mancanza di comprensione che mi spinge a scrivere un breve e imparziale resoconto sull’opera e la sua epoca.

La trama de Il Corvo è semplice: Eric Draven e Shelly Webster vengono assassinati la notte prima del loro matrimonio. Un anno dopo, Eric viene riportato in vita da un corvo per cercare vendetta, mentre una Detroit oscura e desolata fa da sfondo alla spirale di sofferenza che culmina nella redenzione finale. Tuttavia, il film di Alex Proyas del 1994 è solo un’eco di qualcosa di più intimo e ambiguo: il fumetto di James O’Barr, pubblicato per la prima volta nel 1989 negli Stati Uniti e nel 1994 in Italia. O’Barr, ex marine, infonde nelle tavole la sua esperienza dopo la morte della fidanzata in un incidente stradale causato da un guidatore ubriaco. Il fumetto, nato come una catarsi personale, offre una narrazione più dolorosa e frammentata rispetto al film.

Per esempio, la tragedia che avvia la vicenda non è il risultato di un’azione premeditata, bensì di un evento fortuito che altera radicalmente il significato della storia. Inoltre, i testi scritti da O’Barr, intrisi di una poesia allucinatoria, ispirata a quella dei Cure e dei Joy Division, di Arthur Rimbaud e di Rose Fyleman, donano al racconto una dimensione emotiva e intellettuale assai complessa: il “Non può piovere per sempre” del film diventa il più oscuro “Non è morte se tu la rifiuti”; così, la violenza teatrale del duello di spada sul tetto della cattedrale torna a essere, nella versione in china, una pratica sorda e brutale.

Con queste premesse, il 28 agosto sono andato a vedere The Crow (2024), il rilancio di un classico che riesce solo in parte. Bill Skarsgård, più vicino a un emo-rapper che a una rock star (O’Barr ha sempre dichiarato di aver ispirato Eric a Peter Murphy dei Bauhaus) offre una prova di buon livello, che regge anche quando la sceneggiatura vacilla. Shelly, ben interpretata da FKA Twigs, finalmente assume un ruolo attivo nella trama. Tuttavia, gli antagonisti, un ibrido tra demoni e agenti segreti, risultano poco incisivi, e la colonna sonora, meno dark rispetto alla precedente (che vantava band come The Cure e Nine Inch Nails), delude un poco.

In sostanza, non si tratta né di un remake né di un adattamento fedele del fumetto di O’Barr. Il film oscilla tra l’action, il romantico e l’horror, e probabilmente, senza l’ombra dell’originale, avrebbe ricevuto critiche meno severe (basta fare un rapido giro in rete per notare chi si diverte di più, tra esperti e utenti comuni, a massacrare la pellicola diretta da Rupert Sanders). L’ombra del 1994 è lunga soprattutto a causa della sfortunata morte di Brandon Lee, che sembrava destinato a una carriera luminosa. La sua scomparsa, provocata da un proiettile vero sparato per errore, lo ha trasformato in leggenda. Il film, completato con effetti speciali e controfigure, ha incassato oltre 50 milioni di dollari ed è immediatamente diventato un’icona della riscoperta del gotico durante gli anni Novanta – anni, è bene ricordarlo, segnati da eventi come la Caduta del Muro di Berlino (1989), la Guerra del Golfo (1990-91) e la fine dell’Unione Sovietica (1991).

Detto questo, che cosa si intende di preciso con il termine “gotico”? E in che modo si lega alla sensibilità di fine secolo scorso? Georges Duby, con il suo acuto sguardo da storico, lo descriveva come una ricerca spirituale e artistica nata in un’epoca di grande incertezza. Questo stile, che prende il nome dai Goti e trova la sua massima espressione nella costruzione delle cattedrali, inizialmente è considerato sgradevole, una deviazione dai canoni classici: le linee si allungano, i volumi si assottigliano e si deformano, separando sempre meno il visibile dall’invisibile.

Il gotico, fin dagli albori, sembra accogliere tutto ciò che eccede la norma – e quindi viene definito mostruoso – e nel corso della storia è stato riscoperto molte volte; tuttavia, dicevo poc’anzi, negli anni precedenti e successivi al 1994, vive una stagione speciale, soprattutto nel cinema. Oltre a Il Corvo, film come Batman e Batman Returns (1989; 1992), Edward mani di forbice (1990), Dracula di Bram Stoker (1992), Nightmare Before Christmas (1993), Intervista col vampiro (1994), Frankenstein di Mary Shelley (1994) e l’italiano Della morte dell’amore (1994) si reggono su alcuni elementi chiave derivati dall’immaginario medievale: il morboso rapporto amore/morte; e poi cimiteri avvolti nella nebbia, architetture spettrali, cori angelici e candele, notti che diventano personaggi a sé stanti, foreste popolate da spiriti e visioni eteree. E ancora: visi cerulei e corpi esili avvolti da abiti scuri; e, infine, temporali che imperversano sullo sfondo e aggiungono un ulteriore strato di inquietudine ai ghirigori proiettati attraverso qualche finestra.

Per me, comunque, è nel metal che il gotico trova la sua espressione più pura e sfaccettata. Sempre nel 1994, la band svedese Tiamat pubblica quello che ancora oggi è considerato un capolavoro: Wildhoney. Quest’album, con la sua straordinaria varietà di soluzioni stilistiche, espande e trasforma il sound estremo intrecciandolo con psichedelia, fughe prog, musica da camera e ambient, fino a creare un’opera – ispirata alla mitologia sumera – che è al tempo stesso aggressiva e seducente.

Wildhoney non è un caso isolato. Lo stesso periodo vede la nascita di altre pietre miliari. Nel 1993, i Type O Negative pubblicano Bloody Kisses, mentre i Moonspell, nel 1996, aggiungono un ulteriore tassello con Irreligious, fondendo metal e atmosfere lusitane. Altrettanto si potrebbe dire per i migliori album di Anathema, Cradle of Filth, Katatonia, My Dying Bride… Ma è soprattutto grazie ai Paradise Lost che il gothic metal trova una delle voci più distintive. Con Gothic (1991), Icon (1993) e Draconian Times (1995), la band britannica, unendo riff pesanti e melodie decadenti, definisce e consolida gli stilemi del genere.

A luglio, durante il Luppolo in Rock, un festival musicale a Cremona, ho visto i Paradise Lost dopo tanti anni. Pur essendo parte di una generazione che ormai si è rassegnata a riprendere i concerti col telefono, mi sono lasciato trasportare dalla musica, pogando con altri cinque o sei sconosciuti, nell’ennesimo tentativo di cogliere “quel qualcosa” che mi è sempre sfuggito. “Gli orrori del presente sono vivi / Orrori senza tempo che passano lentamente […] La luce è fioca davanti a noi / Le ombre appaiono e scompaiono”, recitano i versi di “Gothic”, la canzone-manifesto dell’omonimo album. E allora, rileggendoli e riascoltandoli dal luogo meno adatto a trattare il gotico degli anni Novanta, il mare di fine agosto, mi viene il sospetto che riempire la fantasia di ombre e di mostri nasconda la speranza di rendere accettabile un unico, insindacabile fatto: il fatto che, prima o poi, le cose belle nella realtà finiscano.

Nel 1994 uscivo dall’infanzia dicendo di essere incasinato, giocando ad atteggiarmi a creatura infernale, con i capelli lunghi e i vestiti neri, proprio come il mio eroe; oggi, da adulto e genitore, nella certezza che l’infanzia e l’adolescenza non fossero poi così male, semplicemente dico di capirci meno di allora.

Articoli Suggeriti
In Twist, Colum McCann si è ispirato a Joseph Conrad per scrivere il Cuore di tenebra del colonialismo digitale

Lo abbiamo incontrato a Milano e con lui abbiamo parlato del suo nuovo romanzo, di cavi in fibra di vetro piazzati sul fondo del mare, di Leonardo DiCaprio, del Papa, di ChatGPT e di vini bianchi.

A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film

Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.

Leggi anche ↓
In Twist, Colum McCann si è ispirato a Joseph Conrad per scrivere il Cuore di tenebra del colonialismo digitale

Lo abbiamo incontrato a Milano e con lui abbiamo parlato del suo nuovo romanzo, di cavi in fibra di vetro piazzati sul fondo del mare, di Leonardo DiCaprio, del Papa, di ChatGPT e di vini bianchi.

A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film

Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.

Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni

Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.

È uscito il primo trailer di Marty Supreme, il film sul ping pong con cui Timothée Chalamet punta a vincere l’Oscar

Il film di Josh Safdie è stato accolto con entusiasmo dalla critica e il suo protagonista è già lanciatissimo verso la statuetta per il Miglior attore. 

Nel primo teaser di Toy Story 5 scopriamo che anche nel mondo dei giocattoli il nemico è la tecnologia

Il villain di questo quinti capitolo della saga sarà un tablet a forma di rana chiamato Lilypad, doppiato dall'attrice Greta Lee.

È morto Homayoun Ershadi, leggendario attore iraniano che Abbas Kiarostami scoprì a un semaforo

Il suo ruolo nel Sapore della ciliegia lanciò una carriera iniziata per caso: nonostante il successo, non si è mai sentito un vero attore.