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Tutti i media hanno ripreso un articolo di Reuters sulla vibrazione atmosferica indotta, che però non c’entra niente con il blackout iberico (e forse non esiste)
La chiusura della più famosa sauna di Bruxelles è un grosso problema per la diplomazia internazionale A Bruxelles tutti amano la sauna nella sede della rappresentanza permanente della Finlandia. Che ora però resterà chiusa almeno un anno.
C’è un cardinale che potrebbe non partecipare al conclave perché non si riesce a capire quando è nato Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha 80 anni o 79? Nessuno riesce a trovare la risposta.
La Corte europea ha vietato ai super ricchi di comprarsi la cittadinanza maltese Per la sorpresa di nessuno, si è scoperto che vendere "passaporti d'oro" non è legale.
Una nuova casa editrice indipendente pubblicherà soltanto libri scritti da maschi Tratterà temi come paternità, mascolinità, sesso, relazioni e «il modo in cui si affronta il XXI secolo da uomini».
Nella classifica dei peggiori blackout della storia, quello in Spagna e Portogallo si piazza piuttosto in basso Nonostante abbia interessato 58 milioni di persone, ce ne sono stati altri molto peggiori.
Microsoft ha annunciato che dal 5 maggio Skype “chiude” definitivamente L'app non sarà più disponibile, chi ancora si ricorda le credenziali potrà usarle per accedere a Teams.
Alexander Payne sarà il presidente della giuria alla prossima Mostra del cinema di Venezia Il regista torna sul Lido dopo un'assenza di otto anni: l'ultima volta ci era stato per presentare il suo film Downsizing.

I voti degli altri

I voti del centrosinistra sempre uguali numericamente, il poco coraggio nell'uscire dal proprio recinto: consiglio di lettura sul tema

08 Febbraio 2013

La coda di storture endemiche del nostro sistema politico di cui questa tornata elettorale, come un pavone bolso e ingrigito, sta stancamente facendo sfoggio, è al solito vasta. Nessuna è trascurabile, molte – a questo punto – probabilmente incorreggibili. Una, secondo alcuni (fra cui il sottoscritto), particolarmente grave: la conferma plastica di non contendibilità dei voti, pur in una fase di grossa incertezza. Vale a dire, l’impossibilità di far pendere l’ago della bilancia verso uno fra due ideali blocchi consolidati, andando a conquistarsi, coi programmi, con le strategie e con le idee, una massa ridotta ma decisiva di voti realmente fluttuanti, assegnati di volta in volta di qua o di là. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che in Italia, siccome il voto è per la grandissima parte, per ragioni varie alcune delle quali storiche, una questione di appartenenza, la gara delle forze politiche è tutta rivolta verso la galvanizzazione dei propri corpi elettorali e il consolidamento sempre uguale a se stesso di certezze e codici interni e di famiglia. Il contrario dei voti dei delusi del centrodestra da andare a stanare di cui parlava Renzi in campagna elettorale.

Per restare al centrosinistra, qui ci siamo divertiti qualche settimana fa a notare che, sondaggi alla mano, le percentuali di voti del Pd, dei suoi alleati e di chi si è coagulato alla sua sinistra, è pressoché la stessa del 2008.

In queste ore, a conferma di ciò, Claudio Cerasa fa notare che i voti di questa parte politica sono numericamente gli stessi da ben prima:

[…] quanto vale più o meno il tradizionale elettorato di sinistra? Esiste un numero che indichi a quanto corrisponde questo “recinto” che Bersani sembra avere difficoltà ad aprire da solo? Una risposta c’è ed è un numero ricorrente nella storia recente della sinistra: 12 milioni. Che ci si creda o no dal 1976 in poi la sinistra, in tutte le elezioni politiche, alla Camera ha sempre preso più o meno gli stessi voti e tutte le volte che ha vinto le elezioni lo ha fatto non perché è riuscita ad aumentare il suo bacino elettorale (tranne in un’occasione, con Prodi nel 1996, dove i 12 milioni sono diventati 15 milioni, ma era una maggioranza che si teneva con il nastro adesivo) ma perché i suoi avversari si sono presentati divisi […]

Su questo tema, sul numero di IL che esce oggi col Sole 24 Ore, c’è un ottimo e chiaro editoriale che va al cuore del problema in maniera concisa ma definitiva. Si intitola “Dalla parte dell’elettore che cambia idea” e l’ha scritto Francesco Costa. Procuratevelo e leggetelo. Per quel che mi riguarda, lo diffonderei nelle scuole.

Dopo un’esaustiva analisi, il giornalista del Post conclude così il suo ragionamento :

Quando scegliere chi votare diventa come scegliere chi tifare – alla brutta non si rinnova l’abbonamento e si parla male dell’allenatore – il sistema politico perde un un significativo e naturale incentivo al suo rinnovamento. La conquista di nuovi elettori, che dovrebbe essere ineludibile, diventa trascurabile: tenersi stretti i propri costa più che cercarne altri. Ne risultano coalizioni sterminate e litigiose, tatticismi esasperati, cartelli elettorali estemporanei, programmi vaghi, governi instabili. Per avere una politica migliore, insomma, non basterebbe avere un po’ meno politici che cambiano casacca; dovremmo avere anche un po’ di elettori disposti a cambiare idea.

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