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In Iran tantissime persone stanno partecipando ai funerali di Mahsa Amini

Sono passati quaranta giorni dalla morte di Mahsa Amini, la 22enne curdo-iraniana uccisa mentre era in custodia della Gasht-e Ershad, la “polizia morale”, che l’aveva arrestata con l’accusa di non indossare correttamente il velo. Il quarantesimo è un giorno importante nelle ritualistica funebre islamica: è il giorno, infatti, in cui l’anima del defunto conclude la sua opera di purificazione, comincia il distacco dal corpo terreno e l’ascensione verso Dio. Per questo, le autorità della Repubblica islamica sapevano che questo sarebbe stato un giorno delicatissimo dal punto di vista dell’ordine pubblico e per questo hanno provato a impedire che le manifestazioni di piazza che si sono susseguite ininterrottamente dal giorno della morte di Amini fino a oggi ritrovassero slancio nel giorno della commemorazione della ragazza. A giudicare dalle immagini che stanno girando in queste ore sui social media, lo sforzo repressivo del regime è fallito. «Hanno provato a impedirci l’accesso al cimitero ma io sono riuscito a entrare lo stesso», ha raccontato a Reuters una delle persone che in queste ore stanno raggiungendo il cimitero di Aichi, vicino alla città natale di Amini, dove il suo corpo sarà seppellito.

Nelle immagini si vede una folla immensa in cammino verso il cimitero. Guardando i video si capisce che le persone non vogliono soltanto rendere un ultimo omaggio a Mahsa Amini, ma intendono usare anche questa occasione per protestare contro le forze dell’ordine che l’hanno uccisa e contro il governo che ha cercato di derubricare la sua morte a un malanno cardiaco sofferto proprio mentre era nella custodia della Gasht-e Ershad. Per strada, sia lungo la strada che porta al cimitero di Aichi che per le vie delle grandi città del Paese, si sentono gli stessi cori che hanno scandito tutte le giornate e manifestazioni di protesta negli ultimi quaranta giorni: «Donne, vita, libertà», diventato un vero e proprio canto d’insurrezione, e poi «A morte i traditori» e «Il Kurdistan sarà la tomba dei fascisti», ovviamente riferiti a coloro i quali, istituzioni e individui, sono considerati gli assassini di Amini.

Al momento non è chiaro, secondo quanto riporta la Bbc, se i familiari di Mahsa Amini sono al cimitero per partecipare alla commemorazione della ragazza. Degli attivisti iraniani hanno raccontato che negli ultimi giorni la famiglia Amini ha ricevuto diversi “avvertimenti” (non è la prima volta che succede) da parte delle autorità iraniane, che consigliavano loro piuttosto caldamente di non tenere nessuna cerimonia funebre per evitare problemi di ordine pubblico. Secondo alcuni, agenti delle forze dell’ordine avrebbero addirittura minacciato il fratello di Amini. L’agenzia di stampa iraniana Irna, nelle scorse ore, aveva diffuso una notizia secondo la quale i genitori di Amini avrebbero deciso di non fare il funerale per evitare «eventi indesiderati». Ma Bbc riporta che una fonte molto vicina alla famiglia ha smentito tutto e ha confermato che la famiglia Amini non ha assolutamente preso questa decisione. Il governatore del Kurdistan Esmail Zarei Koosha ha detto che a Saqqez, il capoluogo dell’omonima provincia del Kurdistan iracheno, la situazione era sotto controllo e che non erano vere le notizie che parlavano della chiusura delle strade per impedire l’arrivo in città da altre zone del Paese. A chi ha chiesto conto dell’improvvisa chiusura di scuole e università, le autorità provinciali hanno risposto che la misura si è resa necessaria a causa di un «focolaio di influenza». Koosha ha detto che «il nemico e i suoi media stanno cercando di usare il rito del quarantesimo giorno come un pretesto per provocare nuove tensioni. Fortunatamente, però, la situazione nella provincia è assolutamente tranquilla». A giudicare dai video, però, non si direbbe.