Due vittorie di larga misura in due regioni favorevoli producono nel Pd e nel centro sinistra tutto una settimana di grandi entusiasmi.
Ormai guardo il mondo attraverso un’unica lente bifocale divisa in “pro-bosco” e “anti-bosco”. Per esempio, i signori che alle 8 del mattino parcheggiano il loro Bulli Volkswagen elettrico da 60mila euro sotto casa mia davanti alla scuola steineriana e fanno scendere i figli coi panieri intrecciati sono probabilmente d’accordo coi genitori boschivi – nonostante il loro standard di vita sia decisamente più alto. Invece, l’operaio che viene dall’hinterland a riparare la caldaia della suddetta scuola e non riesce a parcheggiare il furgone della ditta perché c’è il Bulli, penserà che nel bosco faccia un freddo animale e che i fricchettoni d’Abruzzo siano due individui pericolosi. Io ho deciso di non decidere da che parte sto. Sono una fan di Capitan Fantastic, il film del 2016 in cui un selvaggio Viggo Mortensen interpreta un padre che cresce 6 figli nei boschi americani insegnando loro a cacciare con le lance e a studiare Kant. Dirò di più: io Viggo in Capitan Fantastic lo sposerei proprio. Ma lui, ogni sera, intorno al fuoco, impartiva lezioni di filosofia e fisica quantistica e il suo primogenito veniva ammesso in tutte le università dell’Ivy League. Si tratta, infatti, di una storia di finzione. Il corrispettivo reale di quel personaggio, cioè il signore Nathan Trevallion, si vanta di parlare cinque lingue, ma a sentire il tenore delle interviste sue e della moglie alla Vita in Diretta, non sembra questo pozzo di sapere. Certo, non si può mai dire: magari tra quelle mura muffite si respira l’aria della scuola di Atene, e le bambine bionde delle foto se non muoiono prima per un’infezione, rischiano di diventare le future nuove sorelle Rohrwacher: chi può saperlo.
Je suis Catherine Birmingham
In ogni caso, il cuore della vicenda per me non è decidere se schierarsi coi giudici, coi genitori, coi bambini o coi cavalli. Ma è la reazione delle diverse persone alla notizia, e il modo in cui tale reazione in questi giorni entra a far parte della loro identità (je suis Catherine Birmingham). Ho interrogato vari amici su come la pensano e non vedevano l’ora di esprimersi. La questione è “divisiva” specialmente nelle coppie, dove di solito c’è sempre uno pro-servizi sociali e l’altro (magari persona tranquilla che si era fatta il green pass senza drammi) che ci tiene tantissimo a dire che “non sopporta le ingerenze dello Stato” (ma da quando?). Se lei si riscopre novella Robinson Crusoe, lui è pronto a sottoscrivere l’idea di Platone per cui tutti i figli andrebbero tolti a ogni tipo di famiglia, e viceversa. Ma perché vi scaldate così tanto? Di solito siete persone normali che parlano di weekendini.
Volenti o nolenti, seguiamo la vicenda da giorni, e se ci pensate bene la cosa più intrigante non sono i corsivi degli editorialisti e neanche l’intervista del Corriere al Viggo Mortensen dei poveri. La cosa migliore sono gli status di amiche e amici su Facebook che non postavano così alacremente dalle manifestazioni pacifiste di ottobre, e tutti hanno un’idea chiarissima in proposito, un’idea che c’entra molto con loro, il loro senso di giustizia, di integrità, di libertà. Ripeto che nemmeno io sono insensibile all’idea di una vita più vicina allo stato di natura (anche se preferisco ascoltare Walden nelle cuffiette), ma mi sono interrogata a lungo sulle ragioni di questa massiccia levata di scudi per difendere i genitori del bosco da parte di persone che in casa hanno roba come il purificatore della Dyson, le beauty blender e le maschere per i piedi. Ma perché vi importa tanto? Siete veramente diventati, tutt’a un tratto, così disobbedienti civili? Vi state già fomentando contro i giudici in attesa del referendum di marzo?
Uniti dal senso di colpa
Secondo me tutto questo movimento pro-bosco ha a che fare col nostro senso di colpa. Sì, perché nonostante siamo stati nelle strade fino a ieri per Gaza e compriamo alle maestre i regali solidali alle donne afghane rimaste sotto le macerie, stiamo anche chiusi in casa coi riscaldamenti a palla a addobbare per Natale con robaccia cinese o di Tiger. E anche se ci teniamo a strombazzare che il 12 dicembre sciopereremo, e alziamo il ditino quando troviamo uno scottex differenziato male nella stanza dei rifiuti, stiamo anche già pensando a quale viaggio intercontinentale affrontare la prossima estate.
E perfino i detrattori dell’educazione silvana, in realtà, si sentono allo stesso modo. Perché, in fondo, cosa dicono? Che cos’è che gli puzza veramente, di questa famiglia nel bosco? Non il fatto che stavano quasi morendo per una zuppa di funghi velenosi. Bensì che abbiano chiesto 50mila euro a figlio per acconsentire che fossero visitati da un medico; che il papà abbia il laptop e la mamma usi i social per postare le foto dei figli e vendere oscuri servizi spirituali che consistono nel mandare energie. Secondo loro, i due non sarebbero buoni genitori perché avevano troppo pochi soldi sul conto in banca (qualche centinaio di euro secondo alcune fonti), oppure troppi (si legge che nell’ultimo anno avevano ricevuto 19mila euro in bonifici da parenti che li sostenevano). E adesso poi, che hanno accettato di abitare gratuitamente un Airbnb shabby chic da 100 euro a notte “pur di riavere i figli”, apriti cielo.
Odiare noi stessi
Quindi amiamo e odiamo la famiglia nel bosco per lo stesso motivo: li amiamo perché non hanno ceduto al ricatto delle multinazionali e di Big Pharma come noi, o li odiamo perché in realtà sono dei ciarlatani che predicano bene ma passano il tempo online a postare della loro vita bucolica e si fanno mantenere dai genitori. Insomma, odiamo noi stessi. Ci odiamo quando non siamo capaci di dire di no al comfort e al conformismo, e ci odiamo quando fingiamo di essere puri e pro-flotilla ma in realtà sappiamo pensare solo ai like e al conto in banca. La famiglia del bosco siamo noi. Noi come vorremmo essere e non siamo capaci di essere. Noi come facciamo finta di essere, ma in realtà è solo facciata. E proprio perché siamo brutte persone, vogliamo istituzioni capaci di smascherarci e di portare i nostri figli in un posto migliore. E anche se siamo persone pessime, non vogliamo assolutamente che ci portino via i nostri figli perché, brutti e cattivi come siamo, noi li amiamo più di ogni cosa al mondo.
Non è uno scherzo ma una vera ricerca dell'Università Cattolica, le cui conclusioni sono già state ribattezzate "effetto Batman".
