Cultura | Dal numero

7 donne comiche di cui si sta parlando

Tra i comici più rilevanti del 2018 ci sono molte donne: Hannah Gadsby, certo, ma anche Ali Wong, Michelle Wolf e non solo.

di Giulio D'Antona

Tutte le Illustrazioni sono di Clara Rubin

Della comica australiana Hannah Gadsby si è parlato molto in questi giorni, per via del suo monologo agli Emmy diventato virale. Sembra che negli ultimi anni la comicità stia riacquistando una rilevanza che per un certo momento aveva perso. Nello specifico un certo tipo di comicità, feroce, politicizzata e sotto alcuni aspetti legata alle identità (di genere, etniche, generazionali e di orientamento sessuale). In questo contesto, è interessante notare come ci siano molte donne tra i comici più rilevanti del 2018. Quella che segue non è semplicemente una serie di profili di comiche che ci piacciono (non ci abbiamo messo Sarah Silverman e Amy Schumer, per esempio) ma una selezione di quelle di cui si sta più parlando negli ultimi tempi. Hannah Gadsby, certo, ma anche Ali Wang, Michelle Wolf e non solo.

 

Hannah Gadsby

È possibile vedere Nanette su Netflix

Prima di diventare lo speciale di Netflix più discusso del 2018, lo spettacolo Nanette di Hannah Gadsby ha vinto premi importanti come il Barry Award in Australia e l’Edimburgh Comedy Award. Ma non c’è niente da ridere. Quella di Gadsby è una specie di anti-comicità che punta il dito sul ruolo del comico all’indomani dello scoperchiamento del vaso di pandora che ha rivelato come i mostri sacri del genere possano trasformarsi in mostri e basta. Se esiste una comicità che faccia riflettere (e non è per niente sicuro), è qualcosa di molto simile a questa. «L’umorismo dà il suo meglio se aiuta il pubblico a comprendere il proprio rapporto con i traumi», ha detto Gadsby in un’intervista con The Outline. «Non quando lo mette a suo agio con la brutalità». Quella che adesso è considerata una comicità “classica”, ma che ha avuto il suo daffare per affermarsi, sparava sul pubblico cartucce pesanti da digerire: Lenny Bruce ha preso di mira il perbenismo, Bill Hicks ha scherzato sul cancro, George Carlin sulla religione e Richard Pryor sui neri e sulle droghe. Questo, secondo Gadsby, ha contribuito a sovvertire dei tabù, ma anche ad accrescere il cinismo del pubblico, che si è trovato nella scomoda posizione di non vedere la dura realtà.

Gadsby schianta il luogo comune per cui il comico è al di sopra della morale e mette in luce quella che è un’evidenza: «I comici non possono dire le cose come stanno, devono piegare la realtà per renderla comica e spesso la sminuiscono». Nella seconda parte di Nanette, Gadsby confessa di aver tagliato il suo show perché se avesse parlato degli abusi subiti per il fatto di essere gay, non avrebbe fatto ridere nessuno. Probabilmente è vero. Ma è vero anche che senza il linguaggio comico la stand-up smette di essere intrattenimento e si trasforma in predica. Gadsby, con più di dieci anni di club alle spalle, cambia le carte in tavola.

 

Ali Wong

È possibile guardare Hard Knock Wife e Baby Cobra su Netflix

Ci sono comici che hanno un talento innato per la stand-up. Nascono con il senso del palco e fuori dai club vengono percepiti con difficoltà. Ali Wong, di origine cinese e vietnamita, ha debuttato a San Francisco, sua città natale, a ventitré anni, ma si è subito resa conto di doversi trasferire a New York. La stand-up è il suo elemento naturale e a Est poteva contare su una scena più che nutrita. «Mi esibivo fino a nove volte per sera, quando ero in forma», ha dichiarato in un’intervista per NbcNon viene difficile crederci. Gli stand-up che sanno fare il loro mestiere, di solito, vivono al limite della maniacalità.

Nel primo decennio degli anni Duemila, la si poteva trovare a bazzicare tra la scena underground di Manhattan: VICE Stand-Up Events, Gotham Comedy Club, Bitter End. Ha debuttato in televisione nel Tonight Show di Jimmy Fallon e poi da John Oliver, è comparsa in qualche serie TV, ha partecipato al programma Inside Amy Schumer e alla scrittura di Fresh Off the Boat, una sitcom che racconta le vicende di una famiglia di immigrati cinesi. Ma è sempre tornata alla stand-up.

Nel 2015, incinta della sua prima figlia, ha registrato Baby Cobra, il suo primo comedy special per Netflix, nel quale, con lo stesso misto di cinismo e grinta, aggredisce la sua maternità imminente, le ansie nei confronti della famiglia che sta per venire ed esorcizza il ricordo di una gravidanza non portata a termine. La stand-up, nel suo caso come in altri (vedi Tig Notaro e Hannah Gadsby), può essere terapeutica, tanto per il comico quanto per il pubblico.

 

Rachel Parris

Alcuni dei suoi monologhi per Mash Report si possono vedere su YouTube e sulla pagina Facebook del programma

Nei primi mesi del 2018, è circolato molto sui social network uno spezzone del TG satirico The Mash Report, in onda su BBC2. Nel filmato, una comica illustra, con supporto visivo estremamente esplicito, la differenza tra un’intervista e una sottomissione: a un certo punto, il giornalista Piers Morgan è raffigurato con gran parte della faccia ben dentro al sedere di Donald Trump. La comica, Rachel Parris, non smette mai di sorridere mentre spiega nei dettagli come si dovrebbe svolgere un’intervista politica senza finire con il naso in fondo alle chiappe di qualcuno. Specialmente se si tratta di Trump. Sembra un Ted Talk, e c’è chi ha creduto che lo fosse: «Dopo che il video è diventato virale, Twitter è impazzito, mi arrivavano commenti entusiastici e minacce. Tutti tremendamente seri», ha dichiarato nel corso di un’intervista con Nme. Anche Morgan se l’è presa: ha avviato una personale crociata contro Parris, col risultato di renderla ancora più popolare, senza riuscire a toglierle il sorriso.

Parris ha cominciato con l’Improv a ventidue anni e con la stand-up solo poco più tardi per combattere la depressione. «Stavo meglio quando facevo ridere gli amici e così ho pensato che se fossi riuscita a far ridere per lavoro non sarei più stata male», ha detto. Ha incontrato la fama proprio grazie ai suoi segmenti a Mash Report e al loro straordinario potenziale virale. Tra i primi che hanno raggiunto popolarità sui social ce n’è uno intitolato How NOT to Sexually Harrass Someone, diffuso all’indomani dell’esplosione del caso Weinstein. Parris spiega al conduttore Nish Kumar come orientarsi tra la confusione sulle molestie sessuali, presentando casi e slide, con il piglio forzato di una relatrice a un convegno. «Il primo obbiettivo è quello di far ridere», ha detto. «E poi di far riflettere sulle questioni importanti. Usare un personaggio e parlare di certe cose in maniera scherzosa, senza arrabbiarsi, aiuta a renderle universali».

 

Tracey Ullman

Alcune delle sue migliori imitazioni recenti, incluse quelle di Angela Merkel, Theresa May e Jeremy Corbin, sono reperibili su YouTube, sui canali della Bbc e di Hbo

Il padre di Tracey Ullman morì di arresto cardiaco quando lei aveva sei anni. Sua madre cadde in una profonda depressione e, per tirarla su di morale, Ullman e sua sorella misero in piedi dei piccoli varietà privati. «A quel punto ho scoperto la mia vera abilità», ha raccontato l’imitatrice a The View. «C’è chi sa suonare il piano e chi sa giocare a pallone, io sapevo imitare».

Ullman sostiene che la sua vena istrionica le derivi dal connubio tra classi nel quale è cresciuta: «Posso parlare dell’imbarazzante grossolanità della classe operaia e dello snobismo dell’aristocrazia, e nessuno ha niente da obbiettare». Il suo debutto televisivo è avvenuto all’inizio degli anni Ottanta, dopo una breve carriera musicale e radiofonica, e da subito si è distinta per la libertà di interpretazione. In linea con l’umorismo britannico, è sempre stata capace di gestire le situazioni più delicate con una sfacciataggine e un distacco quasi innaturali. Il Monty Python Graham Chapman diceva che uno scemo con un naso finto resta uno scemo, un laureato con un naso finto diventa un comico. Ullman fa parte della tradizione dei laureati, per la sua capacità di considerare professionalmente qualsiasi buffonata e di prendere con spirito il più serio dei fatti. «Non c’è niente che non faccia ridere, solo la carenza di senso dell’umorismo», ha detto a Variety. Nel 1987 si è trasferita negli Stati Uniti, dove ha cominciato una collaborazione con Hbo e inaugurato il Tracey Ullman Show. I suoi programmi le sono valsi numerosi riconoscimenti, in un crescendo di radicalismo politico e comico, attraverso pietre miliari come Tracey Takes On… e The Tracey Ullman State of the Union. «Ci vuole un britannico per sottolineare le assurdità americane», per dirla con John Oliver.

È tornata alla Bbc dopo trent’anni nel 2016, dove ha creato il Tracey Ullman’s Show e, nel 2017, Tracey Brakes the News, riportando in televisione uno degli sguardi più disincantati, cinici e lucidi sulla società e regalando al pubblico alcune delle sue interpretazioni più esilaranti: da James Corbyn – imitazione che le è valsa diverse ondate di sdegno – ad Angela Merkel, senza fare un passo indietro.

 

Tiffany Haddish

Il suo film Girls Trip è uscito nelle sale italiane nell’aprile del 2018 con il titolo Il viaggio delle ragazze.

Nel 1988, quando Tiffany Haddish aveva nove anni, il suo patrigno ha manomesso i freni dell’auto di sua madre, condannandola a un incidente che le avrebbe procurato un grave trauma cranico e una disabilità a vita. Sull’auto avrebbero dovuto esserci anche Haddish e i suoi fratelli, che in seguito all’incidente sono stati separati e affidati ad alcune famiglie adottive.

L’infanzia di Haddish è tristemente simile a quella di molti altri ragazzi e ragazze neri: suo padre, un ebreo eritreo immigrato negli Stati Uniti come rifugiato politico, ha abbandonato la famiglia quando lei aveva solo tre anni e lei, dopo un periodo in affidamento, è stata allevata dalla nonna materna. A diciassette anni ha deciso che la comicità sarebbe stata l’arma con la quale combattere le voragini della sua vita. «Ho imparato a sbattermene dell’atteso», ha detto in un’intervista con Gq, «E a fare quello che mi rende felice in qualsiasi momento». Nel suo memoir The Last Black Unicorn e nella sua stand-up racconta di come abbia trascorso le scuole superiori al limite della microcriminalità e del fatto che a salvarla sia stato il “Laugh Factory” Comedy Camp, un campo estivo dedicato alla comicità, dove ha conosciuto personalità del calibro di Richard Pryor e i Wayans Brothers, che le hanno insegnato non solamente a far ridere, ma a ridere della sua stessa condizione.

Dopo anni di stand-up in California e partecipazioni a varie sitcom e programmi televisivi, il successo internazionale è arrivato con il film Girls Trip, commedia in cui ha recitato al fianco di un’icona nera del calibro di Queen Latifah. Il suo primo comedy special è del 2017, prodotto da Showtime e intitolato She Ready! From the Hood to Hollywood. Netflix ha da poco annunciato un nuovo spettacolo, ancora senza titolo.

 

Kate McKinnon

Su Neflix è possibile vedere il reboot di Ghostbusters, dove interpreta la scienziata Abby Yates. Molti dei suoi sketch per Saturday Night Live sono sul canale YouTube di SNL.

Il Saturday Night Live può essere una fucina di talenti o una completa delusione. Non ci sono vie di mezzo e la bravura del cast cambia completamente la percezione del programma. Stagioni storiche hanno regalato all’intrattenimento geni del calibro di Gilda Radner, John Belushi, Julia Louis-Dreyfus, Will Ferrell, Alec Baldwin, Eddie Murphy, Kristen Wiig e Andy Samberg: gemme incastonate in gruppi armonici e perfettamente oliati che hanno avuto lo straordinario merito di renderle più brillanti. Questo, per lo meno, fino agli anni recenti. Ultimamente il SNL si è trovato in uno dei suoi periodi bassi, con un’eccezione notevole, forse la più sorprendente dall’incoronazione di Tina Fey: Kate McKinnon.

McKinnon ha lo stesso talento per le imitazioni di Wiig e Radner, con le quali condivide una scarsa attitudine alla stand-up e una quasi totale dedizione agli sketch e ai personaggi. Viene dalla scena Improv newyorkese e ha mosso i primi passi televisivi in The Big Gay Sketch Show, rivolto in particolare a un pubblico Lgbt. È nel cast del SNL dal 2013, ma il grande pubblico si è accorto di lei in occasione della tornata elettorale del 2016, quando la sua imitazione, perfettamente esilarante, di Hillary Clinton ha fatto il giro del mondo attraverso i social. «Mi sono resa conto di cosa avevo combinato», ha raccontato a Jerry Seinfeld in Comedians in Cars Getting Coffee, «quando, camminando per strada, un tale mi si è piazzato a due centimetri dalla faccia e ha gridato: “HILLARY!”». Da quel momento è stata candidata a sei Emmy e ne ha vinti due. Gq l’ha chiamata “Genio pop della comicità” e non esiste definizione più calzante.

«Quando non sono nei panni di qualcun altro, penso a come migliorare le mie interpretazioni», ha dichiarato in un’intervista a Vanity Fair. «Forse ho una malattia». Di Andy Kauffman si diceva che la cosa più impressionante fosse la sua serietà quando non faceva il comico, considerato che era completamente pazzo. Di McKinnon si può dire lo stesso, sostituendo la pazzia con una posata, completa, spiazzante lucidità.

 

Michelle Wolf

Il suo discorso alla White House Correspondents’ Dinner è su YouTube, The Break with Michelle Wolf è su Netflix.

«Qual è il corrispettivo dello zio Tom riferito a una donna bianca che mette in imbarazzo altre donne bianche?», ha chiesto Michelle Wolf al pubblico semi-attonito della cena per i corrispondenti alla Casa Bianca. L’addetta stampa del presidente, Sarah Huckabee Sanders, alla quale Wolf si riferiva, era seduta a pochi metri. «Non so mai come cosa aspettarmi da Sanders, quando prende la parola», ha continuato. «Una conferenza stampa, una raffica di bugie o la divisione in squadre per una partita di softball». Sanders e gli altri collaboratori di Trump, fumavano di rabbia, certi che qualsiasi risposta avessero trovato per un attacco tanto lucido, diretto e coraggioso, non sarebbe stata all’altezza della routine di Wolf. «Si fanno incastrare dai comici, perché nessuno di loro fa ridere», diceva Sarah Silverman parlando di un’altra amministrazione.

Negli Stati Uniti, la satira politica non è per tutti. Occorre pelo sullo stomaco e Wolf è brutale: la cena dei corrispondenti lo ha confermato. Viene da uno dei gruppi di Improv più famosi d’America, la Ucb, fondata da Amy Poehler, e ha debuttato in televisione con Seth Meyers e lavorato come autrice per Trevor Noah, acquisendo man mano un profilo sempre più schierato. Nel 2018, Netflix le ha dato l’opportunità di far confluire la pratica accumulata in una sua striscia settimanale, dal titolo The Break with Michelle Wolf – ora cancellata che si premetteva di «prendere una pausa dalla serietà dei late night show» e sviscerare le notizie con la schiettezza che di solito si porta sui palchi di stand-up (o, a quanto pare, alle cene per i corrispondenti).