La prima volta di Jonathan Anderson da Dior è andata bene

Dopo le riuscite campagne di marketing dell’ultimo settimana, lo stilista nordirlandese ha fatto il suo debutto da Direttore creativo con una collezione che setta l’inizio del nuovo corso alla sua maniera.

28 Giugno 2025

Jonathan Anderson sa come catturare l’attenzione delle persone. È un Millennial, classe 1984, ed è un Millennial che ce l’ha fatta, non proprio una categoria popolarissima, con molti sacrifici e tante sigarette. È cresciuto con internet, ma è riuscito a smarcarsene abbastanza bene, anche se, viene da pensare, è uno di quelli che conosce la differenza tra una gif e uno sticker adesivo su Whatsapp, tra un meme e il brain rot di TikTok. È chiaramente onnivoro di linguaggi, analitici e digitali, e nella sua carriera è riuscito a costruirsi una reputazione per la brillantezza, il tocco fresco – bizzarro quanto basta, mai esageratamente criptico – e la capacità di cavalcare la curva dell’attenzione online, come la borsa pomodoro di Loewe insegna. Non è un caso che per il suo debutto l’attesa fosse quasi spasmodica, almeno per chi segue la moda online: il creator di TikTok Lyas, che non è rientrato tra i pochi invitati allo show, ha anche organizzato un “watch party” in un bar di Parigi, evento prontamente sponsorizzato da Meta che ha offerto i drink (pensandoci, si sarebbe potuto fare anche per Julian Klausner, che ha presentato un’efficace prima collezione da Dries van Noten).

Dior Men Primavera Estate 2026. Ph. courtesy of Dior

Dior Men Primavera Estate 2026. Ph. courtesy of Dior

Ma Anderson, è innegabile, gode di uno status a sé. Ha lanciato, nel 2008, il marchio che porta il suo nome (più o meno: è J.W. Anderson), e nel 2013 è arrivato da Loewe, marchio spagnolo di proprietà di LVMH che lui ha reso rilevante, e desiderabile. Attraverso un lavoro di comunicazione intelligente, innanzitutto, quindi con le collaborazione di artisti, soprattutto per gli show, e con la prossimità a tutte le star “giuste”, molte delle quali lo hanno seguito venerdì 27 giugno al suo debutto da Dior Men. C’erano Daniel Craig, Josh O’Connor e Luca Guadagnino, ad esempio, ma anche Sabrina Carpenter e Robert Pattinson, quest’ultimo testimonial ereditato dalla precedente gestione (ovvero, Kim Jones) ma mantenuto perché comunque è di Robert Pattinson che parliamo. Quello di Anderson era insomma il debutto più atteso di questa stringata stagione maschile dopo che lo scorso aprile era stato annunciato, in maniera curiosamente sbrigativa, che sarebbe stato lui a succedere a Jones sulle collezioni Menswear. All’inizio di giugno, poi, è arrivata la notizia che si sarebbe anche occupato anche delle linee Womenswear e Haute Couture. Per la prima volta dai tempi dello stesso Christian Dior un unico Direttore creativo supervisiona tutte le maggiori emanazioni della Maison, hanno specificato da Dior.

Come ha raccontato in un’intervista a Wwd, Anderson ha dovuto studiare: entrare in un marchio con un heritage così pesante non è cosa semplice e neanche veloce. «Ci vorranno almeno cinque collezioni per capirci qualcosa», ha detto, «E solo allora puoi iniziare a costruire la tua visione per il brand. Per me, quindi, è innanzitutto un processo di decodificazione e poi, partendo da lì, speriamo di arrivare a una soluzione». Un approccio cauto, come la collezione che ha presentato a Parigi e che era stata anticipata da una settimana di contenuti in pieno stile Jonathan Anderson, a cominciare dalle nuove Book Tote, accessorio best seller originariamente lanciate da Maria Grazia Chiuri («Non voglio cancellare i contributi degli altri, non sarebbe efficiente né rispettoso», ha spiegato), con le copertine dedicate all’autobiografia di Monsieur Dior, Dior by Dior, a Dracula di Bram Stoker e a Le relazioni pericolose di Choderlos de Laclos. Oltre alle borse, i profili ufficiali del marchio hanno anche condiviso le immagini di ispirazione della collezione che avrebbe sfilato, immagini tra cui comparivano Jean-Michel Basquiat, Andy Warhol e la socialite Lee Radziwill, infine una campagna social con protagonista Kylian Mbappé, star del Real Madrid. Pop, perché pop devono essere oggi i marchi di moda, o almeno dev’esserlo Dior: per arrivare a quante più persone possibili mantenendo in qualche modo la magia dell’esclusività, senza però essere escludenti, eccezion fatta per il prezzo di cartellino. Il rompicapo che è la moda oggi.

Dior Men Primavera Estate 2026. Ph. courtesy of Dior

Dior Men Primavera Estate 2026. Ph. courtesy of Dior

L’idea era quindi di iniziare a spezzettare quello che Dior ha significato nel tempo per poi provare, nell’immediato futuro, a rimettere insieme tutto: così i riferimenti allo stile personale di Basquiat sono disseminati tra le camicie azzurre, i gilet a fiori e le acconciature dei modelli; l’invito con il piatto di ceramica e le uova strizzano l’occhio alla passione dello stesso Christian Dior per la cucina (e alla linea di articoli per la tavola); le pieghe voluminose dei cargo-short (e dei jeans, e dei pantaloni) sono un omaggio all’abito Delft, introdotto per la prima volta nel 1948 con la collezione Haute Couture Autunno Inverno; le due opere di Jean-Siméon Chardin (tra cui il “Cesto di fragole di bosco”), appese nella sala della sfilata, sono tra le predilette di Christian Dior. Maria Grazia Chiuri non è l’unica recente Direttrice creativa a essere citata: la collezione è infatti attraversata da molti accenni al passato recente e non, dalle sciarpe a fascia che si allungano dalle giacche, marchio di fabbrica di Jones, alle silhouette skinny di Dior Homme by Hedi Slimane, dalla cappa verde di Marc Bohan ai tanti rimandi, infine, a J.W. Anderson stesso, e alla sua idea di mascolinità fragile e arruffata, orgogliosamente irlandese. Le stock-tie che tengono ferme il collo – emblema della formalità anglosassone – e i cappotti e le giacche che cadono come vestaglie, spesso sul torso nudo, raccontano degli opposti con cui il nuovo Direttore creativo vuole giocare, o almeno i fondamentali da cui ha iniziato. Alla fine non farà diciotto collezioni l’anno, come si è scritto dopo l’annuncio della sua nomina, ma ne farà comunque tante e «da qualche parte bisognerà pure iniziare», come ha scritto su Instagram lo stesso Anderson. Iniziare da qui non è affatto male.

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