L’escalation vicino al confine con la Russia ha trasformato la meta turistica in un sito molto sensibile per l’Alleanza Atlantica.
Una ricerca ha dimostrato che la crescita economica non è più legata all’aumento delle emissioni di CO₂
E, di conseguenza, che la transizione energetica non è un freno all'aumento del Pil, neanche nei Paesi più industrializzati.
La crescita economica globale non è più direttamente legata all’aumento delle emissioni di anidride carbonica nella maggior parte dei Paesi. A indicarlo è un’analisi pubblicata in occasione del decennale dell’Accordo di Parigi, basata sui dati del Global Carbon Budget e ripresa dal Guardian. Secondo il rapporto dell’Energy and Climate Intelligence Unit, le economie che rappresentano il 92 per cento del Pil mondiale hanno ormai separato la crescita del prodotto interno lordo dall’aumento delle emissioni di CO₂. In molti di questi Paesi le emissioni sono diminuite o rimaste stabili, mentre l’economia continuava a crescere.
Lo studio documenta un cambiamento strutturale nel rapporto tra economia e ambiente tra il 2015 e il 2023. La Cina è il caso più citato: le emissioni legate ai consumi sono aumentate del 24 per cento, a fronte di una crescita del Pil superiore al 50 per cento, mentre negli ultimi 18 mesi le emissioni si sono sostanzialmente stabilizzate. Nell’Unione europea la separazione è più marcata: Germania, Francia, Spagna e Regno Unito hanno registrato una crescita economica accompagnata da un calo netto delle emissioni rispetto ai livelli del decennio precedente. Anche l’Italia rientra tra i Paesi che hanno già spezzato il legame tra Pil e CO₂, grazie alla diffusione delle rinnovabili, all’aumento dell’efficienza energetica e alla riduzione dell’uso del carbone. Nel complesso, 21 Paesi hanno ridotto le emissioni pur crescendo economicamente nell’ultimo decennio, e altri 22 mostrano la stessa tendenza già da prima del 2015.
Il quadro non è però uniforme. Negli Stati Uniti, soprattutto con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la politica federale sta andando in direzione opposta: deregulation delle normative a tutela dell’ambiente, rilancio dei combustibili fossili e ridimensionamento degli impegni climatici internazionali. Una scelta che rischia di rallentare i progressi globali proprio mentre i dati dimostrano che la transizione energetica non frena l’economia. Il disaccoppiamento non è automatico né irreversibile: funziona dove esistono politiche pubbliche coerenti e investimenti continui. Ed è su questo terreno che, nonostante i segnali positivi, resta ancora molto da fare.
Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
Il Mixed Migration Centre ha pubblicato un ampio studio in cui dimostra che le politiche anti immigrazione stanno solo aggravando il problema che avrebbero dovuto risolvere.