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Blak Sagaan: Music for sequestro Moro

Intervista a Samuele Gottardello, aka Blak Saagan, sul suo disco Se ci fosse la luce sarebbe bellissimo, intitolato come una delle lettere di Moro e che di Moro racconta il rapimento, la tragedia e la morte.

di Marco De Vidi

Non c’è solo il cinema, ad affrontare vicende della nostra storia recente che non riusciamo a chiudere, a lasciare andare, a leggere in modo univoco, senza inevitabilmente pensare al dedalo di interpretazioni divergenti, di letture alternative, di non detti e segreti che forse mai saranno alla portata di tutti. Esterno notte, il film di Marco Bellocchio trasmesso in questi giorni dalla Rai, seguito ideale a quasi vent’anni di distanza di Buongiorno, notte, è qui a dirci che gli avvenimenti di quei giorni del 1978 rappresentano uno snodo fondamentale per la democrazia italiana, da cui non possiamo prescindere. E il regista di Bobbio, evidentemente, non è l’unico a pensarlo.
Al sequestro di Aldo Moro è dedicato anche un disco, Se ci fosse la luce sarebbe bellissimo, pubblicato nel 2021 dall’etichetta bolognese Maple Death (insieme alla franco-svizzera Kakakids) e realizzato da Blak Saagan, che negli ultimi anni si è rivelato uno dei progetti italiani più interessanti per quanto riguarda la musica elettronica, capace di ritagliarsi uno spazio importante anche all’estero.

Dietro al nome ispirato dal lavoro del cosmologo e scrittore di fantascienza Carl Sagan, si cela Samuele Gottardello, musicista e regista veneto, che da più di vent’anni attraversa l’underground con diverse band e progetti (gli Hormonas, i John Woo, il lavoro solista come Second H. Sam). Questa settimana, in concomitanza con la trasmissione della serie di Bellocchio, anche il programma Fuori Orario gli ha dedicato un’intervista. Il disco di Blak Saagan, il cui titolo cita una lettera di Aldo Moro indirizzata alla moglie, è una colonna sonora senza film, che si sovrappone e diventa in qualche modo complementare al lavoro di Bellocchio.

Ma perché le vicende del rapimento e l’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse rappresentano ancora un tema da approfondire, un argomento cui tornare? «La mia musica strumentale, che non ha dunque testi o parti cantate, si alimenta anche grazie a tematiche culturali che la sostengono, che ne costituiscono la travatura. È così che nasce un concept, un oggetto di studio che io interpreto con il mio sguardo», spiega Gottardello. «La storia della politica italiana dal Dopoguerra in poi mi interessa particolarmente. Anche se questo è lavoro per gli storici, credo che per prima cosa sia importante ritrovare una verità storica, che faccia luca sulla coltre di indeterminatezza che ha caratterizzato questa fase».

«Il caso Moro rappresenta uno spartiacque politico. Moro stava portando il Partito Comunista a sostenere il governo, e questo non era mai accaduto prima», continua Gottardello. «L’Italia di quegli anni era in grande fermento, a dieci anni dal ’68. Moro quando è stato rapito aveva 62 anni, tra i terroristi delle Brigate Rosse il più vecchio aveva 30 anni. C’era una grandissima volontà di cambiamento e Moro la stava intercettando. Ed è stato fermato. Dopo il suo omicidio la nostra storia ha conosciuto cambiamenti che sono andati in una direzione opposta, tutt’altro che di sinistra e progressisti, ma anzi conservatori, e poi sappiamo cos’è successo con i Socialisti negli anni Ottanta, con Berlusconi e avanti così fino a oggi».
Sulla cesura rappresentata dall’avvenimento, come scrive il sociologo Gianfranco Bettin nel testo che presenta il disco, «Aldo Moro aveva somatizzato questo scacco inflitto dall’ordine geopolitico all’esigenza di cooperare, di incontrarsi, un’esigenza certamente più sentita da chi era più impegnato a costruire la democrazia italiana. Il rapimento, il massacro della scorta e infine la sua esecuzione segnano anche la fine di una lunga e cruciale stagione politica. Anzi, di un’epoca. E le cui conseguenze si allungano fino a oggi».

La copertina di “Se ci fosse la luce sarebbe bellissimo”

Tra i moltissimi materiali che hanno ispirato il lavoro di Blak Saagan, ci sono in particolare alcuni libri e film che hanno ripercorso e reinterpretato molti aspetti del caso Moro. «Attorno al 2017, proprio mentre stavo lavorando alle prime bozze del disco, si sono chiusi i lavoro dell’ultima commissione parlamentare di inchiesta sul caso Moro, dopo quasi 40 anni», racconta Gottardello. «Sui lavori della commissione sono stati scritti alcuni libri, di alcuni giornalisti in particolare, come Giovanni Fasanella, Paolo Cucchiarelli, Simona Zecchi. E questi libri mi hanno molto influenzato nella composizione». Alcuni brani, come “Scuola Hyperion” o “E lo spettro disse «Gradoli»”, fanno esplicito riferimento alle nuove interpretazioni emerse da questi lavori di inchiesta, che si distaccano, come fa in modo personale anche il film di Bellocchio, dal Memoriale Morucci, prima ricostruzione del caso Moro per mano dei brigatisti Valerio Morucci e Adriana Faranda.

Uno dei lavori di riferimento del disco è poi il film del 1986 Il caso Moro del regista Giuseppe Ferrara con protagonista Gian Maria Volonté. «L’atmosfera che si ritrova nel film è la traduzione cinematografica del clima di tensione degli anni Settanta. È un tipo di cinematografia che adoro, che da un punto di vista visuale, ma anche musicale, ha avuto una grandissima influenza su di me. Le colonne sonore dei film di quel periodo erano fatte da maestri della musica italiana, come Trovajoli, Riz Ortolani, Ennio Morricone». Dal punto di vista musicale, Blak Saagan ha lavorato molto in questi anni sulla riscoperta di suoni e universi sonori molto legati a quel periodo, ispirato dalla psichedelia e dal rock elettronico degli anni Settanta, dal krautrock, da Franco Battiato, così come da compositrici come Suzanne Ciani e Delia Derbyshire, fino al post punk, con tastiere e drum machines che arrivano direttamente dagli anni Settanta.

Rispetto ai rischi di un’estetizzazione del terrorismo o di una visione attraverso la musica edulcori le responsabilità delle Brigate Rosse, Gottardello non ha nessun dubbio. «Questo disco è un approfondimento della tragedia umana di Aldo Moro», riflette. «Per quanto riguarda le vittime del terrorismo, le famiglie, tutte le persone che hanno subito le gravi perdite umane e psicologiche date da questi fatti, è solo con loro che vorrei discutere della mia opera. A chi pensa che il mio disco possa in qualche modo esaltare il terrorismo, credo manchi la capacità di lettura di un’opera d’arte». Attraverso la sua musica, anzi, Blak Saagan vorrebbe stimolare qualcos’altro. «È possibile che con il mio lavoro riesca a far nascere nell’ascoltatore, aldilà dell’intrattenimento, la voglia di approfondire. Il mio è un invito, a farsi stimolare dai piccoli indizi che lancio nel disco. Vorrei stimolare ognuno a fare il proprio percorso di ricerca, come ho fatto io».