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La Russia sta vivendo una crisi delle patate senza precedenti  Il raccolto è stato pessimo e neanche le importazioni dall’alleata Bielorussia riescono a risolvere la carenza di ortaggi.
Anche Spagna e Francia dichiarano guerra al fumo all’aperto In arrivo divieti di fumo in parchi, spiagge e anche nelle terrazze di bar e ristoranti per tutelare i bambini.
Haribo ha ritirato delle caramelle perché contenevano cannabis e non Coca Cola Nei Paesi Bassi una coppia ha portato i dolciumi alla polizia dopo che i figli hanno cominciato a comportarsi in maniera strana.
Kevin Costner è stato denunciato da un’attrice per una scena di stupro non prevista durante le riprese di Horizon Un episodio che ricorda molto quello che successe a Maria Schneider sul set di Ultimo tango a Parigi.
Dopo 60 anni a Mosca è stato inaugurato un nuovo monumento dedicato a Stalin Si trova nella stazione della metropolitana Taganskaya ed è l'esatta riproduzione di un monumento "perso" nel 1966.
Per prepararsi al ruolo di giurata del Booker, Sarah Jessica Parker ha detto che sta leggendo due libri al giorno Ha preso molto sul serio il ruolo, che prevede la lettura di 170 libri entro il 29 luglio.
In Slovacchia hanno deciso che la soluzione al problema degli orsi è mangiarli Ce ne sono troppi nelle foreste del Paese e il governo vuole diminuirne drasticamente il numero, anche se si tratta di una specie protetta.
A causa della crisi climatica un ghiacciaio in Svizzera è collassato e ha distrutto un intero villaggio Il sistema di monitoraggio ha permesso di evacuare per tempo il paese, ma il disastro di Blatten potrebbe ripetersi presto.

Biennale, meno male

Uno strano miracolo italiano: mentre il panorama culturale affonda, Venezia trova l'intelligenza per affidarsi a un curatore di trentanove anni.

30 Maggio 2013

La Biennale di Venezia è uno strano miracolo italiano. In teoria, avrebbe tutte le ragioni per sprofondare nella palude che la circonda. Il finanziamento è pubblico, in larga misura proveniente dal Ministero per i Beni Culturali. Le nomine dei vertici sono politiche: nel cda siedono due rappresentanti del Ministero – incluso il Presidente – il sindaco di Venezia, il presidente della regione e quello della provincia. Le sedi sono di proprietà comunale, il personale è insufficiente e i fondi a disposizione, ovviamente, rappresentano una frazione di quelli sui quali possono contare i principali competitor internazionali.

Eppure, un angelo guardiano molto attivo veglia su di lei. Qui, per qualche ragione, le nomine pubbliche che seguono in genere altre dinamiche, hanno messo al timone persone in grado di governarlo. Pur tra mille polemiche, Baratta, Bernabè, Croff e poi di nuovo Baratta (per quella irresistibile coazione a ripetere che è ormai la cifra della vita pubblica italiana) hanno tenuto diritta la barra. E sono riusciti a resistere agli assalti di ministri e sottosegretari che negli ultimi anni hanno annoverato tra i loro ranghi personaggi del calibro di Rocco Buttiglione, Sandro Bondi e Vittorio Sgarbi.

Il vero provincialismo non è più quello geografico, ma quello storico che ci ha rinchiusi nella gabbia di un eterno presente.

Rifiutando di cedere alle incursioni di chi avrebbe voluto ridurla alla logica strapaesana che governa le politiche culturali italiane, la Biennale è riuscita a seguire l’unica strada che abbia un senso per chi si ostina a produrre cultura e innovazione in Italia: fare leva sul nostro patrimonio non per svenderlo sotto forma di gondole di plastica, ma per dire qualcosa al mondo. Non radere al suolo il campanile di San Marco e trasformare il Canal Grande in un’autostrada come avrebbero voluto i futuristi, bensì arrampicarcisi sopra per provare ad avere ancora un ruolo. Senza la paura del kitsch, dello stereotipo, del parco a tema turistico, ma con la ferma determinazione a partecipare alla formazione dello spirito dei tempi. Come a Shenzen, come a Palo Alto, ma con una logica opposta. Non la tabula rasa, ma il suo contrario: solo il confronto con il museo rivela ciò che è davvero nuovo e lo distingue dal flusso artificiale della ripetizione; il vero provincialismo non è più quello geografico, ma quello storico che ci ha rinchiusi nella gabbia di un eterno presente.

Massimiliano Gioni appare perfettamente coerente con questa linea. Da quel che ho capito, una riflessione sotto forma di labirinto sulla svolta iconica che stiamo attraversando, con la moltiplicazione degli schermi e l’esplosione delle tecnologie della rappresentazione che cambiano la nostra percezione della realtà, un po’ come accadde nel Rinascimento con la scoperta della prospettiva. Un argomento che è chiaramente nel dna italiano e sul quale, pure, facciamo fatica a star dietro alle riflessioni sviluppate altrove. Meno male che c’è la Biennale che, con oltre un secolo di storia sulle spalle, ha ancora l’intelligenza e la forza di offrire a un curatore di trentanove anni un’occasione vera per ripensare il mondo.

Dal numero 14 di Studio

Illustrazione di Filippo Nicolini

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