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11:41 venerdì 14 novembre 2025
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.
Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.
Nel primo teaser del Diavolo veste Prada 2 si vede già la reunion di Miranda e Andy Le protagoniste salgono insieme sull’ascensore che porta alla redazione di Runway, riprendendo una scena cult del film originale.
L’unica persona ancora convinta che Trump non sapesse niente dei traffici di Epstein è l’addetta stampa della Casa Bianca Nonostante le ultime rivelazioni riguardanti gli Epstein Files, Karoline Leavitt continua a ripetere che «il Presidente non ha fatto nulla di male».
È uscito il primo trailer di Marty Supreme, il film sul ping pong con cui Timothée Chalamet punta a vincere l’Oscar Il film di Josh Safdie è stato accolto con entusiasmo dalla critica e il suo protagonista è già lanciatissimo verso la statuetta per il Miglior attore. 
Da oggi scatta il blocco ai siti porno per i minorenni, solo che al momento non è bloccato niente Dal 12 novembre i portali per adulti devono controllare l'età degli utenti con un sistema esterno e anonimo, che però non è ancora operativo.
È morto Homayoun Ershadi, leggendario attore iraniano che Abbas Kiarostami scoprì a un semaforo Il suo ruolo ne Il sapore della ciliegia lanciò una carriera iniziata per caso: nonostante il successo, non si è mai sentito un vero attore.
Papa Leone XIV ha rivelato i suoi quattro film preferiti e tra questi non ci sono né ConclaveThe Young Pope E neanche Habemus Papam e I due Papi né nessun altro film che parli di Papi.

Ma davvero state parlando della “modella di Gucci”?

La polemica su Armine Harutyunyan dimostra ancora una volta come le dinamiche della moda siano sconosciute, nonostante pervadano la società.

31 Agosto 2020

Quella di Armine Harutyunyan, modella subissata di ingiurie perché «non convenzionalmente bella», se ci è permesso un sunto edulcorato dei commenti, è una storia a cui dovremmo esserci abituati, l’ennesima polemica nata sui social che in Italia viene amplificata dai giornali e riempita di inglesismi e patetismi, che vanno sempre d’accordo. Harutyunyan – o meglio ancora Armine, che qui le donne si chiamano per nome – è vittima di “body shaming” ma è anche il volto della “diversity” e la paladina della “body positivity”, che detto così uno avrebbe voglia di disinteressarsi per sempre di certe questioni. Non è una questione estetica ma culturale, come se le due cose fossero scollegate, scrivono accorati gli editorialisti, che a questo giro si dividono tra quelli che si sorprendono che un’immagine di moda faccia scalpore e quelli che ci tengono a difendere il diritto di poter scrivere che quando una è brutta è brutta, santiddio, se non ce lo fate dire è “cancel culture” (inglesismo). E pensare che poco più di un mese fa nelle forche degli hater ci era già passata Ellie Goldstein, che ha la sindrome di Down e che era stata scelta da Gucci per un’altra campagna della linea cosmetica, ma evidentemente neanche quell’episodio è stato utile a comprendere qualcosa in più sui meccanismi con cui oggi si sceglie il testimonial di un marchio di moda.

La 23enne armena è tornata sotto i riflettori in questi giorni per un bizzarro meccanismo social, ma aveva sfilato a settembre 2019 per la Primavera Estate 2020 di Gucci, lo show in cui Alessandro Michele aveva citato Michel Foucalt nelle sue note stampa e mandato in passerella sessanta look in bianco che ricordavano le divise da sanatorio e che no, non sono stati mai messi in vendita, ma servivano a veicolare il messaggio della collezione. Che, semplificando di molto, era proprio quello di liberarsi dalle convenzioni sociali e riscoprire una sensualità naturale. Al suo esordio, Gucci Beauty aveva lanciato un rossetto spalmandolo su bocche sdentate e sorrisi storti, foto perfette per quella parte di Instagram che sa giocare con l’ironia, mentre la prima sfilata di Michele come direttore creativo, nel 2015, aveva causato più o meno lo stesso tumulto social: è Gucci questo? Dov’erano finite le rassicuranti signore ricche di Frida Giannini e chi erano questi ragazzini vestiti da donne che ne avevano preso il posto? Gli snob direbbero che Armine Harutyunyan ha un volto contemporaneo oppure che è “bella per la moda”, il che significa che non lo è, curiosamente, per tutti gli altri, o almeno non ancora. Eppure, almeno a guardarsi un po’ indietro, una delle vocazioni della moda è esattamente quella di ridisegnare cosa consideriamo bello come società, tanto più in un momento in cui altre industrie, dai social dove ognuno è testimonial di sé stesso fino a quelle che nascono fuori dal recinto dell’Occidente, le hanno portato via la centralità che vantava in passato.

E mentre i quotidiani italiani si affannano a capire se la ragazza ha fatto o no il saluto romano di fronte all’altare della Patria – succede davvero, ieri sera Repubblica smentiva così “La modella di Gucci Armine Harutyunyan fa ancora discutere: in un fake il saluto romano”, un altro dei titoli che consegneremo ai posteri per studiare la nostra epoca – sembra non ci sia spazio per un’analisi che vada oltre la (pur giusta) indignazione per le bassezze che l’anonimato su internet permette, e provi a ragionare invece sul corpo e il suo utilizzo nella moda, su come l’algoritmo sia costruito per accendere le reazioni più disparate e di cosa è diventato il “purché se ne parli”, su come bellezza e bruttezza siano oggi concetti vuoti che ognuno può riempire a piacimento, tanto non andranno mai bene, sul perché – magari – Alessandro Michele è quello che queste cose le ha capite prima degli altri e ogni volta riesce a farci dare il meglio in quella che è diventata (lo è sempre stata?) la nostra attività preferita, che siate attivisti tromboni, spavaldi TikTokers oppure sedicenti intellettuali del secolo scorso. E cioè litigare.

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