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09:58 giovedì 29 maggio 2025
Il produttore di Popeye di Robert Altman ha detto che quello è stato senza dubbio il film più incocainato di sempre Secondo Barry Diller, Ceo di Paramount all'epoca delle riprese, così tanta droga sul set di un film non si è mai vista.
Il caso dell’imprenditore italiano rapito e torturato a Manhattan somiglia sempre di più a un film horror Adesso si è consegnato alla polizia un secondo rapitore-torturatore, che ha confermato tutto quello che ha raccontato Michael Valentino Teofrasto Carturan.
Per andare a studiare negli Stati Uniti adesso bisognerà fare attenzione anche a quello che si posta sui social Lo ha deciso il governo, che ha sospeso l'emissione di tutti i visti per gli studenti in attesa di "certificarne" i profili social.
La distribuzione dei primi aiuti umanitari a Gaza è stata una tragedia (annunciata) Tre morti, 46 feriti, sette dispersi a Rafah, durante la distribuzione dei tanto attesi aiuti dopo mesi di assedio dell'Idf.
La serie di Harry Potter ha trovato i nuovi Harry, Hermione e Ron Dominic McLaughlin, Arabella Stanton e Alastair Stout sono stati scelti tra gli oltre 30 mila ragazzini che hanno partecipato al casting negli scorsi mesi.
Si è scoperto che la Cia usava un sito di Star Wars per comunicare con le sue spie Starwarsweb.net ora non esiste più, ma per tanti anni è stato la casa di nerd di Guerre Stellari e agenti segreti americani.
Klarna sta andando malissimo perché nessuno finisce di pagare le rate Cento milioni di dollari di perdite nel primo trimestre del 2025, tutto per colpa di utenti che rateizzano e poi scappano.
Da otto anni Netflix si rifiuta di distribuire un biopic di Gore Vidal perché il protagonista è Kevin Spacey Una decisione che è fin qui è costata cara alla piattaforma, che ha già perso 40 milioni di dollari per questo film.

È uscita una miniserie ispirata allo stesso fatto di cronaca su cui si basava L’odio di Kassovitz

11 Maggio 2022

Nella storia recente di Francia, c’è un evento che più di ogni altro ha influenzato il dibattito pubblico e le decisioni politiche: la morte del ventiduenne franco-algerino Malik Oussekine, avvenuta il 6 dicembre del 1986 e diventato un fatto noto anche oltre i confini nazionali grazie al film del 1995 L’odio. Matthieu Kassovitz inserì nel film immagini delle proteste che scoppiarono a Parigi dopo che si diffuse la notizia della morte di Oussekine, e l’evento che dà inizio alla storia de L’odio è chiaramente ispirato a quanto successo a lui: Abdel, l’amico dei tre protagonisti, pestato a sangue e ridotto in fin di vita da un poliziotto, proprio come Oussekine era stato ucciso da poliziotti durante la repressione della protesta degli studenti contro la riforma universitaria (la cosiddetta legge Devaquet). Nonostante siano passati quasi quarant’anni dalla sua morte, la storia di Oussekine resta ancora oggi rilevantissima per l’opinione pubblica francese, tanto che due registi hanno deciso di tornare a raccontarla: Rachid Bouchareb in un film intitolato Nos Frangins, che sarà presentato a Cannes, e Antoine Chevrollier, autore della  miniserie Oussekine, da oggi disponibile su Disney+.

Chevrollier aveva dieci anni quando venne a conoscenza della storia e della morte di Oussekine. Era troppo giovane per guardare L’odio, ma in un’intervista alla Bbc a detto di aver sentito il nome per la prima volta ascoltando un disco hip-hop ispirato al film di Kassovitz. «Era una canzone degli Assassin intitolata “L’état Assassin” e un verso faceva proprio “L’état Assassin, une example Malik Oussekine”». Non ha più dimenticato quel nome e negli anni ha trasformato l’ossessione in missione. A marzo, il primo episodio della serie è stato presentato in anteprima a Series Mania, festival francese dedicato alla tv. Stando a quanto hanno riportato i giornali, il pubblico è rimasto «esterrefatto». Oussekine è un racconto di fatti già conosciuti attraverso punti di vista fin qui trascurati: quattro episodi, divisi per tema, in modo da restituire un racconto nuovo e completo di quanto successo. Il primo ha come protagonista Sarah, la sorella di Malik, costretta a trovare il momento e la maniera per dire a sua madre che il figlio è morto. Il secondo racconta il tentativo di insabbiamento delle indagini da parte della polizia: le menzogne sul luogo e sulle cause della morte di Oussekine, i tentativi di “aggiustare” le dichiarazioni dei testimoni, le scorrettezze provate nella speranza di smentire ogni sospetto sulla correttezza del loro operato. Il terzo episodio è una specie di lungo flashback che comincia nel 1977, anno in cui la famiglia Oussekine decide di lasciare l’Algeria e trasferirsi in Francia. L’ultimo episodio si concentra sul processo, strumento attraverso il quale Chevrollier ribadisce che la morte di Oussekine è stato l’episodio che ha costretto la Francia a chiedersi cosa significhi essere una società multiculturale e ad ammettere l’esclusione sistematica di cui erano state vittime le minoranze etniche, spesso ridotte in povertà e abbandonate nelle banlieue.

«La morte di Oussekine fu l’inizio di una realtà molto meno rosea», ha detto Chevrollier. Secondo il regista, quell’episodio segnò la fine di un certo ottimismo che gli stessi immigrati avevano dimostrato negli anni del governo socialista di Mitterand. «Il fatto è che Malik e tutta la famiglia Oussekine erano molto “francesi”. Abbiamo una parola in Francia, molto popolare negli anni Ottanta: assimilazione. […] La famiglia Oussekine era molto assimilata. Significa che avevano messo da parte le loro origini arabe ed erano francesi, in un certo senso più francesi dei bianchi. È per questo che la sua storia è così simbolica, perché è stata la sua famiglia, che si era impegnata tanto nell’assimilazione, a soffrire a causa della violenza della polizia».

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