Cose che succedono | Attualità

I 30 anni dello spot Apple ispirato a 1984

Oggi l’intervallo pubblicitario del Super Bowl è un momento unico in cui uno show guardato globalmente da centinaia di milioni di persone (e che ipnotizza quasi tutti gli Usa per una giornata intera) è intervallato da spot, che negli anni si sono fatti più sofisticati, limati ad hoc per l’evento. Si tratta però di una tendenza relativamente recente: secondo mental_floss, trent’anni fa «nessuno guardava il Super Bowl solo per la pubblicità» e gli spot non differivano molto da quelli tradizionali. Il 22 gennaio del 1984 però le cose cambiarono, per sempre. Quel giorno infatti, tra i clip mandati in onda a metà Super Bowl, c’era anche un filmato girato da Ridley Scott e scritto da Brent Thomas e Steve Hayden della Chiat\Day per Apple Computers.

È il famosissimo spot ispirato a 1984 di George Orwell in cui una giovane donne sfascia con un martello il megaschermo in cui il Grande Fratello parla ai sudditi, liberandoli (forse), mentre viene inseguita da una sorta di psicopolizia piuttosto lenta nella corsa. Il claim finale («Il 24 gennaio Apple Computer presenterà Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà come 1984») era stato anticipato da Steve Jobs l’anno prima durante la presentazione del Macintosh a un piccolo pubblico di soci e azionisti. In quell’occasione, Jobs mostrò anche lo spot di Scott (al quale Chiat\Day lavorava già dal 1982): il pubblico esplose di gioia.

Si tratta di una delle pubblicità più importanti e famose della storia. Eppure stava quasi per essere cancellata. Il consiglio d’amministrazione della società infatti non accolse bene il progetto e provò a vendere lo spazio pubblicitario da due minuti che Apple aveva già comprato. Furono i fondatori Steve Jobs e Steve “Woz” Wozniak a difenderlo (Woz s’offrì di pagare 800 mila dollari di tasca propria per mandarlo in onda), così alla fine, pur con mille difficoltà, lo spot vide la luce.

Gli skin-head che si vedono pendere dalle labbra del Grande Fratello sono veri skin-head, arruolati da Scott e il suo team a Londra, dove lo spot fu girato; tra le comparse ci sono anche alcuni a cui fu chiesto di rasarsi i capelli per l’occasione, racconta mental_floss. Furono pagati 125 dollari a testa per la prestazione. L’eroina che porta luce e libertà in quel fosco mondo è invece Anya Major, attrice e lanciatrice di giavellotto, che si aggiudicò la parte proprio per le sue capacità atletiche.
 

“Lemmings”

Lo spot, conosciuto universalmente, ha anche un “sequel” che fu stato presto dimenticato. Uscì nel 1984, per promuovere una linea di programmi e hardware per l’ufficio chiamata Macintosh Office. Bisognava convertire impiegati e businessman al verbo della Mela, quindi l’agenzia pubblicitaria Chiat/Day pensò a un nuovo spot, girato questa volta da Tony Scott (fratello di Ridley), in cui una fila infinita di colletti bianchi camminano bendati verso un precipizio. Il titolo dello spot, “Lemmings”, riprendeva la leggenda metropolitana secondo la quale tali roditori avrebbero tendenze suicide e si lascino volare da dirupi e alte distanze.

Non era un messaggio pieno di speranza (forse eccessivamente speranzoso) come quello del 1984; questa volta, lo spot Apple era aggressivo, quasi offensivo, poiché gli utenti di computer non Apple (principalmente Ibm) venivano presi per stupidi. Lo spot non ebbe successo e costrinse l’azienda a comprare una pagina del Wall Street Journal (quotidiano finanziario letto perlopiù da persone che avrebbero potuto sentirsi offese dalla pubblicità) per pubblicare una lettera di scuse.
 

20 anni dopo

Nel 2004 lo spot originario era ormai entrato nella Storia ed Apple decise di rispolverarlo per promuovere l’iPod, mandando in onda una versione del filmato perfettamente identica a quella del 1984, tranne per un particolare: la donna che lancia il martello sta ascoltando la musica con il suo iPod.

 

Nell’immagine: una scena dello spot Apple del 1984