Protagonisti Julia Roberts, Andrew Garfield e Ayo Edebiri. Esce il 16 ottobre, data per la quale Guadagnino ovviamente avrà girato almeno altri due film.
In una tornata di nomination particolarmente combattuta, gli Emmy Award segnano già due serie vincitrici morali e si tratta di due titoli esordienti. In campo comico The Studio è dilagata con ben 23 nomination, facendo commuovere anche Martin Scorsese. Sul versante drammatico, di solito ancor più competitivo, The Pitt si è confermata uno dei grandi successi della stagione, centrando ben 13 nomination, tra cui Miglior serie drammatica, Miglior attore protagonista per Noah Wyle, Miglior regia, Miglior sceneggiatura, Miglior montaggio.
Make Medical Drama Great Again
Negli Stati Uniti è stata la serie rivelazione dello scorso inverno, complici ascolti stellari che hanno riportato il medical drama ai fasti di un tempo: dieci milioni di spettatori di media per puntata (con una tenuta per tutti e quindici gli episodi che racconta di un pubblico incollato allo schermo), The Pitt è già sul podio delle serie più viste di sempre sulla piattaforma di HBO Max. Il rilascio settimanale degli episodi ha creato un hype palpabile tra gli spettatori e sui media, che hanno cominciato a seguire la serie settimanalmente, attendendo col fiato sospeso il gran finale.
L’Italia è rimasta fuori da quest’esperienza di visione collettiva vecchio stile perché per lungo tempo non ci sono state notizie in merito alla trasmissione della serie. Solo qualche giorno fa Sky ha confermato di avere i diritti (come per il resto della produzione Hbo). L’idea è quella di contare sul traino degli Emmy, dato che il primo episodio sarà disponibile il 24 settembre su Sky e Now, a una decina di giorni dalla premiazione. Una scelta curiosa, dato che il selling point della serie, in Italia come negli Stati Uniti, non ha bisogno di presentazioni: The Pitt segna infatti il ritorno di Noah Wyle con stetoscopio al collo e camice bianco, quindici anni dopo la fine di ER – Medici in prima linea.
Un sequel sperimentale di ER – Medici in prima linea
Non si tratta di un’operazione nostalgia, volta a riportare davanti al piccolo schermo i fan del giovane e gentile dottor John Carter, anche se The Pitt nasce dall’idea di realizzarne una sorta di sequel sperimentale. Dopo quindici stagioni di ER, nel 2009 Wyle si era ripromesso di non interpretare mai più un medico (nemmeno un veterinario, ha puntualizzato in una lunga intervista a Variety). La serie infatti gli aveva dato tantissimo, sia in termini positivi che negativi, quand’era ancora un interprete ventenne in cerca di fortuna, ma dopo il finale Wyle voleva voltare pagina. «Ho visto Noah, da giovane, affrontare la perdita totale del suo anonimato» ha raccontato John Wells, produttore esecutivo di ER e The Pitt «Ha reagito aprendosi, mostrando curiosità e disponibilità verso le persone — cosa che non tutti fanno».
La nuova incarnazione medical di Noah Wyle
Figlio di un medico ortopedico che per anni ha lavorato nei pronto soccorso, anche dopo aver smesso il camice Wyle è rimasto un interprete disponibile e aperto, tanto da trasformarsi in un punto di riferimento per i medici di tutta la nazione, simbolo di un’assistenza sanitaria empatica e vicina al paziente, ma anche ai traumi del personale sanitario. Così, durante la pandemia, mentre faceva i conti con un momento personale non facile, per mesi ha ricevuto messaggi sui social da medici statunitensi esasperati dalla mancanza di fiducia nella scienza e nella loro professionalità.
Arrabbiato e frustrato da antivaccinisti e cospiratori delle mascherine, Wyle scrive all’amico R. Scott Gemmill, lo storico showrunner di ER. L’idea iniziale è quella di usare il montato inedito della serie e compararlo al Noah di oggi, raccontando lo scotto personale che il dottor Carter ha pagato dopo decenni trascorsi in prima linea a curare pazienti. La vedova dello scrittore Michael Crichton, ideatore del soggetto di ER, non è però d’accordo e si mette di traverso, facendo causa a Wyle e Gemmill anche quando la serie si muove in direzione opposta.
Episodi in presa diretta
Prodotta da Wyle e sostenuta da HBO (che è interessata a creare un medical drama anche senza il dottor Carter) The Pitt viene attentamente pianificata per riportare in tv il meglio della serialità dell’epoca pre streaming con un modello di produzione snello, che consenta di tornare in onda con una stagione all’anno, in puro stile Slow Horses. Stile da docudrama senza fronzoli e senza musica, The Pitt copia da 24 il formato in presa diretta: ogni episodio della durata di un’ora copre esattamente sessanta minuti delle quindici ore di un normale turno in pronto soccorso.
Il protagonista della serie è Michael “Robby” Robinavitch ovvero la nuova incarnazione medical di Wyle: abrasivo e tagliente, figlio della working class e mentalmente segnato dal quotidiano confrontarsi con un’umanità a pezzi, si ritrova alle prese con il classico “caso della settimana”, che attinge a piene mani dalle ansie sanitarie del presente.
Il risultato di questo approccio attentamente pianificato, oltre ad aver reso amarissimo il trentennale di ER trascorso tra tribunali e avvocati, è un medical drama che ha resuscitato il genere laddove i tentativi “moderni” di Netflix e altri servizi streaming hanno fallito. Forte di recensioni stellari e della capacità della serie di diventare un fenomeno di costume, The Pitt è tra le favorite alla vittoria dell’Emmy come miglior serie drammatica.
Favorita agli Emmy con 13 nomination
La notizia delle tante candidature è arrivata tra l’altro sul set di mattina prestissimo, mentre già si girava la seconda stagione, che HBO ha promesso arriverà entro dieci mesi dal season finale. Noah Wyle ha abbracciato Katherine LaNasa e Shawn Hatosy, i compagni di cast che hanno ottenuto una candidatura insieme a lui, dimostrando come la squadra sia già affiatatissima. D’altronde Wyle e Gemmill hanno voluto ricreare l’atmosfera del set di ER, diventato negli anni una sorta di grande famiglia: una scelta lungimirante, considerando che The Pitt richiede agli interpreti di rimanere in parte anche quando sono sullo sfondo, per ore, proprio in virtù della modalità temporale scelto dalla serie, il cui tono e voltaggio emotivo è affidato proprio al veterano Wyle.
Nei panni del dottor Carter l’attore ha centrato sei candidature, ma non ha mai vinto un Emmy. Chissà che The Pitt, un successo di cui è in larga parte fautore e che l’ha visto confrontarsi con gli spettri dei suoi vent’anni, non chiuda finalmente il cerchio, portandolo alla vittoria.