Abbiamo intervistato lo scultore di Maratea classe 1990, che riflette sul concetto universale di casa, e ha collaborato con all'apertura del nuovo store di Birkenstock a Milano.
Paul e Joanne, un matrimonio all’hollywoodiana
The Last Movie Stars, la docuserie diretta da Ethan Hawke e prodotta da Martin Scorsese, inizia come un omaggio a Paul Newman e Joanne Woodward ma diventa il racconto di un cinema che ormai non esiste più.

The Last Movie Stars, la docuserie diretta da Ethan Hawke e prodotta da Martin Scorsese, presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e a dicembre su Sky e NOW, è un oggetto strano. Nasce come un omaggio a Paul Newman e Joanne Woodward, e si trasforma velocemente in qualcos’altro: da una parte in uno sforzo comune per celebrare un’epoca, dall’altra in un’occasione per coinvolgere attori e attrici e ripercorrere – attraverso le loro voci e interpretazioni – gli anni d’oro di Hollywood. Newman e Woodward vengono descritti come gli ultimi rappresentanti di una generazione che non esiste più: quella dei veri divi, amati e applauditi per il loro talento e per la loro bellezza, capaci di incarnare ideali precisi e di non essere semplicemente frequentatori occasionali dei red carpet. Newman e Woodward vivevano la loro vita, la vestivano con naturalezza; non esageravano, non accentuavano. Erano star ovunque, in qualunque momento. Sul set, circondati dalle luci, e in strada, in mezzo alle altre persone.
La stessa premessa di The Last Movie Stars è particolare. Come viene raccontato all’inizio del primo episodio, Hawke è stato contattato da uno dei figli di Newman e Woodward per girare un documentario su di loro. Newman aveva cominciato a lavorare a una biografia, ma all’improvviso, senza nessun apparente motivo, aveva cambiato idea e aveva bruciato tutti i nastri delle interviste che aveva raccolto. Fortunatamente lo sceneggiatore Stewart Stern, che lo stava aiutando, aveva fatto trascrivere ogni conversazione. Ed è esattamente da qui che Hawke è partito per la sua serie. Ha chiesto ad amici e colleghi di recitare una parte. George Clooney, per esempio, legge le battute di Paul Newman mentre Laura Linney quelle di Joanne Woodward. The Last Movie Stars è costruita interamente sulle voci, sulle loro intonazioni, sul modo in cui, di volta in volta, vengono recitate le varie trascrizioni. È teatro, in un certo senso. Ed è anche un podcast. Lo stesso Hawke, che tiene insieme tutte le parti e che costruisce la premessa della serie, gioca con la narrazione e si diverte a parlare di sé e della sua esperienza, proprio per restituire un’idea del divismo – inteso nel suo significato più alto e nobile – di Newman e Woodward.
La cosa più interessante di The Last Movie Stars, però, non è il racconto della vita dei due attori e nemmeno la celebrazione dei loro successi e di quello che, con il tempo, hanno finito per rappresentare. È il modo in cui, direttamente e indirettamente, hanno influenzato le altre persone, a cominciare dallo stesso Hawke. Entrare nelle loro vite è un esercizio che va oltre la banale cronaca: diventa cinema, televisione, epica. Avverti la luce smorzata della loro intimità, e riesci a beartene. Perché è nella loro unione, negli sguardi che si cercano, nelle parole di chi li ha conosciuti, che viene fuori ciò che erano davvero. Newman così fascinoso, Woodward così attenta. Hawke e il cast di attori di cui si è circondato scivolano sotto la superficie delle storie già sentite, e vanno giù, in profondità, fino all’essenza delle cose e dei ricordi. E quindi Newman e Woodward, prima ancora di essere grandi nomi dello spettacolo, diventano persone, esseri umani. Con le loro fragilità e ossessioni, con le loro paure e contraddizioni. Ed è probabilmente questo l’omaggio migliore di The Last Movie Stars: il tentativo di voler dire la verità, di non romanzare la cronaca; di seguire una strada diritta, chiara, mai confusa.
Alle immagini di repertorio, con i carpet, i film, le scene di vita privata, si alternano le videocall su Zoom mentre Hawke parla con gli altri attori, dice come fare per trovare le opzioni audio, e indica, sorride, presenta i suoi due cani. Le battute vengono registrate e i dialoghi, lentamente, prendono forma. The Last Movie Stars è un gioco di incastri e di parole: ognuna diversa, piccola, grande, più o meno lunga. Ed è una finestra anche sulla vita di chi, a questa docuserie, ha scelto di prestare la propria voce: è una riunione di amici, di persone che si conoscono da anni, e che decidono di rievocare un mondo e un’epoca che non torneranno più; e mentre lo fanno sono felici, perché sono insieme, anche se solo virtualmente, e perché possono condividere qualcosa di più delle inquadrature piene di librerie, mobili d’epoca e pareti intonacate. Parlano di loro, del mestiere che hanno abbracciato come una missione e della magia che, a volte, non sempre, può regalare.

A The Voice of Hind Rajab di Kawthar ibn Haniyya il Gran premio della giuria, Toni Servillo vince la Coppa Volpi per la sua interpretazione in La grazia, di Benny Safdie la Miglior regia con The Smashing Machine.

L'opera prima di Giulio Bertelli, presentata alle Settimane della critica a Venezia e distribuita in sala da Mubi, mescola fiction e documentario per raccontare tutto il sangue, il sudore e le lacrime nelle vite di tre atlete.